LE NUOVE TECNOLOGIE CONSENTONO ALLA DIGOS DI ROMA DI ASSICURARE ALLA GIUSTIZIA UNO DEI COMPONENTI DEL COMMANDO OMICIDA CHE IL 1° MAGGIO 1985, PER IMPOSSESSARSI DELLE ARMI IN DOTAZIONE, ASSALÌ UNA PATTUGLIA DELLA POLIZIA STRADALE E UCCISE L’AGENTE SCELTO GIOVANNI DI LEONARDO
Roma – Oggi il Presidente della Prima Sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Roma, al termine dell’udienza per il processo sull’omicidio dell’Agente Scelto di polizia stradale Giovanni Di Leonardo, dopo una lunga camera di Consiglio ha condannato all’ergastolo Fabrizio Dante, uno dei componenti del commando nero.
L’ATTACCO OMICIDA DEL PRIMO MAGGIO 1985
Era l’una e quaranta del 1° maggio 1985, all’altezza del Km 24+800 dell’autostrada “Roma-L’Aquila”, quando l’attenzione dell’equipaggio dell’autoradio del Distaccamento Autostradale “Roma Est”, composto dall’autista, Pierluigi Turrigiani, e dal capo pattuglia Di Leonardo, venne attirata dalla presenza sulla carreggiata della A24 in direzione L’Aquila di una VW Golf ferma con il cofano motore sollevato. Poco distanti dalla vettura, due persone alla vista della pattuglia fecero cenno agli agenti come per chiedere soccorso. Secondo la ricostruzione degli investigatori della DIGOS appena l’auto della Polizia si fermò, una terza persona – sbucata improvvisamente sul lato destro della vettura di servizio – fece fuoco sul capo pattuglia con un arma di grosso calibro, mentre uno dei complici esplose un colpo contro l’autista che venne deviato dalla cerniera della giubba d’ordinanza.
Entrambi gli Agenti vennero poi estratti a forza dall’auto, immobilizzati con le manette in dotazione e fatti rotolare giù nella scarpata adiacente la carreggiata.
Gli assalitori si diedero alla fuga con la Golf e con la macchina della polizia, poi abbandonata in una galleria poco distante, dileguandosi con le armi degli agenti.
L’autista riuscì a dare l’allarme poco dopo ma l’Agente Scelto Di Leonardo, che aveva chiesto proprio quel turno di servizio per poter poi festeggiare il secondo compleanno della figlia, morì poche ore dopo all’Ospedale di Tivoli.
L’attentato venne rivendicato dai Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari.
UN “COLD CASE” RIAPERTO NEL 2014
Tutte le investigazioni svolte nell’immediato e nel corso degli anni successivi non hanno mai consentito l’individuazione dei responsabili finché nel 2014 furono riaperte le indagini quando la DIGOS, che d’intesa con la Polizia Scientifica riesamina periodicamente i cosiddetti “Cold Case”, acquisì solidi elementi di responsabilità a carico dell’imputato e le ipotesi investigative formulate vennero accolte dalla Procura della Repubblica di Roma.
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