Il Dottor Pangloss ai tempi del Coronavirus

Pensavamo, finalmente, tra odiatori seriali e no, fra persone che ci mettono e ci mettevano del loro per vincere le pulsioni irrazionali e quelle che, al contrario, ci mettevano del  dolo per rinfocolarle ed estenderle a macchia d’olio, inquinanti in questo clima di crociate e di guerre sante. Conquistatori e leoni della rete. Pensavamo, dicevo,  di vivere ormai “Nel migliore dei mondi possibili”. Come amava recitare a pappagallo il dottor Pangloss nel “Candido” di Voltaire. Pensavamo di essere invincibili, come suggerivano quei giochi da joystick, seppure comodamente assisisi di fronte a schermi giganti. Eroici, a somministrare vita e morte. Già, la vita e la morte, come fosse un gioco, per rischiarla.

Poi abbiamo visto le bare allineate. E i camion dell’esercito in fila per portarle altrove. Per le cremazioni. E le citazioni sulla peste manzoniana, sul colera e sull’ebola. E comunque pronti a riniziare da capo ad ogni game over, con le sette vite dei gatti e forse oltre. A cianciare di democrazia in rete e del “migliore dei mondi possibili”. Con aspettative di vita in crescita esponenziale. Ognuno per se è Dio per tutti. Conquistare quell’individualismo da spettatori del senso civico latitante. Pronti a chiedere rispetto, ma sempre agli altri. Magari senza darlo a priori. Con profili da invincibili, appena toccati, per risultare umani, da qualche raro senso di colpa, da sensibilità fine ottocento, con il gusto di padroneggiare tutto, e spadroneggiare su tutto. Era o no il migliore dei mondi possibili? In cui è permesso di dire, a breve distanza di tempo, tutto e il contrario di tutto, seppellendo il gusto per la storia e per la memoria, attraverso la macchietta del “Marchese del grillo” ricordato per quel senso collettivo tutto chiaro nella sua battuta preferita “Io sono io e voi non siete un cazzo”. Invocando, magari ironicamente, o forse anche no, quell’asteroide che in un sol colpo seppellisse tutto… e tutti quelli che non la pensavano nel nostro stesso modo.

E poi tra capo e collo, subdolamente è arrivato Il Covid-19, alimentando la pandemia di questi giorni, seppellendo i semplici e i semplificatori, i comunicatori per propaganda. Per farci comprendere Pangloss, Voltaire, l’illuminismo, i falsi miti razionali, o no. E l’accezione del termine “Panglossismo” che è in sintesi “l’attitudine a credere di vivere nel miglior mondo possibile. Seppellendo diritti acquisiti: la libertà di movimento sopra ogni altra cosa. Vellicando il nostro rifiuto per le regole e la burocrazia. Rimettendoci di fronte in un colpo solo, ma terribile, alle contraddizioni del consumismo, del capitalismo, del “più mercato più lavoro”. Mettendo a repentaglio in questa corsa la salvaguardia per l’ambiente. Il principio di democrazia, quello del diritto allo studio. E quelle dell’evoluzionismo  del principio falso che gli uomini forse nascono tutti eguali. Che poi eguali non sono, quando devono forzatamente, oppure no, confrontarsi con le realtà in cui si ritrovano a nascere, a lavorare, con le persone, gli Stati, i popoli con cui devono interagire. È la storia di oggi. Con le strutture ospedaliere desertificate, dalle leggi della politica e del mercato e dei costi e benefici. Con un welfare imperfetto, perché umano e legato agli uomini. E alle umane tentazioni del profitto a tutti i costi.

Il termine panglossismo deriva dal Candido di Voltaire, dove il personaggio del Dottor Pangloss, tutore di Candido, presenta questo punto di vista sul mondo. Il nome di Pangloss deriva dal greco πᾶν (pân, “tutto”) e γλῶσσα (glôssa, “lingua, linguaggio”). Il personaggio cui si ispirava Voltaire era infatti il filosofo e scienziato Leibniz, che sperava di poter ricostruire tutte le lingue del mondo secondo degli elementi minimi comuni a tutte (da cui “panglossa”).

Nel dibattito evoluzionista il panglossismo è stato utilizzato in un articolo di Gould e Lewontin dal titolo I pennacchi di San Marco e il paradigma di Pangloss, nel quale l’adattazionismo estremo della teoria neodarwinista viene paragonato al panglossismo (“paradigma di Pangloss” nella terminologia degli autori)”.

Già i falsi miti. Da un articolo di  “Scritture teatro di “Radiospazio”

“La sofistica da giornale assomiglia un po’ a quella da condominio (“Come dice la parola stessa, l’ascensore serve per salire, quindi propongo che da domani chi lo usa per scendere lo faccia a pagamento”). Il sofista Vittorio Feltri: interviene nella querelle sulla razza con un argomento acuminato e così stringente da apparire decisivo: se esistono i razzisti (come pretendono i radical chic) esistono di conseguenza le razze. E’ una mossa dialettica che ne ricorda altre non meno travolgenti (“Se esiste la Pianura padana, è chiaro che deve esserci la Padania”), e sollecita considerazioni che rivelano verità finora nascoste sotto la cenere del nostro pensiero pigro, come ad esempio: “Poiché esistono associazioni amiche dei marziani, devono esistere da qualche parte degli omini verdi”.

Esiste poi in letteratura un antenato nobilissimo di Vittorio Feltri (che però tocca vette di comicità sublime, contrariamente al noto giornalista); lo plasmò Voltaire nel suo Candido: è il precettore Pangloss, costruttore di marchingegni sofistici inossidabili e, come si vede ancora oggi, di pronto uso dopo due secoli e mezzo: “Osservate bene che il naso è fatto per portare gli occhiali, e così si portano gli occhiali; le gambe son fatte visibilmente per esser calzate, e noi abbiamo delle calze, le pietre son state formate per tagliarle e farne dei castelli, e così Sua Eccellenza il barone ha un bellissimo castello.”

Meditate, gente, meditiamo. E penitenziagiamo, utilizzando i tempi di forzata reclusione casalinga per riflettere e rimodulare, almeno un po’ la società in cui vogliamo tornare a vivere, a incontrarci e confrontarci. Perché il “migliore dei mondi possibili” sarà pur sempre perfettibile. E ce la faremo. Ma occorre ricominciare da qui.

Giona

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.