Per fortuna Dio ci vede benissimo, perciò penitenziagite

E se fosse una punizione divina? Una sorta di diluvio universale, un avvertimento all’umanità tutta, consumista, postcomunista, alle democrazie, alle oligarchie, alle monarchie più o meno democratiche o costituzionali, e persino ai governi ombra…E se si trattasse di un segnale? Tanto per farci capire che così non si può andare avanti, che le regole del capitale e della caccia al profitto e quell’inclinazione all’avere più che all’essere in fin dei conti non ci daranno la felicità. Perché la felicità sta nelle cose semplici, addirittura come predicava San Francesco nell’abbracciare la povertà, nel darsi più che nel possesso, e nell’applicazione del rigore e dell’austerità. Un novello medio evo insomma. Perciò, pentitevi, pentiamoci e penitenziagite.

E già vedo, a meno che non si tratti di una moda temporanea, importanti segnali di conversione, con quella attitudine a darsi agli altri, con quella corsa a segnalare, per una volta, non tanto un po’ di individualismo egoriferito, quanto a prendere esempio dagli  altri. Sì è vero… una prova di fede anche rinchiudersi in casa, in perenne contatto telematico a inventarsi e a lanciare gare, e sfide sul come eravamo, e persino sul come eravamo in spiaggia e con il prendisole. Una prova di fermezza, ancora, seguire pedissequamente e al di là delle personali inclinazioni politico-ideologiche i dettami dei quasi quotidiani d.p.c.m. Inoltrato tramite canali tv, e le eventuali interpretazioni. Un esercizio di logica quello di constatare che negli ospedali, fra coloro che assistono dimostrando eroico senso del dovere e coloro che si preparano a morire…. o a guarire, c’è gente che in fondo sta infinitamente peggio di noi. Costretti a pensare solo al presente invece che al futuro, se ci sarà. Che si dimostrerà comunque nero… nerissimo.

E allora iniziamo a pentirci adesso, perché domani saremo nella “bratta” e allora avremo, probabilmente, meno tempo per compiangerci.

Perciò incominciamo a dare qualche segnale di solidarietà, dimostriamo che iniziamo a percepire anche l’universo che sta oltre allo schermo telematico e alla porta di casa. In fondo basta qualche colletta alimentare per coloro che avranno bisogno, o aderire ai versamenti sui conti correnti più disparati, dalla protezione civile agli ospedali, dalla Caritas alla parrocchia sotto casa. Tutto per lavarsi in qualche modo la coscienza. Un santino nell’attesa dell’al di là.

In fondo l’hanno fatto anche i calciatori, anche se loro nonostante il circo si sia fermato non avranno, a breve, problemi di cassa integrazione. Lo hanno fatto anche le grandi aziende rinunciando a fasce di profitto. Magari tra qualche mese comunicheranno di essere costrette, a causa della contrazione economica, a lasciare a casa in cassa integrazione un migliaio di dipendenti, forse meno, forse di più. E sarà, magari solo il tentativo di indurre lo stato ad aiutarle ancora una volta. E comunque, per salvarsi l’anima, in tanti hanno iniziato a pentirsi.

Due esempi che mi sono passati per le mani proprio nei giorni scorsi a poche ore di distanza. Fra pentimenti e punizioni che sembrerebbero avere del divino.

Ricordate il consigliere regionale leghista che durante il  consiglio regionale ebbe occasione di dire in pubblico, suscitando clamore e perfino un certo risentimento:”Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno”? Fu chiamato in seguito a risponderne in tribunale per diffamazione. Solo che poi, passato dalla Lega al gruppo misto, per difendersi ha negato di aver mai pronunciato quella frase.
Vabbè parrebbe essersi veramente pentito del suo passato anti-lgbt, perché recentemente ha dichiarato che intende dare in beneficenza 5 mila euro del suo lauto stipendio destinandoli a chi in questo momento si trovi in difficoltà economiche. E, si spera, senza alcuna distinzione sugli orientamenti sessuali.

Il secondo caso, più che un pentimento lo definirei una lezione divina per quel consigliere comunale con delega alla protezione civile, Antonino Sergio Gambino, incappato in passato in una brutta polemica per aver presenziato alla cerimonia per i caduti della Rsi con tanto di fascia tricolore, in rappresentanza del sindaco Marco Bucci. In seguito definì “Babbi di minchia” alcuni genovesi che durante un’alluvione rischiavano di  restare intrappolati in auto all’interno di un sottopasso. Beh, proprio ieri, forse non a caso il primo d’aprile, si è piegato alle ragioni ferree della popolarità facendosi ritrarre al fianco di due membri della comunità senegalese, per ovvie ragioni neri come il carbone, che gli consegnavano mille euro, frutto di una raccolta fra i loro connazionali genovesi, destinati in segno di solidarietà alla protezione civile.

Una somma piccola proveniente da una piccola comunità, talvolta osteggiata per le sue origini. Del resto l’esempio di pochi giorni fa dell’Albania ha fatto riflettere, soprattutto se messo a raffronto con alcune posizioni nei confronti del nostro paese della Comunità Europea, in seguito fortunatamente riviste. E fa pensare anche questo ravvedimento dei Nostri. In un momento in cui alla fede occorre fare riferimento verrebbe da dire che…davvero  “le strade del signore sono infinite”. Aggiungendo che forse, Dio vede e provvede. E in taluni casi, proprio come la “Sfiga” sembrerebbe vederci benissimo.

Giona

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.