Di ‘ndrangheta si parla, ma c’è veramente chi vuole ascoltare?

È di questi giorni la polemica sul silenzio dei giornali sulla maxi operazione contro la ‘ndrangheta condotta dal Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.
Ma come spesso accade, i punti di vista andrebbero circostanziati con profondità per evitare di informare in modalità “social”. 

Informare in modalità social

Sull’inchiesta contro le cosche che ha colpito 334 persone, ci sono stati e ci saranno approfondimenti importanti di testate legate al territorio calabrese, come il Corriere della Calabria con il contributo di Alessia Candito, ma non solo. E oggi con internet l’informazione è di facile accesso, e non ti obbliga neppure ad andare in edicola.
Certo, è più eclatante sottolineare il piccolo box dedicato dal Corriere della Sera o il fatto che La Repubblica abbia relegato l’operazione di Gratteri nelle ultime pagine del giornale.
Quindi è bene rilevare le mancanze sull’informazione, ma se chi scrive è un giornalista dovrebbe farsi carico dell’onere di approfondire la notizia sui motivi per cui è avvenuto un fatto così grave di disinformazione. Altrimenti il rischio è quello di puntare il dito contro chi non fa, e automaticamente ritrovarsi nella stessa categoria.
Ma si sa, approfondire e andare oltre i canoni di lettura a cui i giornali hanno abituato i lettori non è semplice. Ci vogliono giorni di lavoro, bisogna consultare migliaia di documenti, fare visure camerali. Un esempio semplice: uno dei filoni dell’operazione di Gratteri riconduce direttamente agli arresti di Torino e agli affari di Onofrio Garcea, alle sue amicizie e connivenze in Valpolcevera con i soliti nomi noti che quando li pronunci le persone strabuzzano gli occhi e ti dicono “ma è tutta brava gente!”.

Il problema è la “brava gente”

Il problema italiano è questa “brava gente” con i suoi avvocati dalla querela facile. E poi la connivenza di alcuni politici, e le infiltrazioni nei consigli di amministrazione. È difficile parlare di mafie, e i lettori non sono poi così interessati all’argomento, soprattutto in Liguria che è la sesta provincia della Calabria.
La ‘ndrangheta va scovata nei consigli di amministrazione, nei subappalti, nelle connivenze con alcuni politici, nei finanziamenti per le campagne elettorali, e nelle ville in collina sequestrate dall’Autorità Giudiziaria ma normalmente abitate dalle famiglie dei mafiosi. Va stanata nei piccoli comuni dove le mafie decidono quali aziende  devono lavorare e quelle che devono fallire. Perchè, vi piaccia o no, potrete trovare un mafioso anche nel cantiere sotto casa.
Nicola Gratteri lo abbiamo conosciuto e intervistato, e ha chiuso il nostro incontro con una frase che ci ha ripagato di tutte la fatica che facciamo quotidianamente per parlare di mafie: “Ci sono loro ma ci siamo anche noi”. E guardava direttamente nei nostri occhi.

fp

ABBIAMO PARLATO DI ‘NDRANGHETA ANCHE QUI

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.