Reggio Calabria – È scattato questa mattina il provvedimento di confisca dei beni per il noto imprenditore vibonese Angelo Restuccia, classe ’37, un patrimonio stimato in oltre 34 milioni di euro.
All’impresario edile, ritenuto contiguo alle cosche di ‘ndrangheta del “Mancuso” di Limbadi (VV) e dei “Piromalli” di Gioia Tauro (RC), è stata riconosciuta la pericolosità sociale e dunque è stato sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
LE INDAGINI
Dalle indagini della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, è emerso che l’imprenditore era da tempo in affari con la ‘ndrangheta, avendo avviato ed accresciuto le proprie attività grazie alla contiguità funzionale e agli appoggi delle cosche “Piromalli” e “Mancuso” egemoni nei rispettivi territori e confederate tra loro attraverso accordi e cointeressenze economiche, così come confermato evidenze giudiziarie dei processi “Tirreno” e “Mediterraneo”. Il rapporto con le cosche, risalente già ai primi anni Ottanta, ha sostenuto l’ascesa dell’imprenditore e nel contempo, ha favorito gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.
La figura di Angelo Restuccia è emersa inizialmente nell’ambito dell’operazione di polizia “Bucefalo” – condotta dal Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata coordinato dalla DDA diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri -, conclusa nel 2015 con l’esecuzione di provvedimenti cautelari, personali e patrimoniali, nei confronti di 11 soggetti per il reato, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso. In quel contesto, era emerso come l’assegnazione dei lavori per la realizzazione del “Parco Commerciale ANNUNZIATA” di Gioia Tauro (RC) fosse prerogativa esclusiva della cosca “Piromalli”, tanto da rappresentare uno dei motivi scatenanti la storica rottura dei rapporti tra la citata famiglia e la cosca “Molè”, storicamente legate da vincoli economici e di sangue.
Nel corso di tale imponente realizzazione, erano stati assegnati consistenti lavori edili per la costruzione di diverse strutture e fabbricati proprio all’impresa Restuccia Costruzioni S.p.a., riconducibile ad Angelo Restuccia.
Non solo.
Anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno consentito di appurare come “…don Angelo Restuccia…” non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca “Mancuso”, ma li frequentasse e si rapportasse con loro, attraverso un rapporto duraturo tale da produrre reciproca collaborazione e reciproci vantaggi, nella realizzazione di opere edili, sia pubbliche che private, nel territorio calabrese.
Di più. Dagli approfondimenti economico-patrimoniali, è risultato che il patrimonio accumulato dal Restuccia è il frutto o il reimpiego dei proventi di attività illecite poste in essere proprio grazie al suo ruolo di “imprenditore colluso” con la ‘ndrangheta reggina e vibonese.
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.