I misteri dell’archivio Andreotti

Alla morte, avvenuta nel 2013 all’età di 94 anni, ne scrisse Eugenio Scalfari “… è stato il vero e mai risolto mistero della prima Repubblica… ha tessuto per quarant’anni, infaticabilmente, una complicatissima ragnatela servendosi di tutti i materiali disponibili, dai più nobili ai più scadenti e sordidi… Aveva una memoria tenace, una zona segreta della mente nella quale annotava gli sgarbi ricevuti e i favori resi., i nemici e gli amici”. Visse undici anni da imputato in odore di mafia. Assolto con una sentenza confermata nel 2004 dalla Cassazione, rimasero nell’ombra i suoi rapporti con la mafia prima del 1980. Celebra l’episodio del bacio (mai dimostrato) tra Andreotti e Totò Riina. Di lui scrisse Indro Montanelli “De Gaspari parla con Dio, Andreotti col prete”.
Meticoloso, rispondeva a mano a tutte le lettere che riceveva, riferì Stefano Andreani, suo addetto stampa dall’89 al ’92, nei due ultimi governi Andreotti. “… Scriveva anche gli indirizzi sulle buste. Io rimanevo a bocca aperta. Non ho mai visto un altro politico che lo facesse. Del resto, il rapporto con gli elettori è sempre stato il suo pallino. Prima di divenire senatore a vita viaggiava sulle 110.000 preferenze nel Lazio. E alle ultime elezioni europee aveva preso 500.000 voti…”

Nel marzo del 1974 Oriana Fallaci decise di intervistarlo e gli fece domande anche su questo tema.
“… a volte mancano gli strumenti del comando…”.

“A chi? A lei? Lei che ha tanta influenza sulla polizia, sull’esercito? Perfino sulla magistratura? Lei che è stato amico di tre papi, che fa di mestiere il ministro e possiede i dossier di tutti i politici italiani?”
“Queste sono leggende assolute, se vuole consultare il mio archivio, glielo faccio vedere. E‘ a sua disposizione, veramente. Certo, quando uno è stato per anni ministro della Difesa, conosce molta gente , e io conosco molta gente, non v’è dubbio. Ma non ho mai ritenuto che il potere consistesse nel farsi i fascicoli per ricattare. Non ho cifrari segreti. Ho solo un diario che scrivo ogni sera che Dio manda in terra: mai meno di una cartellina. Se per caso alla sera ho mal di testa e non scrivo, il giorno dopo riempio subito il vuoto. Così, se devo fare un articolo su qualcosa che accadde venti anni fa, consulto il mio diario e trovo cose che non troverei certo nei giornali. Certo, lo tengo in modo tale che nessuno può capirlo all’infuori di me e sono cose che tengo solo per me. Quello nessuno deve leggerlo all’infuori di me. E’ proprio segreto, e spero che i miei figli lo brucino il giorno in cui morrò. Ma i miei fascicoli, creda, consistono solo in ritagli di giornale…”

20081222 – Roma – Archivio di Giulio Andreotti
Alessandro Di Meo/ANSA

In via delle Coppelle 35, a Roma, nel prestigioso e antico Palazzo Baldassini (opera dell’architetto Sangallo il giovane) Giulio Andreotti custodiva il suo archivio, costituito di 3500 grandi faldoni. Un archivio monumentale, le cui prime tracce risalgono al primo incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Fu sette volte Presidente del Consiglio italiano e occupò le poltrone di quasi tutti i ministeri.

Celeberrimo per la sua ironia, raccontò una volta: “Lei ha sei mesi di vita” mi disse l’ufficiale medico alla visita di leva. Anni dopo lo cercai per dirgli che ero sopravvissuto. Ma era morto lui”.
L’archivio, dopo la morte, venne donato all’Istituto Sturzo perché i documenti fossero pubblici. Nell’istituto Luigi Sturzo sono custoditi circa ottanta archivi di personalità del cattolicesimo italiano. Una digitalizzazione dei documenti non ancora terminata; appunti presi a penna sugli innumerevoli viaggi, sull’attività internazionale di politico ma anche sulle caricature. Un archivio gestito in prima persona da una collaboratrice di stretta fiducia, Vincenza Enea. Resta il fatto che i pezzi di archivio più significativi perché segreti della storia della nostra Repubblica non fanno più parte di questo archivio. Parliamo dei sequestri di persona (Aldo Moro) e altri capitoli scottanti del periodo italiano della strategia della tensione. Varie e a volte fantasiose le tesi che darebbero quella parte dell’archivio custodita nelle mura vaticane, altre in località segrete. Decideva personalmente, con una annotazione sulla cartella, in quale settore lo scritto o il documento avrebbe dovuto essere archiviato.
Andreotti svolse attività cruciali nei rapporti fra occidente e il mondo sovietico, aveva rapporti diretti e febbrili con Gromyko e altri importanti rappresentanti dell’Est. Rapporti diretti altresì con tutti i presidenti americani del passato. Una volta accompagnò Bettino Craxi in visita in Cina. Ancora presente tutta la documentazione del viaggio ed altresì il menu del ristorante, che termino, con il servizio di porcellino fritto con polenta nera. Ma anche documenti molto personali, come i componimenti scolastici dei figli.
L’archivio è in parte visibile in rete, anche nelle lettere di raccomandazione, due delle quali una spicca per mitezza e interessamento della vita familiare, quella in cui si interessava del trasferimento di un militare in Sicilia dall’Aquila nientemeno che su richiesta di Palmiro Togliatti.
In un’altra missiva chiedeva a Bettino Craxi di prodigarsi per mantenere il finanziamento ad una rivista religiosa alla quale teneva particolarmente.

Mauro Salucci


Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova

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