Esposti, sovraesposti, cortocircuitati

Me ne sono stato un po’ in disparte in queste prime tre settimane del 2020, nei giorni che ci stanno portando dritti alla sentenza delle elezioni regionali, osservando azioni e reazioni, accadimenti ed eventi, presunti miracoli e falsità, morti e persino resurrezioni. Tra comunicazione, informazione e misera propaganda su cui ho visto incontrarsi e scontrarsi storici o presunti tali, giornalisti, o presunti tali, bravi comunicatori o presunti tali. In un intrecciarsi di notizie, smentite, sparate e controsparate, cifre e aggiustamenti, fatti, giudizi. Realtà più soggettive che oggettive.

Tutto è iniziato, come è giusto che sia, a Capodanno.
Come è giusto che sia tanto per renderci partecipi tutti che questo non sarà un periodo come gli altri. Intanto è anno bisestile con ogni annesso e connesso. E poi, comunque, è anno in cui in molte regioni si andrà alle urne. Soprattutto in Liguria. Per cui, forse, o forse no, potrebbe persino essere comprensibile un certo colpevole scomporsi. Una volta, tanti anni fa, era ancora Prima Repubblica, si parlava e si marchiava il tutto come “candidite”. Cioè una sorta di patologia portata dal virus pre elettorale.

Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio. Tipo i 40 mila genovesi e non, del capodanno a De Ferrari, tutti insieme sotto al palco. Strombazzati inconsapevolmente da qualche ufficio stampa in un comunicato goffamente tronfio che una volta messo in connessione con la disciplina sulla sicurezza nelle manifestazioni con afflusso di pubblico avrebbe potuto creare persino qualche problema al nostro amato Sindaco. Nel senso che in base a quella circolare 40 mila persone tutte insieme e nello stesso momento in piazza De Ferrari non avrebbero potuto esserci. Tanto che qualche solerte giornalista si è divertito a calcolare l’ampiezza della piazza, sottraendo quella del palco e della fontana. Se effettivamente i presenti fossero stati 40 mila come si diceva nel comunicato stampa ma anche soltanto 35 mila, il rapporto metri quadrati presenze sarebbe stato molto superiore a quello consentito. E se un magistrato avesse avuto la voglia sfiziosa di chiederne lumi proprio al Sindaco, Marco Bucci avrebbe passato i famosi cinque brutti minuti.

Così Marco Bucci ha sussurrato a qualche giornalista che si trattava di un comunicato pasticciato e quello era il numero dei presenti nelle varie piazze e non solo in piazza De Ferrari. L’opposizione ancora in ferie, attendendo la Befana, ha fatto finta di niente o non se ne è accorta addirittura. E Bucci non ha avuto nemmeno bisogno di una controdichiarazione ufficiale. E chissà se avrà in qualche modo almeno tirato le orecchie ai suoi solertissimi comunicatori? Passano pochi giorni e la politica “comunicata” incappa ancora in una vicenda che fa riflettere almeno un po’ con lo scontro tra i vertici dell’ospedale San Martino e un’emittente locale che mette sul suo sito un servizio sul pronto soccorso dell’ospedale sovraccarico con tanto di immagini di pazienti in barella e in attesa di visita.

La dirigenza del San Martino risponde con un comunicato stampa scomposto in cui si marchia come fake news il filmato chiedendo di togliere dalla visione al pubblico il servizio. I responsabili della TV prendono tempo avvalendosi di quanto dice la disciplina del diritto di replica e sulla scena irrompe la portavoce del governatore Giovanni Toti per fare opera di persuasione. Le parti si radicalizzano. Si finisce tutti insieme appassionatamente in una conferenza stampa surreale dove il direttore dell’emittente invita la dirigenza di San Martino a scusarsi e il direttore dell’Ospedale anzi rincara la dose promettendo denunce e querele.

Da notare l’intromissione senza apparire del presidente della Regione e, nella stessa occasione, l’opera da “pompiere” dell’assessore regionale alla Sanità Sonia Viale che cerca, non riuscendoci, di mettere tutti d’accordo e bonificare il teatro di guerra. Comprensibile visto il periodo, come dicevo poco sopra. Comprensibile vieppiù, visto che per la sanità Ligure non è proprio un bel momento e non solo per i pronto soccorso intasati, ma soprattutto per il doloroso calvario a cui devono sottostare i malati di tumore genovesi per sottoporsi alla radioterapia oncologica. Da dicembre un guasto ai macchinari del San Martino ha costretto i pazienti ad essere trasferiti su navette all’ospedale di Savona. Con relativi disagi per i pazienti e polemica politica.

Succede poi che, sempre sul funzionamento di macchinari clinici scoppi un’altra polemica, anche quella giocata tutta sul terreno dell’informazione, della comunicazione e della propaganda. Con tanto di uffici stampa che chiariscono, anzi no. Probabilmente contribuiscono un po’ a mistificare diffondendo fumo e nebbia.

Sergio “Pippo” Rossetti, rappresentante del Pd e quindi all’opposizione della giunta Toti in Regione, scopre che un’altra apparecchiatura ospedaliera, il mammografo dell’ospedale di Sestri Ponente Padre Antero Micone è fuori uso ed è stato spento e subito ne fa un comunicato stampa da dare in pasto agli organi che fanno informazione: “L’assessore Viale pensa di poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo e a utilizzare lo slogan accattivante – ma risibile – della Sanità a chilometro zero quando, invece, in Liguria accade esattamente il contrario. Dopo i malati di cancro genovesi costretti a fare la Radioterapia a Savona, adesso un altro servizio viene cancellato a causa di un macchinario troppo vecchio mai sostituito. Parliamo del Mammografo dell’Antero Micone di Sestri Ponente, che per limiti di età è stato “spento”, mentre la dottoressa competente è stata trasferita a Pontedecimo. E così l’Antero Micone perde un’altra eccellenza riconosciuta a livello cittadino, alla faccia degli annunci della Giunta regionale. Ma il problema non sono solo le promesse non mantenute sulla Sanità a chilometro zero: è l’intera disorganizzazione del sistema. Non passa giorno in cui non emergano disservizi e defaillance in campo sanitario, da ponente a levante. Per Toti e Viale però va tutto bene. Anzi, chi osa raccontare la verità viene duramente attaccato. Perché i problemi, anche se ci sono, vanno nascosti dietro la patina dell’ottimismo, alla faccia di coloro che soffrono e chiedono servizi adeguati”.

Ottenendo un controcomunicato stampa in cui la Viale nega tutto:  “Anche per i consiglieri di opposizione deve valere la regola di svolgere il proprio ruolo con serietà e professionalità: in questa occasione il consigliere Rossetti ha dimostrato di non avere né l’una né l’altra. E sicuramente non è una cosa positiva per i liguri che si attendono da noi, indipendentemente dal ruolo, il massimo impegno. Rossetti si comporta da dilettante allo sbaraglio o da politico in piena confusione da campagna elettorale per sperare nella rielezione. La notizia falsa diffusa con colpevole leggerezza dall’esponente del Pd sul mancato funzionamento del mammografo dell’ospedale Antero Micone, che secondo Rossetti sarebbe stato addirittura “spento”, è stata facilmente smentita dalla direzione dell’Asl3 che ha colto l’occasione per ricordare anche come su tutto il territorio genovese sei mammografi siano stati sostituiti con apparecchiature di ultima generazione. Ed in particolare quello dell’Antero Micone non verrà in alcun modo spostato né è spento”.

E il comunicato della giunta regionale continua: “In particolare, Asl3 spiega che il mammografo sito presso l’ospedale P. A. Micone in nessuna maniera è stato “spento” o sarà spostato; attualmente è – e sarà anche in futuro – dedicato alle mammografie “cliniche” ed è in itinere la sua sostituzione con un mammografo di ultimissima generazione. Al contempo, l’azienda ha proceduto a sostituire e implementare in tutto il territorio genovese ben sei apparecchiature con mammografi di ultimissima generazione tra loro identici nella sostanza e nelle prestazioni, portando l’offerta specifica ad altissimo livello in tutte le delegazioni della città. In particolare, i nuovi mammografi si trovano a levante presso il Palazzo della Salute di Recco, in Valpolcevera presso l’ospedale Gallino, nel Centro Ponente presso il Palazzo della Salute della Fiumara e l’ospedale Villa Scassi, in Valbisagno presso il Palazzo della Salute di Struppa e a ponente presso l’ospedale La Colletta di Arenzano”.

Tutto benissimo, anzi no. Perché nel frattempo, durante l’incalzare di questa polemica, nessuno, comunicatore o politico, si è peritato di schiodare le suole e fare un passo all’Antero Micone per constatare personalmente la situazione. Si vive di comunicati stampa e controcomunicati. Sino a quando proprio Rossetti si alza e raggiunge il mammografo all’ospedale Padre Antero Micone. E lo fotografa. Spento. Insomma, sollecitato su una vicenda che rischiava di assumere toni surreali Pippo Rossetti ha fatto l’unica cosa che la politica dovrebbe fare, presidiare il territorio e rendersi conto personalmente della situazione rispondendo ad alcune semplici domande rivolte dalla nostra testata ai due contendenti: “il mammografo del Micone è regolarmente in servzio?
È perfettamente funzionante o va sostituito?
Se fosse così vecchio potrebbe essere inattendibile?
Chi ha fatto gli esami qualche mese fa può stare tranquillo?
Quali sono le prescrizioni tecniche dell’azienda che ha fabbricato l’apperecchiatura per la mammografia?”.

E le risposte puntuali di Rossetti: “Spettabile redazione, non so se l’assessore Viale ha già risposto alle vostre domande. Ne avrebbe la responsabilità. Il sottoscritto é stato al Micone perché insultato dalla Viale che in prima battuta aveva smentito il blocco della mammografia per verificare lo stato dell’arte.
Alla prima vostra domanda rispondo che ho fotografato personalmente l’apparecchio spento, da gennaio non riceve più prenotazioni dal Cup. Dunque la macchina non é più in servizio.
La risposta alla seconda domanda è conseguente: va sostituita!
La terza e la quarta domanda richiedono un parere tecnico, che io non sono. Posso riferirvi che i responsabili del presidio e del reparto mi hanno detto che l’apparecchio é autorizzato al funzionamento. Deduco che ciò indica una qualità di prestazione entro i parametri previsti. I responsabili del presidio mi hanno tranquillizzato sugli esami svolti fino ad oggi.
Successivamente alle polemiche è stata pubblicata oggi la notizia che oltre al nuovo mammografo posizionato in questi giorni ad Arenzano, lì non c’è mai stato, é prevista una nuova macchina anche al Micone, che dovrebbe arrivare tra pochi mesi.
Ciò ci rende felici… Anche se sappiamo che alcuni medici sono andati in pensione, altri si sono trasferiti in altre aziende sanitarie, per cui sarà necessario verificare se i tecnici e i medici della Asl sono sufficienti per far sì che le macchine funzionino a pieno ritmo, a beneficio della riduzione delle liste d’attesa”.
E chiosava il testo dell’articolo del 12 gennaio di quest’anno: “Ad oggi si è fatto vivo soltanto Pippo Rossetti. In attesa della replica dell’assessore alla Sanità, pubblichiamo le risposte del consigliere PD”.

Già, e la Viale, l’assessore della sanità a km 0, vicepresidente e braccio destro del presidente della giunta e Governatore Giovanni Toti che scalpita per essere ricandidato candidato presidente e intende correre per essere rieletto? Eclissata, dissolta, forse dispersa dopo aver tentato, insieme ai responsabili degli uffici stampa di far circolare e veicolare cortine fumogene. Insomma, tanto fumo e poco arrosto in un quotidiano esercizio che potrebbe essere la nemesi del giornalismo. Ma ci sta tutto i social sono una grande palestra dove magari è comprensibile equivocare sulle fake news, sulla privacy, sui tempi del diritto di replica e persino sul procurato allarme. Argomenti su cui però almeno chi fa comunicazione dovrebbe risultare un po’ più ferrato. Per ragguagliare nel caso i loro datori di lavoro, che non essendo giornalisti possono persino permettersi di ignorare la materia.

Giampaolo Pansa

Poi, ai margini delle polemiche politiche, a stretto contatto, arrivano due altri eventi su cui confrontarsi, forse, sarebbe anche più facile. Il primo è la morte di un ottimo giornalista, Giampaolo Pansa, che ha navigato in lungo e in largo la Prima Repubblica, ma anche la Seconda e la terza. Vedi caso anticraxiano ed antisocialista convinto. E il secondo è il ventennale della morte di Bettino Craxi, statista, o forse no, morto in esilio ad Hammamet o forse, come qualcuno preferisce, da latitante.

E proprio oggi a San Camillo si è tenuta la cerimonia funebre alla presenza di tanti ex socialisti o ancora tali. E sul Pansa giornalista di sinistra incappato nel “Sangue dei Vinti” e nella successiva diaspora della sinistra che è arrivata a descriverlo come un rimbambito prezzolato dalla destra per minare la retorica della guerra partigiana banalizzata a guerra civile si sono misurati in molti. A sinistra per la maggior parte, hanno preferito ignorarne la scomparsa, mentre a destra, forse strumentalmente lo hanno esaltato come simbolo di libertà di pensiero. Odiava Craxi, Giampaolo Pansa, eppero’ per la casualità del destino, che qualcuno ha definito “Dio che passeggia in incognito” entrambi si sono ritrovati impantanati negli stessi commenti con paralleli fra grandi giornalisti o prezzolati e fra grandi statisti o ladri.

Già perché mentre il povero Pansa trapassava, sui social infuriava la polemica  sul film di Gianni Amelio sugli ultimi sei mesi del leader socialista ad Hammamet, film girato in ricorrenza dei venti anni dalla morte di cui oggi è l’anniversario.

Tanto che lo stesso presidente della giunta Regionale Giovanni Toti, anche lui come molti all’epoca socialista, ricorda in un post: “RIFLETTENDO… VENT’ANNI DOPO. Era il 1989, a Milano nello stabilimento Ansaldo si celebrava il Congresso che fu l’apice del Socialismo Craxiano. Lo ricordo bene perché c’ero, giovane socialista, appena più che ventenne. In quegli anni mi candidai anche in consiglio comunale della città dove allora viveva la mia famiglia, Massa. Poi la vita ha preso altre strade, l’università, il lavoro, il giornalismo. La politica è tornata molti anni dopo, quando il partito socialista che avevo conosciuto non esisteva più da tanto. Oggi, a vent’anni dalla morte di Bettino Craxi, ripercorrendo con la memoria i temi che mi fecero appassionare a quell’avventura, ritrovo le ragioni del mio impegno attuale e i problemi ancora irrisolti di una poltiica diventata negli anni ancora più ipocrita, semplicistica, ignorante.
Il tema della produzione, della crescita e della ricchezza di un Paese, che va aumentata prima di poterla redistribuire. Il tema del riformismo, del lavoro costante per cambiare l’Italia, la politica dei piccoli e concreti passi, il contrario della velleitarietà del tutto o niente, delle promesse irrealizzabili, del meglio illusorio usato per distruggere il bene possibile. E ancora, il tema dell’ottimismo, di un Paese in crescita in cui riconoscersi e credere, senza cercare nemici di convenienza, ma capace di dialogare con tutti con la schiena dritta. Il tema del costo della democrazia e del finanziamento della politica, usato come una clava da qualcuno, ma ancora ammantato dall’ipocrisia che Craxi denunciò nel suo ultimo discorso. E più di tutti il tema dell’uguaglianza dei diritti e delle opportunità, ma anche del merito e dell’impegno che fa eccellere chi vale, in un ascensore sociale che da troppo tempo in Italia non funziona più.
Anche oggi, vent’anni dopo, c’è una parte del Paese, anche a sinistra, che, con la bava alla bocca, liquida tutto questo come una storia criminale. Francamente credo che lo facciano per gretta utilità o paura delle responsabilità. Io penso invece che di tutto questo dovremmo discutere presto, anche in Liguria e a Genova, città che a quella storia socialista ha dato molto”.

Ecco, giusto, tutto plausibile, persino la redenzione del Craxi statista. Forse anche quella saudade per quello che avrebbe potuto essere del nostro Paese e che non è stato, e quell’interrogarsi sempre attuale sul costo della democrazia e sul finanziamento della politica. In altri termini sulla creazione del consenso, che più che mai passa attraverso gli uffici stampa, i comunicatori, i social e la distorsione della realtà. Oggi come allora. Trentuno o venti anni fa, come dice il presidente Giovanni Toti, lasciando, forse non a caso, un legittimo margine di dubbio. Con le elezioni alle porte. In un rigurgito alla fragranza di garofano.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.