Messina – I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione, questa mattina, a un decreto di sequestro di beni nei confronti di Domenico La Valle, classe 1960, per un valore di oltre 10 milioni di euro.
Nel dettaglio, la complessa attività investigativa disposta dalla Direzione Distrettuale Antimafia messinese, trae origine da mirati approfondimenti sviluppati dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (GICO) di Messina, con specifico riferimento al redditizio settore del gioco e delle scommesse, segnatamente d’azzardo.
Proprio in tale ambito, le Fiamme Gialle messinesi acquisivano come Domenico La Valle, noto imprenditore locale, risultasse tra gli elementi apicali di un’importante quanto strutturata consorteria mafiosa, egemone nella zona sud di Messina, dedita al sistematico ricorso a metodi violenti per imporre, anche con atti estorsivi, la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie.
Nel merito, dopo una minuziosa ricostruzione storica del profilo di La Valle, anche valorizzando i numerosi procedimenti penali in cui risultava coinvolto sin dalla fine degli anni ’90 (da cui invero usciva assolto), venivano rilette in un’ottica nuova le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, attestando come il medesimo avesse, nel tempo, acquisito il ruolo di riferimento del clan Trovato nella gestione delle bische clandestine, in una prima fase, per poi evolversi nella distribuzione dei videopoker, in tempi successivi. Dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa per via dellacarcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da altri, La Valle assumeva un controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della famiglia, costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale” e facendo da contraltare al ruolo “operativo” ricoperto dai fratelli Trovato.
Sul punto, quindi, dopo circa due anni di indagini, nel febbraio 2018, poi confermata in appello a gennaio 2019, interveniva sentenza di condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d’azzardo, reati fiscali, usura e lesioni.
In altre parole, le investigazioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ed eseguite dai militari del G.I.C.O. documentavano come, nonostante le diverse assoluzioni, La Valle risultasse figura di rilievo nel panorama mafioso cittadino, in grado, da un lato, di imporre la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona, dall’altro, garantire agli esercenti accondiscendenti di poter godere della connessa protezione mafiosa del clan.
A tal riguardo, oltre a documentare come la protezione si dispiegasse anche mediante servizi di vigilanza e ronde notturne, si acquisiva come alcuni titolari di sale giochi, destinatari di furti, anziché rivolgersi alle Forze di Polizia per denunciare l’accaduto, dapprima valutassero la possibilità di rivolgersi a consorterie mafiose catanesi, per poi decidere di richiedere l’intervento dell’organizzazione mafiosa del La Valle, autonomamente in grado di assicurare la restituzione delle somme oggetto di furto, nel rispetto dei rapporti di forza tra organizzazioni criminali a competenza territoriale diversa. L’autore del furto, opportunamente redarguito, capiva come avesse sbagliato obiettivo: “…Maledetto io, perché…gli amici non si toccano ed ora l’ho capito e non lo farò mai più!…”.
Ma il controllo delle dinamiche criminali restituito dalle indagini è risultato ben più ampio. Emblematico, al riguardo, è il caso del violento pestaggio di un avventore di origine cinese, reo di essere stato “fortunato”: per sua sventura si trovava a giocare nel momento in cui la macchinetta videopoker, manomessa con appositi software, avrebbe garantito una vincita “non autorizzata” dal gruppo mafioso e dal La Valle.
In sintesi, emergevano non solo una pluralità indefinita di comportamenti criminali che indicavano Domenico La Valle come soggetto socialmente pericoloso, ma anche una significativa disponibilità di risorse finanziarie, anche rese accessibili agli esponenti del clan, in assolvimento del suo ormai accertato ruolo di “cassiere”.
Proprio tali qualificazioni consentivano ai Finanzieri, su delega della Procura della Repubblica di Messina, di avviare mirate investigazioni economico-patrimoniali, tese a quantificare e conseguentemente aggredire l’enorme patrimonio riferibile al La Valle, non giustificato dai redditi leciti dichiarati al fisco.
All’esito di tale attività emergeva, altresì, come La Valle, evidentemente consapevole della propria caratura criminale e della concreta possibilità di vedersi sequestrare l’intero impero criminale creato, gestisse – di fatto – avvalendosi dell’apporto di fidati prestanome, diverse attività economiche: società di noleggio di apparecchi da gioco, sale giochi, un distributore di carburanti, una rivendita di generi di monopolio. Analogamente, si documentava come ulteriori investimenti immobiliari risultassero fittiziamente intestati a propri familiari.
In sintesi, le investigazioni complessivamente svolte – anche abbracciano un periodo di un trentennio – restituivano una situazione di assoluta assenza di uniformità nel rapporto reddito/patrimonio, consentendo al Tribunale di Messina di disporre l’odierno provvedimento di sequestro, per un valore complessivo di stima di oltre dieci milioni di euro.
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