Gli eroi di Natale nel giorno degli avanzi

“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi” suggerisce Bertolt Brecht per bocca di Galileo. Appunto in “Vita di Galileo”. Mentre il mio ex amico social, docente di filosofia e direttore de “Il Melangolo” tempo fa ha intitolato alla questione un libro con il titolo in diretta concorrenza: “Sfortunato il paese che non ha eroi, etica dell’eroismo”. Eggià perché dall’illuminismo tutto è cambiato, riducendo Galileo e le sue dottrine sull’eliocentrismo,che fecero infuriare la chiesa, ad uno scomodo ricordo.

Prendete i social per esempio, lo storytelling, la comunicazione e la propaganda con quel loro geocentrismo cosmico, in cui ognuno di noi si pone, o perlomeno crede di porsi un gradino sopra gli altri, e per questo, solo apparendo di essere al centro del mondo. Spiega per esempio Regazzoni nel suo trattato: “Compito dell’etica dell’eroismo: fare fuori l’idiota della morale, ligio alla Legge e al dovere”. E poi chiarisce: “Un eroismo senza una Causa per cui combattere, che non chiede sacrifici per il bene comune, il bene dell’altro, la patria, l’umanità intera. Un eroismo in cui occorre mettere in gioco una sola Cosa: il proprio singolarissimo godimento – sfidando pregiudizi, buone maniere, regole, norme sociali. In altri termini: la Legge”. E quindi va da se….“Perché scrivere, oggi, un libro sull’eroismo? Perché, diciamo la verità, ci siamo trasformati in una “generazione di femminucce”. Parola di Clint Eastwood”.

E perciò va da se che almeno per oggi, Santo Stefano, universalmente noto come il giorno degli avanzi – perché secondo un’indagine della Coldiretti: “Nove italiani su dieci (91%) trovano a tavola gli avanzi di cenoni e pranzi di Natale che vengono riutilizzati in cucina anche per una crescente sensibilità verso la riduzione degli sprechi per motivi economici, etici e ambientali. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixè divulgata nel giorno di Santo Stefano dalla quale si evidenzia che solo nel 7% delle famiglie non avanza niente mentre il 2% dona in beneficenza e nessuno dichiara di buttare gli avanzi nel bidone”- gli eroi in questione non possano che essere eroi e anche un po’ santi di giornata.

Perciò eroe e santo subito David Wayne Oliver, ovvero il sessantacinquenne di Colorado Springs, con capelli e barba bianca, “fottuto” – si fa per dire – da una straordinaria somiglianza con l’iconografia si Babbo Natale. Racconta “La Repubblica”: “Ha rapinato una banca e poi ha lanciato in aria i soldi, urlando felice “Buon Natale!” ai passanti. Fogli di banconote come coriandoli. Sguardi attoniti, e mani veloci”.  Poco dopo è stato raggiunto in una caffetteria Starbucks vicino alla banca. Identificato non è risultato armato. I dipendenti dell’Academy Bank, a Colorado Springs, dove il Babbo Natale rapinatore sarebbe entrato minacciandoli, non hanno saputo descrivere l’arma. Qualche passante che aveva preso il denaro l’ha restituito alla banca. Ma la polizia ha fatto sapere che mancano ancora migliaia di dollari. Oliver si trova in una prigione della Contea di El Paso, non può pagare la cauzione fissata a diecimila dollari e non è chiaro se avrà un avvocato, se non d’ufficio, per l’udienza che dovrebbe formalizzarne l’arresto. Nel frattempo la notizia ha scatenato l’empatia social. I commenti arrivano da ogni parte del mondo. Come letterine a Babbo Natale.

E la notizia sulla rete ha fatto il giro del mondo. Ecco David Wayne Oliver, per storytelling ed immaginario collettivo si attaglierebbe perfettamente allo spirito dell’eroe regazzoniano con quell’idea dell’eroismo che blandisce il proprio personale godimento fino a “Un eroismo senza una Causa per cui combattere, che non chiede sacrifici per il bene comune, il bene dell’altro, la patria, l’umanità intera. Un eroismo in cui occorre mettere in gioco una sola Cosa: il proprio singolarissimo godimento – sfidando pregiudizi, buone maniere, regole, norme sociali. In altri termini: la Legge”.  In cui l’eroismo è tornato di moda. In opposizione al grigiore di tutti i giorni da travet. Perché, diciamo la verità, ci siamo trasformati in una “generazione di femminucce”. Parola di Clint Eastwood.

E quindi il povero David Wayne Oliver per la mentalità americana, ma non solo, con il suo gesto ha attratto su di se le stimate dell’eroismo e della santità. Eroe per un giorno, ma quello di Natale. Ed è logico che li si canti per un giorno, e che quel giorno non a caso coincida con il giorno votato, fra necessità e virtù, al giorno degli avanzi. Anche perché in fondo nella percezione popolare gli eroi del tolgo ai ricchi per riciclare ai poveri, in chiaro stile Diego De La Vega, alias Zorro, sono da qualche tempo un po’ in ambasce. Esattamente dal post di Salvini in cui si lamentava che qualcuno gli aveva sottratto il suo pupazzetto preferito. Proprio Zorro. Comunque logico che una simile notizia non abbia fatto il giro del mondo. Nonostante l’importanza del derubato.

E così dall’America del sogno, dove un sessantacinquenne imbiancato precocemente e con barba bianca con aspetto che suggerirebbe più che Babbo Natale un biker tutto giubbotto di pelle e borchie su scoppiettante Harley, vive la suggestione personale di trasformarsi in un moderno Zorro che ruba ai ricchi per dare i poveri, all’Italietta – il nostro paese un po’ meno sognante – il passo è breve. Almeno per quanto riguarda eroici babbi Natale.

E comunque, qui da noi l’eroe di giornata, non poteva essere uno qualsiasi, uno che tira a campare e perciò già di per sè eroico in qualsiasi giorno dell’anno. Ognuno ha i suoi pregi, i suoi difetti, le sue tradizioni, il suo stile. L’America è il paese del sogno, delle seconde occasioni, dell’intergrazione, della lotta per i diritti civili. Noi, specie in questo momento siamo altro. Perciò un ministro che se ne va mettendo sotto accusa i colleghi e schioda le chiappe dal cadreghino, non è solo una notizia che scuote il tran tran natalizio e del consumo degli avanzi, ma fa forse ben sperare. Anche se fino ad oggi il docente di Pretoria era passato agli onori della cronaca per una sorta di iperattivismo culminato nella tassazione delle merendine. Percio’ eroe di Natale, ma solo per un giorno e naturalmente santo subito dell’iconografia popolare per quella sua dedizione al cilicio delle dimissioni. Raccontano i giornali:  “La verità è che sarebbe servito più coraggio da parte del Governo per garantire quella ‘linea di galleggiamentò finanziaria di cui ho sempre parlato, soprattutto in un ambito così cruciale come l’università e la ricerca. Pare che le risorse non si trovino mai quando si tratta della scuola e della ricerca, eppure si recuperano centinaia di milioni di euro in poche ore da destinare ad altre finalità quando c’è la volontà politica». Lo scrive su Fb l’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che nelle ultime ore ha rassegnato le sue dimissioni.

La sera del 23 dicembre, ho inviato al Presidente del Consiglio la lettera formale con cui rassegno le dimissioni da Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – scrive Fioramonti- Mi sono ovviamente messo a completa disposizione per garantire una transizione efficace al vertice del Ministero, nei tempi opportuni per assicurare continuità operativa. Per rispetto istituzionale, avevo deciso di attendere qualche altro giorno prima di rendere pubblica la decisione, ma visto che ormai la notizia è stata filtrata ai media, mi sembra giusto parlare in prima persona. Prima di prendere questa decisione, ho atteso il voto definitivo sulla Legge di Bilancio, in modo da non porre tale carico sulle spalle del Parlamento in un momento così delicato. Le ragioni sono da tempo e a tutti ben note: ho accettato il mio incarico con l’unico fine di invertire in modo radicale la tendenza che da decenni mette la scuola, la formazione superiore e la ricerca italiana in condizioni di forte sofferenza. Mi sono impegnato per rimettere l’istruzione – fondamentale per la sopravvivenza e per il futuro di ogni società – al centro del dibattito pubblico, sottolineando in ogni occasione quanto, senza adeguate risorse, fosse impossibile anche solo tamponare le emergenze che affliggono la scuola e l’università pubblica.

Non è stata una battaglia inutile e possiamo essere fieri di aver raggiunto risultati importanti: lo stop ai tagli, la rivalutazione degli stipendi degli insegnanti (insufficiente ma importante), la copertura delle borse di studio per tutti gli idonei, un approccio efficiente e partecipato per l’edilizia scolastica, il sostegno ad alcuni enti di ricerca che rischiavano di chiudere e, infine, l’introduzione dell’educazione allo sviluppo sostenibile in tutte le scuole (la prima nazione al mondo a farlo)».

E la lettera di una persona consapevole e responsabile sembrerebbe credibile, e atto estremamente coraggioso in un paese in cui le dimissioni da cariche importanti si contano davvero sulle dita di un’unica mano. Un gesto controcorrente anche perché, finalmente, ha posto l’attenzione sull’importanza dell’istruzione, della scuola e della ricerca, in un paese in cui la buona scuola  sempre risulta da sempre non altro che uno slogan. Eppure da destra, l’opposizione utilizza queste dimissioni in maniera strumentale, come cuneo all’interno di un’unita sulla carta, che, al contrario, non esiste, ed anzi, va mano a mano sfaldandosi

C’è comunque un però il fuoco “amico”… e non poteva essere altrimenti in un Paese in cui dietrologia e “dietro le quinte” spesso si sovrappongono ai fatti. Nel senso che non essendo noi stessi buoni, nessuno può esserlo e quindi….ci dovrà pur essere una ragione recondita, studiata. Una strategia o un’alchimia tattica.

Perciò sembra che Fioramonti, da politico giovane ma già navigato, intenda sfruttare il suo momento e fondare un gruppo pentastellare che coaguli il dissenso ma comunque continui ad appoggiare l’attuale Governo. Ipotesi del resto plausibile, visto lo scollamento di alcuni esponenti pentastellati. Perche’ poi il potere finisce per logorare soprattutto chi non lo ha. Insomma qualcuno lo giudica un investimento. Anche se solo ragionando sull’avventura del governatore Giovanni Toti, figliol prodigo di Silvio Berlusconi, verrebbe da pensare il contrario. Poverino, sembrava eroico e ora alcuni lo additano come un ingrato, un codardo, o peggio un “pratico”. Comunque anche lui in  preda ad un livore che si direbbe post natalizio chiosa caustico sul suo profilo sulle dimissioni del Ministro Fioramonti: “Il ministro Fioramonti si dimette? Beh, almeno le merendine sono salve. L’ abbuffata delle feste costerà qualche chilo ma niente tasse in più”. Dagli altari alla polvere.

E comunque io sto con Brecht, Natale o no: “Benedetto quel popolo che non ha bisogno di eroi”. Perfino per un giorno soltanto, che sia o no quello di Natale, o quello degli avanzi.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.