Suicidi di Massa

Mi si permetta il gioco di parole, ancorché ardito. Ecco, ardito, per quello che nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale in Italia è stato il suo significato – momento storico a cui magari più o meno inconsciamente qualcuno fa riferimento – mi sembra proprio la parola adatta. Tanto più se, per ironia della sorte, come qualcuno prima di me ha sapientemente annotato, si trovano a coincidere la giornata della memoria con il dì dei primi responsi elettorali delle regionali del 2020 in Emilia Romagna e Calabria. E proprio nell’anno in cui l’appuntamento del voto è previsto anche in Campania, Puglia, Marche, Toscana e Veneto. E, naturalmente, in Liguria.

Perché poi qualcuno ha cercato di spaventarci con l’assalto alla “roccaforte rossa” della Romagna di Peppone e Don Camillo. Ed è stato respinto con perdite. Dopo citofonate varie, con patemi del consolato tunisino, e riferimenti a Bibbiano dove i comunisti trinariciuti si sarebbero “mangiati” i bambini. Ed in Calabria è andata come doveva andare. Con la neo presidente ed esponente del centrodestra, Jole Santelli premiata per essere stata in grado di resistere e per ventisei lunghi anni, una roba che data più di cinque lustri, al fascino del telecavaliere Silvio Berlusconi. E dire che cinque lustri or sono, anzi giusto 26 anni fa, come ha detto Berlusconi, era l’epoca in cui l’uomo di Arcore decise di scendere in campo. E senza dubbio allora era più prestante e meno incartapecorito di oggi. E glissiamo, almeno un po’, sul rimbambimento senile. Visto che negli anni è riuscito a mettere in fila e a lasciarsi alle spalle presunti delfini come Gianfranco Fini, Angelino Alfano e persino quel Giovanni Toti, ex giornalista Fininvest, che si è risolto, infine, a rientrare sotto le ali del padre padrone e a ricandidarsi proprio per tentare di essere riconfermato governatore ligure sotto l’ombrello confortevole del centrodestra. Dopo essersi presentato come il guru del centrodestra liberale e moderno e nel contempo aver strizzato l’occhio a Salvini e alla Meloni ha fatto tesoro del vecchio detto “mai lasciare la strada vecchia per la nuova”. Che potrebbe essere, come in effetti è stata, lastricata di delusioni.

Che dire del risultato risibile – una volta si diceva da prefisso telefonico –  conseguito dalla sua lista presentata in coabitazione con Mario Adinolfi “Il popolo della famiglia” – anche se non è dato sapere se fra gli imperativi  ci sia la parola d’ordine “Dio Patria e Famiglia” tanto caro ai camerati del ventennio – alle regionali dell’Emilia Romagna? Dove il nostro governatore a braccetto con Adinolfi è riuscito a portare a casa la bellezza di 6.330 voti (lo 0,3 per cento dei consensi). Con la soddisfazione di vedersi preceduto perfino dal “Movimento no vax” che in termini di preferenze ha fatto registrare poco meno del doppio del raggruppamento di Adinolfi e Toti (precisamente 11127 voti).

Racconta “Libero”: “Ma il risultato peggiore è maturato a Bibbiano, dove il Partito della Famiglia ha impostato una dura campagna contro il sistema dell’affidamento dei bambini. Con questi toni Adinolfi parlava del caso Bibbiano: “E’ un sistema malato altrimenti non ti trovi con i diavoli della Bassa dove ci sono i genitori suicidi e i preti morti e, dopo 20 anni, non ti ritrovi un caso come Bibbiano. Lì c’è un sistema malato che è figlio di un’ideologia anti familista che io rintraccio in tutte le ultime scelte di governo di Bonaccini”. Alle urne, però, il Popolo della famiglia ha ricevuto due miseri voti, mentre il Pd ha superato quota 60%. Che batosta per il paladino della famiglia tradizionale”.

Già, verrebbe perlomeno da chiedersi che cosa c’azzeccasse il nuovo partito di Toti, in vena di cambiamenti con una formazione come quella di Adinolfi, rigidamente ancorata su valori sociali di destra, più che tradizionali, con i quali il “cambiamento” di Toti poco avrebbe, a mio modesto avviso, da spartire. Ma si sa la politica è la pratica delle cose impossibili, accozzaglia per accozzaglia, a partire per non andare troppo lontani, dagli oppositori al referendum renziano, fino ad arrivare all’alleanza del governo verde oro, passando per lo scivolone di Salvini fino alla nuova alleanza giallorossa. Dove tra oro e giallo per quanto riguarda tutto ciò che luccica che non è sempre oro, comunque parrebbe esserci un a certa bella differenza.

Vabbe’ ma torniamo al risultato di Toti, scivolone niente male in vista della tenzone ligure. Anche se il Nostro, almeno al momento parrebbe doversi confrontare con il nulla assoluto. Mentre sull’opposta barricata si stenta a trovare un candidato plausibile, fra professori, rettori, manager e giornalisti. Intanto i pentastellati hanno provveduto a confermare come leader quella Alice Salvatore reduce da cinque anni di opposizione in sala verde. E per il futuro si vedrà se verrà confermata in Liguria l’alleanza della compagine governativa oppure se ognuno deciderà di correre per sé. Anche perché dopo i recenti risultati il Pd potrebbe essere tentato dal completare l’opera di cannibalizzazione nei confronti dei CinqueStelle.

Insomma se il centro destra piange, nonostante il pericolo scampato in Emilia Romagna, la sinistra certo non ride. Anzi. E sono messi male anche i “Cinque Stars”, giunti ormai al culmine di una lotta intestina, movimento o no, come in un partito qualunque, dove spira il vento delle correnti. A scelta dalla vecchia Dc, passando per l’estinto Psi che non fu solo Craxi nemmeno nel momento di massimo fulgore, sino al “moderno” – si fa per dire-  Pd. Arrivato sin qui dopo la svolta della Bolognina del fu Achille Occhetto, detto tallone d’Achille.

Eppero’ come ogni buona tenzone elettorale che si raccomandi, quella appena passata ha lasciato le sue scorie di “candidite” persino  con post sondaggi e dichiarazioni sui dati elettorali. Dove, come sempre, se qualcuno non ha vinto nemmeno è disposto ad ammettere di aver perso. Perché è sicuro, un po’ come il dottor Pangloss, tutore del Candido, ognuno è convinto di aver conseguito il migliore dei risultati possibili.
Perciò passo oltre, tanto per citare quelle scorie a cui alludevo. Concentrate, per ironia del destino, fra le dichiarazioni post elettorali e la giornata della memoria.
Inerpicandomi fra commenti abominevoli e post arditi…. nel vero senso della parola, tra chi la storia proprio non la capisce, non la vuole capire o peggio la strumentalizza a proprio uso e consumo. Senza tener fede a quella regola aurea che consiglierebbe prima di digitare di metter in connessione il cervello con i polpastrelli. Perché peggio del post abominevole c’è solo la più o meno tempestiva cancellazione. Che tanto ci sarà sempre qualcuno, assunto nelle file dei nemici o in quelle persino più folte del “fuoco amico” disposto ad impallinarti che, quasi in diretta, avrà screenshotttato le prove del misfatto.

Comunque Filippo Frugoli, consigliere comunale della Lega a Massa Carrara: “Ho appreso dalla stampa che un’associazione ha chiesto di intitolare un ponte a Sandro Pertini. Lo stesso Sandro Pertini che elogiò Stalin il giorno della morte, lo stesso Sandro Pertini che concesse la grazia al partigiano Toffanin che uccise molteplici persone, lo stesso Sandro Pertini capo partigiano che uccise una marea di persone accusate di essere fasciste o collaborazioniste con i fascisti (una sorta di caccia alle streghe), lo stesso Pertini che annunciò di essere un brigatista rosso”.

Ha appena 21 anni, questo ragazzetto toscano, anche se qualcuno avrà da osservare che a 21 anni, dopo aver preso un qualunque diploma, già si vota e magari si guida anche un’automobile. Però, tirato il giusto per le orecchie dai suoi stessi più autorevoli rappresentanti del partito,  si pente e si duole e Frugoli ha pubblicato un altro post, questa volta di scuse: “Spero di mettere fine a ciò che si è sviluppato sui social in questi giorni, tra miei possibili errori, auguri di morte ed offese. Per quanto si possa rimediare visto che il sasso è lanciato. Chiedo scusa se qualcuno pensa io possa aver offeso la memoria di Sandro Pertini e ribadisco, probabilmente non avrei dovuto fare quel post. Chiedo scusa se ho sbagliato. Avevo cercato di rimediare subito, rimuovendo il post dopo 20 minuti ma era già stato fatto uno screen e quindi non ho potuto più rimediare”. Si pente si duole e… si assolve. Perché in fondo sui social cannibali, una volta digerito ed evacuato non può mancare il lieto fine.

Quindi ecco ancora il prode Frugoli :
“Quando si fa un errore l’importante è rendersene conto ed andare avanti, se ho sbagliato me ne assumo le responsabilità e fine del discorso. Tutti sbagliano nella vita, a 21 anni forse è ancora più facile sbagliare e penso anche che esistano errori molto più gravi. Comunque, non cerco giustificazioni, sono una persona seria e non sono uno scemo, per questo mi assumo le mie responsabilità. Concludo chiedendo scusa nel caso in cui questo post possa aver leso l’immagine dell’amministrazione o del mio partito, ma come detto la responsabilità va solo ed esclusivamente a me, Filippo Frugoli. Continuerò a lavorare con gli stessi principi, valori e serietà con cui ho lavorato fin’ora; pronto a sbagliare ancora, pronto a crescere ancora, ancora e ancora. Sbaglierò, come tutti, ma posso dire che non sarò mai come voi. Se qualcuno vuole continuare ad attaccarmi e/o offendere lo faccia pure, comprendo. Ho comunque le spalle larghe”.
Insomma se come assicura lui le spalle sono larghe, che dire del cervello?

Ma Vabbe’, mi si potrà obiettare che la giovane età e la febbre di comparire possono perfino essere cattive consigliere. Se poi si è dotati di un qualunque smartphone su cui digitare è persino peggio.

Perché poi nella società della comunicazione virale ogni cosa può essere utilizzata, modificata e riutilizzata. Prendiamo per esempio la rinnovata querelle di  Alessandra Mussolini su Liliana Segre. Rinfocolata ad arte proprio nel giorno della memoria. La Mussolini avrebbe detto nel corso di un’intervista a “Morning show” di Radio Caffè “Liliana Segre è una figura che dovrebbe essere bonaria, è una nonnina, va nelle scuole, dovrebbe parlare contro il pregiudizio, contro la violenza, ha avuto un dramma umano e quindi dovrebbe rigettare il pregiudizio. Questa commissione è contro il pregiudizio? E poi se invece fomenti l’odio, anche no”. Solo che, come racconta “Fidelity House”, l’intervista risale a parecchie settimane prima, quando : “durante la discussione sul via libera all’intitolazione di una via di Verona a Giorgio Almirante, quest’ultimo fondatore Movimento Sociale Italiano , il caos si è generato perché la via a Giorgio Almirante è stata dedicata nella stessa giornata nella quale hanno deciso di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. In questa intervista, la Mussolini attacca duramente l’onorevole, dichiarando che dovrebbe pacificare e non fomentare l’odio. Parole non proprio apprezzate, poiché su Twitter diventano virali, e si possono leggere numerosi attacchi nei suoi confronti, che provengono anche da Laura Boldrini e Teresa Bellanova”.

E prosegue l’articolo “Per questo motivo, approva ( Alessandra Mussolini n.d.r.) la scelta fatta dal sindaco di Verona, accusando coloro che vanno contro di lui di volere il pensiero unico. Infine, e probabilmente queste sono le dichiarazioni più scioccanti, la Mussolini accusa la Segre di potersi trasformare da dolce nonnina a strega di Biancaneve.

Inizialmente, queste dichiarazioni sono state un po’ ignorate, ma in queste ore stanno arrivando le risposte dai più importanti esponenti del mondo politico. Per esempio, la Boldrini ha dichiarato su Twitter: “La prossima volta che ad Alessandra #Mussolini viene in mente di parlare di Liliana Segre conti fino a dieci”. Teresa Bellanova, invece, ha pubblicato una foto della signora Segre, scrivendo “#75190”, il numero di matricola del lager di Auschwitz.

Reazioni composte, rispetto all’accusa velenosa della Mussolini, a cui qualcuno ha ricordato che in Germania i familiari di Hitler hanno cambiato cognome.

Ma è una querelle fra donne e quindi un po’ di noblesse oblige.

Infine per il ciclo “Democrazia spalmata sul pane” voglio ricordare, la gaffe, o forse no – dipende da che punto di vista si intende inquadrare la storia… e la Costituzione – del governatore del Veneto Luca Zaia, altro leghista che comunque dovrebbe avere un po’ più di esperienza polito-istituzionale rispetto al suo giovane collega di Massa Carrara. Eppero’, quanti scherzi può finire per giocare anche ad un politico di razza e di esperienza quel furore digitatorio che annebbia la mente e destabilizza il cervello. Perché Zaia il 26 gennaio interviene ad una cerimonia ufficiale dell’Ana per commemorare gli alpini caduti nella battaglia di Nikolajevka del 26 gennaio 1943.  E ci sta. A fine maggio anche in Veneto ci sono le elezioni e il corpo della penna nera in Veneto è una istituzione con migliaia di iscritti. Solo che il Governatore incappa in uno scivolone scrivendo poi sul suo profilo facebook che erano andati a combattere per difendere gli ideali di democrazia e libertà. È che a volte conoscere un po’ meglio la storia o perlomeno informarsi prima di incappare in qualche errore letale per la voglia di promuoverei sui social servirebbe. Però pare che nell’occasione nemmeno un marpione come Luca Zaia ci riesca. Perciò sono subito cocci.

E scrive “Il Mattino di Padova”: “Passaggio poi subito eliminato dopo che alcuni commentatori, fra cui Nicola Atalmi (segreteria provinciale Cgil di Treviso) gli avevano fatto notare che si trattava di «un esercito invasore e aggressore a sostegno di Hitler». Zaia su Fb cita Mario Rigoni Stern, lo scrittore di Asiago che con “Il sergente nella neve” (1953) ha regalato una delle più autorevoli testimonianze letterarie della seconda guerra mondiale, alla quale l’autore partecipò con gli alpini sul fronte russo. Ma sempre di guerra d’invasione si trattava e nelle pagine di Rigoni Stern emerge il dramma di un esercito mandato a morire per la follia di Hitler e Mussolini. Proprio questo ricorda Nicola Atalmi. «Secondo il Presidente #Zaia le truppe italiane aggregate a Hitler per attaccare la Russia combattevano “per gli ideali di libertà e democrazia” così invece di commemorare i nostri morti del ‘43 vittime del delirio mussoliniano li ridicolizza. Se lo avesse sentito Mario Rigoni Stern…».

Insomma tanto per concludere, ho visto pochi giorni fa un autorevole esponente politico ex della Regione, transitato per Forza Italia e poi approdato in Fratelli d’Italia, che ha organizzato una scuola politica ad uso e consumo dei giovani che vogliano accostarsi all’esperienza per professione o, meglio, per spirito di servizio. Mi sembra che molto spazio sia stato dato alla comunicazione di oltreché alle linee politiche del partito di appartenenza, quello del tormentone “Io sono Giorgia, sono una donna, sono cristiana”. Da parte mia, con estrema modestia, suggerirei, all’atto dell’iscrizione, almeno un esame di cultura generale.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.