La storia del tramezzino raccontata da Mauro Salucci

Nella storia dell’alimentazione è sempre stata cruciale per l’uomo la modalità in cui esercitare questa funzione in ordine a condizioni di luogo, di stato sociale, di priorità temporali. Uno dei pasti preferiti di Garibaldi era il formaggio di pecora con le fave, mentre i soldati napoleonici portavano con sé grandi quantitativi di patate che cuocevano sulla baionetta con la brace. Con Napoleone III anche l’Armée si affina, e ad ogni spostamento segue la creazione di grandi batterie di forni per il pane. E proprio in questo periodo, l’Ottocento, anche gli ambienti borghesi si organizzano per provvedere a quegli stimoli dell’appetito che sfuggono agli appuntamenti della cena o del breakfast. Ecco allora la nascita del sandwich, da consumare durante il lavoro o il diletto, magari nel corso di una partita di golf. Ma in Italia, in un caffè di Torino, si va oltre. Spesso nel linguaggio internazionale il termine tramezzino è visto come una variante o equivalente italiana del sandwich, ma ricordiamoci che siamo in Italia, dove la gastronomia, anche in un piatto apparentemente semplice come questo, dice sempre di più, soprattutto e sempre anche a livello storico. Innanzitutto la derivazione di tramezzino che proviene da tramezzo ed è quindi un diminutivo. Se l’inglese sandwich parla genericamente di fette di pane con dentro ingredienti diversi, come affettati, tonno, uova, il tramezzino o tramezzo nasce da un pane ben specifico: il pane in cassetta.

L’Italia offre svariate qualità, tipi, forme di pane, sovente legate alle realtà regionali, ma il pane in cassetta è l’elemento principe del tramezzo di pane. Detto anche pancarrèalla francese, pane quadrato, il pane in cassetta viene cotto in una apposita cassettina di metallo che consente al prodotto di conservare la sua morbidezza. Il pane può essere utilizzato sia quadrato che triangolare.

Per conservare i tramezzini sempre freschi occorre scegliere con cura il pane in cassetta, prediligendo il tipo più morbido e umido che non teme il freddo. In commercio esistono anche formati senza crosta. Se si preferisce il pane integrale è bene scegliere quello in cassetta con la crosta morbida, che reggerà perfettamente le basse temperature. Con il pane di segale, che è particolarmente asciutto, ci si dovrà affidare a dei condimenti più grassi che inumidiscano molto la mollica.  La morbidezza è fondamentale nella riuscita della ricetta, ugualmente un certo periodo in frigo avvolti in tovaglioli inumiditi. La farcitura dovrà essere uniforme ed eviterà che il pane si arricci.

Diverse sono le versioni sulla nascita del primo tramezzino.

John Montagu, IV (1718-1792), militare, diplomatico e ammiraglio britannico, accanito giocatore di carte nonché Conte di Sandwich, durante una partita di carte chiese al suo cameriere un panino senza crosta con l’arrosto, per non perdere tempo con la crosta del pane e potere continuare a giocare a carte mentre mangiava. Un racconto narra di una sua partita a carte che durò ben ventiquattro ore. Il Conte era un personaggio molto importante tanto che James Cook, durante le sue esplorazioni, battezzò in suo onore alcune isole come Isole Sandwich.

Sempre una nobile inglese, Anna Maria Stanhope, duchessa di Bedford (1783-1857), poco dopo iniziò a utilizzare nei suoi ricevimenti con le amiche piccoli panini da gustare bevendo il thè in attesa dell’ora di cena. Amica della Regina Vittoria, benché coinvolta in uno scandalo, passerà alla storia come “creatrice del tè del pomeriggio”.

Il primo locale a seguire la moda internazionale di questo tipo di panino fu nel 1925 il Caffè Mulassano di Torino, in Piazza Castello, dove ancora oggi è possibile gustare decine di varietà di tramezzini. Nella Torino risorgimentale questo genere di locali andava per la maggiore, frequentati da gente come Cavour intenta a giocare ai tavoli a whist e fra un tramezzino e l’altro, a parlare di Unità d’Italia. Sarà nel nord Italia un lento fiorire di piccoli assaggi di pane guarniti con ortaggi, uova sode, formaggi e salumi con il progressivo allontanarsi da casa, per chi poteva, all’ora di pranzo o cena. Altra cosa, altra moda acquisita dall’estero, sarà il canapé, la nostra tartina, molto decorativa ma più leggera.

La nascita di questo modo di nutrirsi non è casuale, perché quasi tutti gli uomini ed eroi risorgimentali, da Bixio a Garibaldi a Cavour (che mai si sposò) allo stesso Vittorio Emanuele II, non amavano gli orari di consumazione di pasti dettati da altri.

L’italianizzazione del tramezzino venne compiuta da un nostro grande artista. Gabriele D’Annunzio si trovava un giorno nella sua casa di campagna. Intento a elucubrare, forse in preda ai morsi della fame, quando vide nelle traverse in legno del soffitto della casa di campagna le fattezze di un tramezzino a cui il Vate impose l’italianissimo nome, così come farà con i biscotti SAIWA. Nel suo Dizionario Moderno del 1935 Alfredo Panzini scrisse del sandwich “indica due fettine di pane con entro alcuna fine vivanda. D’Annunzio propose tramezzino”. Non bisogna dimenticare che qualche anno prima di D’Annunzio anche Filippo Tommaso Marinetti si lanciò in una definizione del panino italico col termine traidue, ma nulla poté questo termine contro il visionario e immaginifico Gabriele.

Mauro Salucci

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Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova.

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