Pendolari, Italia spaccata in due: in 10 anni diminuiti i treni al Sud

CRESCE LA MOBILITÀ SU FERRO: 5,7 MILIONI DI PENDOLARI OGNI GIORNO SU METRO E TRENI REGIONALI, MA È EMERGENZA SUD: CIRCOLANO MENO TRENI CHE NEL 2010

Agli italiani il treno piace e dove si investe il successo è garantito, da Nord a Sud, dall’alta velocità alle linee metropolitane.  Per i pendolari c’è una buona notizia, sono in arrivo nuovi treni, ma nel Meridione e per chi sta fuori dalla rete veloce i problemi rimangono rilevanti. Ad aumentare sono, infatti, anche le differenze tra le Regioni e le diversi parti del Paese e la dotazione di trasporto su ferro delle aree urbane rimane rilevantissima rispetto all’Europa e una delle cause dello smog che attanaglia le città italiane.

Legambiente ha presentato questa mattina a Palermo Pendolaria 2019, il suo rapporto annuale sul traporto ferroviario in Italia, per fare il punto su che cosa si muove e che cosa no sulla rete, in termini di soldi, convogli e persone, e approfondire i risultati prodotti dagli investimenti. All’incontro, introdotto dal vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini e coordinato dal presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna, sono intervenuti tra gli altri il ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, il direttore generale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Angelo Mautone, l’assessore ai Trasporti della Regione siciliana Marco Falcone, dirigenti di Trenitalia e RFI.

“Abbiamo scelto di presentare Pendolaria a Palermo perché sono le grandi città e il Sud le due emergenze del nostro Paese nel trasporto ferroviarioha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. La nuova Commissione europea guidata da Ursula Von der Leyen si è impegnata per politiche e obiettivi più ambiziosi e per un piano di investimenti da mille miliardi di euro per raggiungere i target fissati con l’Accordo di Parigi sul Clima e fermare la crescita della temperatura del Pianeta. I trasporti sono l’unico settore che in Italia ha visto crescere le emissioni dal 1990 ad oggi. Dobbiamo scegliere di accelerare il cambiamento della mobilità con politiche più incisive e l’obiettivo di raddoppiare il numero di viaggiatori giornalieri su treni regionali e metropolitane, dagli attuali 5,7 a 10 milioni. Il cambiamento della mobilità è imprescindibile per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione europea al 2030 e al 2050 in cui si dovrà aver raggiunto la totale decarbonizzazione”.

Il 2019 è stato per il nostro trasporto ferroviario un anno particolare: ha celebrato i dieci anni dall’entrata in funzione delle linee ad alta velocità e diversi cambiamenti tanto sulle linee nazionali, con la concorrenza tra treni veloci, quanto nelle Regioni, che hanno ormai tutte un contratto di servizio con gli operatori del servizio ferroviario.

I numeri sono in aumento sia per i treni a lunga percorrenza, in particolare con il clamoroso successo dell’alta velocità, sia per i treni regionali e le linee metropolitane laddove presenti. Cinque milioni e 699mila persone prendono ogni giorno in Italia treni regionali e linee metropolitane. Nel 2018, rispetto all’anno precedente, circa 45mila persone in più hanno preso i treni regionali (+1,6%) e anche coloro che utilizzano le linee metropolitane sono aumentati, con quasi 65mila viaggiatori giornalieri in più (+2,4%). Nel 2014 il numero di viaggiatori era complessivamente di 5,1 milioni, per cui si deve segnalare una crescita dell’11,7% in cinque anni.

I passeggeri che usufruiscono del servizio ferroviario regionale sono 2milioni e 919mila, di cui 1,413 milioni utilizzano i convogli di Trenitalia e 1,506 milioni quelli degli altri 20 concessionari. L’aumento di passeggeri sui treni regionali dal 2010 a oggi è stato dell’8,2%.

Due milioni e 78mila persone al giorno prendono, invece, le metropolitane presenti in 7 città italiane (Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania), con un aumento complessivo di quasi 65mila passeggeri tra il 2018 e il 2017, dovuto in particolare alle linee di metro di Milano, Catania e Brescia dove si registra una crescita costante e consistente.
Il numero di coloro che invece ogni giorno prendono il treno per spostarsi su collegamenti nazionali è di circa 50mila persone sugli Intercity e 170mila sull’alta velocità tra le Frecce di Trenitalia ed Italo. I numeri sono complessivamente in aumento, ma con rilevanti differenze: mentre sugli Intercity tra il 2010 ed il 2018 abbiamo una riduzione che sfiora il 46%, sulle Frecce di Trenitalia si verifica un +114%, incluso Italo che è in forte crescita.

In 10 anni il bilancio dell’alta velocità è imponente: i numeri sono cresciuti di anno in anno, grazie al raddoppio della flotta dei treni AV: 74 nel 2008, 144 nel 2019. I passeggeri trasportati sui treni AV di Trenitalia sono passati dai 6,5 milioni del 2008 a 40 milioni nel 2018, con un aumento del 517%.

Ma anche i dati del trasporto regionale sono significativi. Per esempio, in Lombardia 802mila persone prendono il treno ogni giorno: +6,9% tra il 2017 e il 2018 e +43,4% rispetto al 2009 quando erano 559mila. In Alto Adige, grazie a investimenti in nuovi treni e corse frequenti, i passeggeri sono triplicati sulle linee riqualificate (da 11.000 nel 2011 a quasi 30.000). Sono 31mila i viaggiatori in più in Puglia e 100mila in Emilia-Romagna. O nelle città, come a Milano dove le linee di metropolitana segnano una continua crescita, con 12,5 milioni di passeggeri in più nei primi 9 mesi del 2019 (+4,7% rispetto al 2018); a Firenze dove il tram trasporta oltre 93.000 persone al giorno e a Bergamo dove nel 2018 il Tram delle Valli ha trasportato 3,75 milioni di passeggeri (+5,7% rispetto al 2016). Le situazioni positive sono tante e Legambiente racconta nel rapporto 57 buone pratiche.

Tra le notizie liete per i pendolari, c’è l’arrivo di nuovi treni. Sono 2.894 i treni in servizio nelle regioni ogni giorno, da Ragusa ad Aosta, gestiti dai diversi concessionari (Trenitalia, Trenord, CTI, Atac, etc.). L’età media dei convogli sulla rete ferroviaria regionale sta calando (in particolare al nord e nel centro Italia), è arrivata a 15,4 anni, grazie al trend iniziato negli scorsi anni con l’immissione di nuovi convogli di Trenitalia. Con gli investimenti realizzati da alcune Regioni sono inoltre entrati in esercizio circa 450 treni nuovi, in particolare in Toscana, Lombardia, Emilia-Romagna (l’unica Regione, insieme alla Valle d’Aosta, dove in questi anni è stata effettuata una gara per scegliere il gestore del servizio ferroviario regionale), Provincia di Trento, Lazio e Campania. Infine, gli investimenti decisi nella XVII legislatura, stanno permettendo complessivamente nel quadriennio 2017-2020 l’entrata in circolazione di 210 nuovi treni. Per quanto riguarda gli Intercity, si stanno investendo 300 milioni tra revamping e la riconversione dell’intera flotta.

Tra le diverse parti d’Italia perdurano, tuttavia, differenze enormi nella qualità e nell’offerta del servizio ferroviario. In alcune aree il servizio è tra i più competitivi al mondo, come tra Firenze e Bologna dove l’offerta, per quantità e velocità dei treni, non ha paragoni in Europa; ma fuori dalle direttrici principali dell’alta velocità e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio sta peggiorando, con meno treni in circolazione e, di conseguenza, meno persone che prendono il treno. In particolare il Meridione continua a soffrire di un’assenza di progetto.

Nel complesso, dopo anni di tagli, la quantità di treni regionali in servizio, considerati tutti i gestori, è risalita al livello del 2010. In Lombardia, in Emilia-Romagna e in Veneto aumentano le persone che prendono il treno, in Piemonte il numero di passeggeri torna a superare il livello del 2011 nonostante la soppressione del servizio su alcune linee. Anche in Sicilia si è recuperato in parte il crollo dei passeggeri avvenuto negli ultimi anni, e oggi sono 42mila i viaggiatori al giorno (tra Trenitalia e Circumetnea). Negativa la situazione in Campania, dove tornano a calare i passeggeri, passando dai 467.000 del 2011 a 262.000 nonostante negli ultimi anni il trend fosse in miglioramento. In negativo anche i dati in Molise (-11% di passeggeri e la Termoli-Campobasso chiusa), in Umbria e soprattutto in Basilicata dove il calo si attesta sul 34%. Per i convogli a lunga percorrenza finanziati con il contributo pubblico, principalmente gli Intercity, l’offerta treni/chilometri è scesa del 16,7% dal 2010 al 2018 e i passeggeri sono diminuiti conseguentemente del 42,8%.

“Questo quadro evidenzia le sfide dei trasporti in Italiaha aggiunto Edoardo Zanchiniche oggi riguardano in particolare le aree urbane e il Mezzogiorno. Nel 2019 non è stato inaugurato neanche un chilometro di linee metro, quando il ritardo è drammatico e solo investendo in una cura del ferro sarà possibile cambiare la situazione di inquinamento e traffico che attanaglia le nostre città. Al Sud muoversi in treno tra le città è praticamente impossibile, perché i collegamenti sono meno che nel 2010 a seguito dei tagli e i treni sono più vecchi e lenti che nel resto d’Italia. Oggi abbiamo presentato le nostre proposte per uscire da questa situazione e chiediamo al Governo di smetterla con un dibattito che ruota tutto alle grandi opere e di affrontare queste sfide. Serve un piano per il Sud fatto di treni nuovi da mettere su linee da elettrificare e potenziare, ed è urgente cambiare le priorità infrastrutturali del Paese spostandole nelle aree urbane. Il dato positivo è che ovunque in Italia si è investito sul ferro i risultati sono stati positivi, con una quota crescente di cittadini che ha rinunciato all’auto proprio perché esisteva un’alternativa agli spostamenti in automobile che sono ancora preponderanti nel nostro Paese”.

Nelle aree urbane spicca il maggior ritardo infrastrutturale italiano rispetto ai Paesi europei. La nostra dotazione di linee metropolitane si ferma a 247,2 chilometri (in 7 città in cui vivono circa 15 milioni di persone), lontano dai valori del Regno Unito (oltre 672 km), della Germania (649,8) e della Spagna (609,7). Il totale di chilometri di metropolitane italiane è inferiore o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3 km), Londra (464,2 km) o Parigi (221,5 km). Solo in Italia il dibattito politico sui trasporti e le infrastrutture ignora completamente le aree urbane; è qui che bisognerebbe concentrare gli investimenti, ma non avviene. I dati Istat raccontano che 25,8 milioni di persone (il 42% della popolazione nazionale) vivono nelle 16 principali aree metropolitane e conurbazioni italiane, dove si registra la quota prevalente degli spostamenti delle persone e dove il tasso di auto di proprietà è tra i più alti al mondo: 70,7 veicoli ogni 100 abitanti. Ma non basta disporre di linee metropolitane, occorre anche che i treni metropolitani passino con la giusta frequenza, per garantire un’offerta di qualità.

Drammatica è la situazione al Sud, dove i treni sono vecchi (età media 19,3 anni rispetto ai 12,5 anni al Nord) e pochi (sono stati addirittura ridotti gli intercity e i regionali in circolazione negli ultimi dieci anni) e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Rispetto al resto del Paese sono di meno sia le Frecce, che gli Italo, gli Intercity e i regionali. Ci sono in tutta la Sicilia 486 corse al giorno dei treni regionali contro le 2.560 della Lombardia: quasi 5,3 volte tanto (a fronte di una popolazione di 5 milioni di persone in Sicilia e 10 milioni in Lombardia). Le corse giornaliere in Provincia di Bolzano sono 266, quasi quante quelle offerte in Sardegna (297) dove però la popolazione è oltre il triplo. In Calabria sono 341 le corse giornaliere, meno delle 355 effettuate in Liguria dove popolazione ed estensione sono inferiori.

Innumerevoli gli esempi di un’assenza totale di regia e controllo lungo alcune direttrici importanti. Tra Cosenza e Crotone non esiste collegamento diretto e servono almeno un cambio e quasi 3 ore di tragitto per percorrere 115 km. Tra Ragusa e Palermo sono previsti solo 3 collegamenti al giorno, tutti con un cambio, per arrivare a destinazione in 4 ore e mezza (erano 4 tre anni fa). Tra Siracusa e Trapani (266 chilometri in linea d’aria) esistono solo tre possibilità e la più rapida richiede 11 ore e 21 minuti, con tre cambi. In Basilicata tra Potenza e Matera con Trenitalia non è più previsto alcun collegamento e con le Ferrovie Appulo Lucane servono 2 cambi e 3 ore e 20 minuti (di cui una parte in pullman per lavori sulla linea). In Puglia, invece, tra Taranto e Lecce almeno esiste un Intercity Notte che transita in orari di pendolarismo, però solamente da Taranto verso Lecce.
Ma anche al Sud dove si investe il successo è garantito e Legambiente ha raccolto 10 storie di successo: da Palermo a Catania, con metro e tram, a Bari, Napoli, Cagliari con treni urbani sempre più frequentati a quelli delle Appulo Lucane in Puglia, fino alla nuova bellissima stazione di Matera a quella di Scampia, per arrivare al successo di passeggeri che hanno i nuovi treni messi sulle linee in Sicilia, Puglia, Sardegna. Le schede con numeri e foto raccontano la fame di trasporto su ferro che c’è nel Mezzogiorno.

Occorre cambiare le priorità infrastrutturali del nostro Paese e recuperare i tagli al trasporto ferroviario. Dal 2000 a oggi nulla è cambiato nel dibattito sulle priorità infrastrutturali italiane, con un’attenzione che ci si concentra sempre sulle grandi opere: dal 2002 al 2017 i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. Emblematici sono i dati degli interventi realizzati dal 2010 al 2017: 275 km di autostrade (tra cui ricordiamo la Bre.Be.Mi., il Quadrilatero nelle Marche ed Umbria, parte della Asti-Cuneo), a cui si aggiungono altri 1.543 km di strade nazionali, a fronte di 70 chilometri di metropolitane e 34,5 km di tram (17 km a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari).

Dal 2016 ad oggi la ripartizione dei finanziamenti è in parte cambiata, per il superamento della Legge Obiettivo e per l’approvazione nella scorsa legislatura, grazie al Ministro Delrio, di finanziamenti per lo sviluppo del trasporto rapido di massa. In attuazione del DM 22/12/2017 e dei fondi europei FSC sono stati ripartiti 4,2 miliardi di euro per investimenti nelle città. Inoltre a dicembre 2019 sono stati ripartiti ulteriori 2,3 miliardi di Euro per interventi in attuazione della Legge di Bilancio 2018. La novità è che per la selezione di questi interventi è stata definita una procedura che verifica la coerenza con le Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti pubblici.

I finanziamenti statali per il servizio ferroviario regionale hanno visto una diminuzione tra il 2009 ed il 2019 del 21,5%, mentre i passeggeri crescevano di oltre l’8%. Per i trasporti su gomma e su ferro si è passati da una disponibilità di risorse di circa 6,2 miliardi di euro a 4,8 miliardi nel 2019. Nella XVII legislatura per il servizio del trasporto pubblico locale la dotazione di risorse è stata resa strutturale e svincolata dall’andamento dell’accisa, in modo da superare l’incertezza delle oscillazioni e il legame con i consumi di benzina e gasolio. La dotazione del Fondo Nazionale TPL è pari a 4.876.554 euro per il 2019 ed a 4.875.554 euro per il 2020, risorse del tutto inadeguate per potenziare il trasporto ferroviario regionale e gli investimenti indispensabili a recuperare la differenza dagli altri Paesi europei.

Ecco le priorità di Legambiente per il rilancio del trasporto ferroviario
Più treni sulla rete ferroviaria. Per rendere attraente il trasporto su ferro occorre programmare un potenziamento dell’offerta a partire dai segmenti con maggiore domanda per arrivare a un treno ogni 8-15 minuti sui treni regionali nelle linee più frequentate a un treno ogni 3-4 minuti sulle metro e poi sui tram e le altre linee regionali.
Priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città. Nel 2019 non è stato inaugurato neanche un chilometro di linee di metropolitane e nel 2018 solo 0,6 km. Per colmare il gap attuale con gli altri grandi Paesi europei dobbiamo decidere che la priorità dei prossimi anni è costruire 200 chilometri di metro, 250 di tram, 300 di linee suburbane.
Un piano per muoversi al Sud in treno. La proposta prevede di garantire un servizio cadenzato con almeno un treno ogni ora e nuovo materiale rotabile, lungo le direttrici principali che collegano città, porti e aeroporti come sulla Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto, Napoli-Bari, Palermo-Messina-Catania.
In particolare per rilanciare il trasporto ferroviario servono almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il TPL e il trasporto ferroviario regionale; garantire che almeno 2 miliardi di euro all’anno dei fondi introdotti nelle ultime Leggi di Bilancio per gli investimenti dello Stato siano indirizzati a un programma di nuove linee di tram e metropolitane nelle città; aggiungere agli investimenti previsti almeno 600 milioni di euro all’anno per continuare nel rinnovo del parco circolante regionale, per le metropolitane e tram, per gli Intercity, per le Frecce da introdurre nelle linee al sud.
Le risorse ci sono: si possono recuperare dai sussidi all’autotrasporto, dagli introiti delle autostrade, dalla cancellazione di investimenti sbagliati (come quelli per nuove autostrade al nord). E in questa direzione dovrebbe andare anche la revisione delle priorità infrastrutturali dei prossimi anni di Anas e delle concessionarie autostradali, per indirizzare la spesa verso la manutenzione e gli investimenti davvero necessari), dai bilanci delle Regioni che devono far crescere la spesa nel bilancio per portarla al 5% in modo da prevedere obiettivi più ambiziosi nei Contratti di servizio.

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