Marco Paolini presenta la “sua” Odissea agli studenti del Mazzini

Genova – Omero, nelle scarpe del grande attore Marco Paolini, che interpreta in questi giorni al Teatro della Corte di Genova “Il Calzolaio di Ulisse”. Gli studenti del Liceo Mazzini incontreranno il racconto dell’Odissea omerica, dopo averle conosciute direttamente nei versi del grande Poeta, attraverso la voce di Marco Paolini, straordinario narratore teatrale che, attraverso la figura de “Il calzolaio di Ulisse” ha costruito un’“odissea” contemporanea, impastata di dialetto e semplicità, una riscrittura profonda e sensibile delle avventure di Ulisse, che evoca divinità tutt’altro che ultraterrene. E giovedì 31 ottobre 2019 nell’Aula Magna della sede del Liceo Mazzini in via Reti 25 dalle ore 10.40 si svolgerà un incontro degli studenti con Marco Paolini sul tema dello spettacolo. I ragazzi hanno assistito in queste serate alla pièce teatrale e potranno esprimere domande, osservazioni e curiosità a diretto contatto con l’autore bellunese.

L’Ulisse di Marco Paolini dà voce e corpo a un uomo burbero, schietto: forse non così “furbo”, ma capace di cantare storie d’oggi, del nostro tempo feroce, in cui gli dèi sono ricchi occidentali, viziati e capricciosi, egoisti e impauriti da tutto ciò che è diverso, lontano, straniero. Paolini, in scena assieme a cinque sensibili compagni di viaggio di questa “cantata” popolare e umanissima, con ladrammaturgia di Francesco Niccolini e la regia di Gabriele Vacis, affronta per la prima volta il personaggio enorme come Ulisse.

«La sfida – racconta l’attore – è dar suono ai poemi della tradizione omerica, che sono alla base del pensiero occidentale e del nostro comune sentire. Si tratta di entrare in un flusso, in una consonanza che ci permetta di ricreare l’incantesimo dell’originale».
Aggiunge il drammaturgo Niccolini: «Non volevamo raccontare le “solite” storie di Ulisse, per questo siamo andati a scandagliare altre fonti, per capire come “tradire” Omero, restando fedeli alla tradizione».
Conclude il regista Vacis: «Gli dèi sono al centro del lavoro, per una circostanza lampante: le grandi migrazioni, le decine di migliaia di persone in fuga dalla miseria e dalle guerre, ci raccontano che siamo noi “gli Dèi”: accogliamo, respingiamo, giochiamo con il destino altrui e, come le divinità omeriche, agiamo in maniera irrazionale e incomprensibile».

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