Firpo e Quattrocchi, una città divisa e un ponte senza nome

Genova – Guardare la tivvù non significa necessariamente accenderla. Anzi, lasciarla spenta e comunque fissare lo schermo può aiutare a sognare palinsesti dove la banalità non la faccia da padrona e l’informazione non sia piegata al volere della propaganda. Rimane il fatto che la consuetudine prevede almeno una prima ondata di zapping nel tentativo, spesso vano,  di trovare un programma che sia dignitoso. Al primo zap ecco un ministro della Repubblica che attira la mia attenzione non certo per la sua grande capacità oratoria ma per una frasetta che mi  fa inorridire: “[…] mi sento un ministro primus inter partes […]”.

Era il 2010 o giù di li.
Probabilmente il ministro inciampò nel tentativo di citare uno dei più grandi comunicatori della storia (e senza bisogno della televisione), Augusto.
Anche la Thorà raccomanda grande cautela nell’utilizzo delle parole, di cui siamo i padroni finchè sono nella nostra bocca, ma di cui diventiamo schiavi appena le pronunciamo.
Proprio per questo motivo un Ministro dovrebbe sapere cosa dice e un Sindaco illuminato dovrebbe sapere quello che fa e perchè. Lunedì un ponte pedonale da sempre conosciuto come ponte Attilio Firpo,  cambierà nome e diventerà Ponte Fabrizio Quattrocchi, professionista italiano impiegato presso un’azienda privata con mansioni di servizio di sicurezza, e assassinato in Iraq nel 2004 e insignito della medaglia d’oro al valor civile. Prima di morire pronunciò le parole: “Vi faccio vedere come muore un italiano”.

Ragionando in burocratese, quel ponticello pedonale non avrebbe un nome, ma dove non arriva la toponomastica, ci pensa il buon senso. Vi immaginate la necessità di dover segnalare alle autorità un fatto che sta accadendo su quel ponticello?

“Pronto 118, c’è bisogno di un’ambulanza perchè una persona sul ponte senza nome sta male, sa quel ponte che collega corso Galliera a via Moresco…“.
Persino Google Maps lo nomina.
Ma più banalmente, prima di andare alla partita, un amico mi avrà detto cento volte “sono in corso Galliera, faccio il Firpo e andiamo a mangiare un panino”.
Che poi, in fatto di ponti, abbiamo scoperto che un’esigua parte di genovesi conosceva per nome il viadotto sul Polcevera, perchè pochi lo chiamavano “Morandi” e molti il ponte di Brooklyn.

Io credo che lei Sindaco Bucci, di questa storia ne sappia poco, ha tante emergenze a cui pensare, ha un viadotto (per adesso senza nome) da finire, ma sappia che un po’ più avanti c’è un altro  ponte, il Bezzecca, magari si potrebbe mettere una targa “Ponte Fabrizio Quattrocchi, già Ponte Bezzecca”. Ma era solo un esempio, e non vorrei con questo attirare le migliaia di esperti di Storia genovese che a nome Bezzecca proprio non potrebbero rinunciare.
Quindi, lasciando da parte gli appigli tecnici, vale la pena, Sindaco Bucci, scontentare una parte della popolazione per farne contenta un’altra? Sicuro che non ci fosse una soluzione non divisiva e che avrebbe accontentato tutti? Oppure l’intento era proprio quello di creare una frattura? Che senso ha contrapporre Attilio a Fabrizio? Abbiamo bisogno di questo?

fp

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Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.