Pancho Villa: eroe o assassino

 

Ancora oggi Pancho Villa, il bandito di 102 chili, rimane una leggenda per il popolo del  Sudamerica e in particolare del Messico; il Messico privo di diritti, quello che soffre, lotta, odia e combatte, là dove non si diventa mai cattivi senza motivo, ma sempre perché qualcuno ti ha fatto divenire un criminale. Eri un contadino a cui vengono rubate le terre il quale ad un certo punto deve decidere se vivere il resto dell’esistenza come uno schiavo o la ribellione e eventualmente la morte.

Durango

Pancho era nato a Durango, un piccolo villaggio del Rio Grande nell’anno 1882. La famiglia, priva di mezzi di sostentamento era alle dipendenze di un feroce padrone, Pablo Martinez un vero “caudillo” locale che non si faceva problemi nel fare violenza fisica al padre Agostin Arango. Agostin era un uomo molto magro che soffriva di tisi e pativa la fame pur di dare il cibo al suo ragazzo che amava moltissimo.  Pablo Martinez arrivò, fra le altre angherie, ad abusare di Mariana, la sorella quindicenne del ragazzo.  In quel periodo vennero annullate nelle campagne tutte le disposizioni  del vecchio presidente del Messico  don Porfirio Diaz a favore dei contadini.

José Doroteo Arango Arámbula (Pancho Villa)

Il giovane, il cui vero nome era José Doroteo Arango Arámbula a soli dodici anni aveva già perduto il genitore, stremato dagli stenti. Doroteo fuggì sulle montagne e si unì alla banda di don Ignazio Parra, un bandito temutissimo e rabbioso. Datosi alla macchia, iniziò a saccheggiare i latifondisti e a dividere cn i poveri i suoi guadagni. Questo lo rese a soli 17 anni assai popolare nelle campagne e amato dalle donne. Domatore di cavalli e ballerino provetto, di rumbe, fandango, madrilenas, dava spettacolo fra un saccheggio e l’altro in compagnia del popolo delle campagne. Un altro passatempo era dare spettacolo con la pistola, facendo lanciare in aria un “centavo” di rame e colpendolo a volo con la pistola. Parra, il capo, morì in un conflitto e Pancho prese il comando, appoggiando la politica di Madero, un avvocato che sostenne le cause dei peones, fino al 1910, anno di esplosione della rivoluzione che infiammò il Messico intero. Gran parte del Messico sofferente lasciò casa, moglie e figli per  seguire il condottiero che ora era detto “Pancho Pistola”.

José Santos Chocano

Nel frattempo lo stesso Villa si era sposato con Luz Corral che non esitò a lasciare per la causa. Nonostante fosse analfabeta, scelse come amico più caro un letterato e poeta, il peruviano Santos Chocano e, convinto della necessità della preparazione culturale delle reclute del suo nuovo esercito, promosse da subito tenenti tutti coloro che sapessero leggere e scrivere. Di lui la storia racconta di un uomo che non temeva alcunchè, spesso feroce e indifferente alla morte. Racconta un episodio di una volta in cui un contadino si rifutò di seguirlo per via della famiglia. Finito di mangiare abbondantemente ciò che la moglie del contadino aveva cucinato per lui, uccise la donna e la figlia con le sue due pistole, dicendo al contadino “Ormai sei solo, mi puoi seguire”. Una volta, rimasto ferito al polpaccio da un proiettile, trovò un cerusico, un certo Enrichetti, italiano, chiedendogli di estrarlo. Enrichetti eseguì, ma prima si fece consegnare la pistola dal generale. Un modo di intendere la guerra che non prevedeva prigionieri: chiunque doveva essere passato per le armi. Per questo e altri motivi, la figura di Doroteo è ancor oggi ricca di misteri e combattuta fra i suoi aspetti delinquenziali puri e le sue battaglie per il popolo. Un rancore che scontò quando, terminata la guerra, si diede alla vita onesta di amministratore di cooperative agricole.

Quando, nel 1923, al ritorno da una festa campestre cadde trafitto da 47 pallottole a bordo della sua Dodge, il suo corpo, legato per i piedi venne trascinato per le campagne. Le foto di Pancho con le sue 47 ferite vennero offerte per giorni al prezzo di cinque centesimi. Ancora oggi il governo messicano nega il permesso di portare il corpo dell’uomo a Chihuahua, nel mausoleo di famiglia ma gli è stato riservato un posto a Città del Messico, nel Monumento della Rivoluzione.

Mauro Salucci

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Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova

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