Perché Sanremo è Sanremo, Begato è Begato e Atlantia è Atlantia

 

 

 

 

 

 

Vigilia, con un po’ di sollievo. Diciamocelo: quel tormentone con il conto alla rovescia di Amedeo, alias Amadeus, almeno un po’ ci ha destabilizzato. Persino noi votati, o condannati, da qualche anno ormai, a visionare, comodamente piazzati sul divano di casa, serata dopo serata, il Festival di Sanremo sino all’ultima serata con designazione del vincitore, compreso il dopo Festival notturno. Da anni sostengo insistentemente sui social, ma anche in pubblico, che immergersi totalmente nell’evento Festival possa servire per comprendere al meglio il nostro sistema paese. Dal conduttore ai brani in gara, sino alla canzone vincente, fanno tutti parte di uno stesso teorema, con quell’ intersecarsi fra il voto delle giurie degli esperti e quello della giuria di qualità e il televoto.
Da tempo rappresento che Sanremo è spesso la canzone vincente rappresenta la vera faccia del nostro paese. Prendiamo per esempio le ultime tre canzoni vincenti.

 

 

 

 

 

 

2017 – OCCIDENTALI’S KARMA di Francesco Gabbani, in pieno governo Gentiloni, subentrato da qualche settimana all’amico e compagno di partito Matteo Renzi suicidatosi con il Referendum. E la canzone di Gabbani contiene una garbata presa in giro della casta del momento, internettologi, selfisti anonimi, con la scimmia nuda che balla che altro non è che un riferimento alla Scimmia nuda di Desmond Morris etologo che sosteneva la tesi più o meno bizzarra che “la pelle sia l’unico organo che distingue gli esseri umani dagli altri primati. Secondo Morris la mancanza di peli negli umani è legata al bisogno di contatto fisico tra la madre e il bambino”. E i primati se non fuggono tendono a mettersi in posa divertiti. E avete presente la comunicazione politica al giorno d’oggi, con quella abitudinarieta’ di certi personaggi al mettersi in posa e all’autoscatto. Ecco…. probabilmente Gabbani aveva previsto tutto.

 

 

 

 

 

2018 – NON MI AVETE FATTO NIENTE Ermal Meta e Fabrizio Moro. Per dire basta soltanto il ritornello: “Non mi avete fatto niente/ Non mi avete tolto niente/ Questa è la mia vita che va avanti/ Oltre tutto, oltre la gente/ Non mi avete fatto niente/ Non avete avuto niente/ Perché tutto va oltre le vostre inutili guerre.

Gia’, il brano si ispira alla lettera scritta da Antoine Leiris, che ha perso la moglie nell’attacco terroristico di Parigi del 13 novembre 2015. Egli è rimasto solo con il figlio e, sebbene la loro vita andrà avanti, sa che la persona che amavano di più non si trova più con loro. Tuttavia, decide di non dedicare il proprio odio agli autori dell’attacco («non mi avete fatto niente»). E’ il periodo in cui gli attentati islamici si ripetono, ma è anche il momento storico in cui la parola d’ordine è andare oltre al terrore, visto che i terroristi colpiscono ovunque, anche obiettivi non convenzionali.

 

 

 

 

 

Poi c’è l’ultima  canzone vittoriosa quella della sessantanovesima edizione nel 2019, SOLDI di Mahmood  primo governo Conte con alleanza CinqueStelle Lega. Con Salvini ministro dell’interno che soffia prepotentemente sul senso di insicurezza dovuta alla presenza di immigrati. Vince un giovane figlio di una donna sarda e di un padre egiziano che di cognome fa Mahmoud. E poco importa se il pezzo si chiama soldi ma non parla di soldi a livello materiale perché parla di come i soldi possono cambiare i rapporti all’interno di una famiglia. Perché parla di un padre assente e della crescita in periferia. Poco importa perché il voto viene preso come una forma canora di protesta verso la politica dell’odio. Salvini vuole incontrare il vinicitore e intanto fomenta la polemica sulla giuria di qualità.
Secondo me tutto questo è Sanremo e non riesco a comprendere l’atteggiamento ostentato, e a volte esageratamente snobistico, di tutti coloro che hanno dichiarato a più riprese sui social che non assisteranno assolutamente all’evento Festival in tv.

 

 

 

 

 

 

 

Nel contempo si sono sviluppate raccolte di firme contro la partecipazione del rapper Junior Cally, autore in passato di qualche brano a sfondo violento e sessista. La polemica, comunque non ha fatto altro che aumentare la pubblicità indiretta sul Festival. Come se non bastasse. Al pari del passo indietro di Francesca Sofia Novello, una delle dieci vallette di Amadeus. Con un fine benefico verso la consapevolezza tenendo conto di questa notizia comparsa su “La Repubblica”: “Avesse detto: “una donna che sa essere discreta”, Amadeus non avrebbe sollevato la stessa polemica, ma il direttore artistico ha parlato di “passo indietro” e questo ha spinto 3Matrioske, un gruppo di donne, ovvero la regista Francesca Zanni e le due attrici che recitano nel corto Beatrice Fazi e Cristina Odasso “a una profonda riflessione sulla condizione femminile” spiega Zanni, “soprattutto essendo tutte e tre donne che lavorano nell’ambiente dello spettacolo”.  “Un passo indietro diventerà una miniserie di cortometraggi. Le tre donne seguiranno Sanremo e dopo ognuna delle cinque serate produrranno un corto per commentare quanto avvenuto”. Quando si dice che non tutto il male viene per nuocere. L’importante è occupare qualunque piccolo spazio. Magari per vivere di qualche spicchio di luce riflessa. Comunque un motivo in più per gli snob per assistere all’evento.
Alla faccia del politicamente corretto. 

 

 

 

 

 

 

Ricordo, analogamente, parecchi anni fa alla prima edizione del “grande fratello” quando sostenni polemicamente in mezzo ad alcuni miei colleghi irritati che la tv verita’, o in qualche modo quella “guardona” non andava criminalizzata ma occorreva cercare di comprenderla in quanto rappresentanti del settore dell’informazione e della comunicazione. A scopo didattico, unicamente per capire quale sia o possa essere la realtà con cui ci si sarebbe trovati ad interagire. E mi piace ricordare il mio amico social Carlo Besana, autore di un post che appoggio incondizionatamente nel quale ci mette la faccia, scopre e dice: “#ioguarderòSanremo2020

Ogni anno la stessa storia…tutti a denigrare il Festival di Sanremo prima ancora che sia stata emessa una sola nota, tutti che invitano tutti a fare altro “perché Sanremo è inguardabile”…poi, ogni anno, eccolo lì il dato degli ascolti, oceanico…mi vengono in mente gli anni in cui “spopolava” la DC…nessuno ammetteva di votarli, però i democristiani erano lì, inamovibili…ecco, il Festival di Sanremo è già durato molto più a lungo della DC… e mi sa che sarà così ancora per molti anni… comunque…#ioguarderòSanremo2020…”.

Insomma diceva un mio esperto caporedattore, che i fenomeni per parlarne e scriverne, bene o male non importa, occorre conoscerli approfonditamente. Perciò consiglierei a chi intende criticare fortissimamente Sanremo di andare a guardarselo prima di attaccarlo.

 

 

 

 

 

 

 

E sulla stessa falsariga mi permetto di suggerire agli anonimi cleaners che intendevano ripulire via Brocchi, a Begato ridotta a discarica, che dovrebbero cambiare strategia. Perché è bello finire sui media diramando un comunicato su una zona da ripulire dall’incuria della gente, e tornarci mostrando il bottino di guerra, sacchi e sacchi di spazzatura. Più difficile, molto più difficile è riuscire a costruire un rapporto di fiducia con gli abitanti di una quartiere. Magari irritati e messi alla berlina dal clamore dato alle imprese di questi bravi ragazzi. Una volta, quando la  politica , che si diceva dovesse essere ogni azione vitale che favorisse una qualsiasi reazione, si faceva sul territorio occorrevano mesi per essere presi in considerazione dalle persone che abitavano i quartieri disagiati e che si intendeva aiutare. E Begato è un quartiere particolare, dove magari gli abitanti non gradiscono essere messi alla berlina come sporcaccioni.

Eppero’, senza troppo clamore i nostri cleaners non si sono lasciati scoraggiare.  E di fronte alla reazione provocatoria degli abitanti hanno cambiato sito. Un’altra spiaggia. Praticamente terra di nessuno. E hanno mostrato fieri il nuovo bottino.  Sintetizza ancora una volta il mio amico Carlo Besana ideatore della Pianacci una realtà aggregativa al Cep: “Le motivazioni sono nobili, ed è un peccato che vengano vanificate dalla mancanza di un percorso condiviso con la cittadinanza, a mio modesto avviso necessario, imprescindibile per essere “accettati” in qualunque contesto di comunità, quando si interviene “da fuori”. Difficile accettare che così, di punto in bianco, qualcuno venga a “pulire casa tua”, soprattutto se la comunicazione ha il taglio da “esercito della salvezza”. È uno dei grandi problemi quando ci sono di mezzo le periferie e si pretende di parlarne o addirittura agire senza conoscerne appieno le dinamiche, molto più complicate, comprensibilmente, rispetto a altri contesti. È un “difetto” molto presente anche nelle amministrazioni…”.

 

 

 

 

 

 

Per questo mi sentirei di fare tesoro delle parole del mio  amico Fabio Palli, uno degli autori di Digavox che le periferie genovesi le conosce bene.
“Capita, quando si riflette poco sugli altri e troppo su noi stessi. Ma ricordo anche un bimbo di un quartiere collinare, andava alle elementari, aveva problemi di attenzione durante le lezioni. Il classico bambino da catalogare come “difficile”. Poi frequentando il quartiere abbiamo saputo che a casa mangiava solo patatine perché i soldi per comprare il cibo non c’erano. Le patatine riempiono, costano poco e alla lunga ti ammazzano. Nel mentre, per molti, sei “difficile”. E di storie di difficoltà sociale ne abbiamo sentite tante, alcune le viviamo di persona, altre le abbiamo condivise. E nel marasma della comunicazione social che abitua le persone a considerare, con tronfia soddisfazione, i propri commenti o azioni come il giusto assoluto, capita di veicolare iniziative, per quanto lodevoli, non capite, non apprezzate o ritenute offensive. Quando entri in contatto con le vite degli altri, lo devi fare in punta di piedi, con empatia, e mai per…ma con…altrimenti rischi di prenderti i sacchetti della spazzatura sulla testa. Mettersi dalla parte dei buoni non è mai producente, devono essere gli altri a dire cosa sei e come sei, altrimenti costruisci un mix pericolante di buone intenzioni che finiscono direttamente alla fiera delle occasioni perdute”.
Già il marasma della comunicazione social. Occorre riflettere, e riflettere è riflettere ancora sui messaggi che si intendono fare all’esterno. Perché poi si rischia di fare la figura del saccente paternalista. E magari è proprio l’immagine di tè che non vorresti dare al pubblico che ti segue. Sia Sanremo o Begato.

 

 

 

 

 

 

 

Per dire, quelle Sardine che si sono trasformate nella diga al Salvinismo imperante. Poi le hanno “smascherate” affiancandole a Romano Prodi, come espressione del Pd. E vabbe’…. hanno continuato a crescere, perché di Salvini e di citofoni la gente non ne può più. Però è proprio vero che quando sei in cima ti prende un po’ di ebbrezza e magari rotoli velocissimamente verso il fondo. Tutto per quella foto con Oliviero Toscani  e il patron di Atlantia Luciano Benetton. E naturalmente le reazioni a Genova, dopo la tragedia del Ponte sono state violentissime. Anche Giovanni Toti, potere del clima elettorale se l’è sentita di intervenire, critico. Però mi sentirei di consigliare che prima di qualunque passo occorrerebbe conoscere bene itinerario e difficoltà del percorso. La foto di gruppo ha cristallizzato quella che per molti ora è una «collusione» con i poteri forti. Su Fb la maggioranza dei commenti è comprensiva. Ma prevale un consiglio: «Evitate ingenuità, il mare è pieno di squali». E svendersi per un po’ di pubblicità a buon mercato a volte può anche risultare letale.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.