Genova – È una storia lunga quella della messa in sicurezza del rio Fegino, fatta di ritardi – 6 anni solo per completare il primo lotto – e di tanti progetti.
L’ultimo, quello del 2017, modificato da Regione Liguria in conferenza dei servizi dopo lo sversamento in alveo di 680.000 litri di greggio dall’oleodotto Iplom, il 17 aprile 2016.
È una storia che oggi lascia molti dubbi sui lavori già effettuati, quelli di adeguamento idraulico del ponte di via Ferri, inutili secondo i residenti se non completati con l’esecuzione degli altri lotti: cioè la roggia Rolla (II lotto), e il tratto compreso tra il deposito di oli minerali e i giardini Montecucco, dove il rio Pianego e il Figoi confluiscono nel Fegino (III lotto).
Gli interventi per questo terzo lotto prevedevano un impegno economico di circa 7,6 milioni di euro, 2 milioni e 900.000 finanziati con fondi O.P.C.M. del 2010 per la prevenzione del rischio sismico e gli altri con il programma Italia Sicura.
Almeno questo era stato annunciato.
Peccato che della copertura finanziaria di Italia Sicura non ci sia traccia a bilancio. Dove sono finiti dunque i 4,7 milioni di euro che mancano all’appello?
“I soldi previsti da Italia Sicura, di fatto, oggi non ci sono e dalle verifiche che ho effettuato posso dire che non ci sono mai stati“, spiega l’Assessore comunale al Bilancio, Lavori Pubblici e Manutenzioni, Pietro Piciocchi, che poi assicura: “Entro i prossimi dieci giorni sarò a Fegino per prendere contatto con le persone che sono attive sul territorio e che ci stanno sensibilizzando per trovare una soluzione al problema”.
Ma nella pratica, il Comune da dove li tirerà fuori i fondi per terminare i lavori?
“Possiamo sfruttare la Legge di Stabilità – precisa Piciocchi – che apre la strada a spazi di investimento degli enti territoriali anche in termini di condizioni agevolate di accesso al credito. Diversamente ragioneremo con la Regione, ma questa è una valutazione che mi riservo ancora di fare”.
Una strada che sembra ancora lunga e che lascia l’amaro in bocca a chi sperava che l’adeguamento del rio Fegino non finisse nella lista delle oltre 300 opere pubbliche incompiute del nostro Paese.
“Dobbiamo ripristinare anche un canale di comunicazione che forse è mancato – conclude Piciocchi -, tanto che le persone coltivavano questa aspettativa che ci fossero i finanziamenti ma in realtà, ripeto, non ci sono mai stati. Non è che li abbiamo distratti, proprio non sono mai stati a bilancio. Sono consapevole che si deve intervenire e che è un tema molto importante della messa in sicurezza del territorio. Una soluzione in qualche modo la troviamo, per ora posso garantire sul mio impegno e quando mi prendo un impegno cerco di portarlo fino in fondo”.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.