Arrestato nel blitz antimafia Cupola 2.0 e considerato reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri, a Palermo, era detenuto in una cella dell’istituto penitenziario di Bologna da dicembre 2018. Aveva 77 anni e da giorni era ricoverato nell’Unità operativa Medicina d’Urgenza dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna.
È questo l’identikit del primo detenuto vittima del Covid-19, morto ieri dopo che il 28 febbraio il giudice gli aveva concesso i domiciliari in ospedale, in seguito al risultato positivo del tampone.
Tampone che nel carcere di Bologna, secondo quanto informa Mauro Palma, il Garante Nazionale dei detenuti, è stato effettuato su altri 92 reclusi (2 positivi) e su 58 agenti penitenziari (1 positivo).
Una morte che riporta all’attualità le rivolte nelle carceri dei primi di marzo e il dibattito sulle condizioni dei detenuti al tempo dell’emergenza. Ma cosa è stato fatto dopo le sommosse delle settimane scorse?
“Le proteste sono state episodi gravissimi che si legano a problemi irrisolti del circuito penitenziario come quello del sovraffollamento“, spiega a Fivedabliu Corrado De Rosa, psichiatra e scrittore, che punta il dito anche sulle manipolazioni dell’emergenza da parte di alcuni gruppi di carcerati: “Gli abusi di stupefacenti durante le rivolte, le immagini di fuga di massa, danno il senso delle strumentalizzazioni e delle manipolazioni possibili della vicenda, non solo a livello politico. E con le morti e gli ostaggi, gli eventi hanno avuto risvolti che hanno scavalcato il confine della protesta per entrare nel campo dei veri atti criminali“.
È certo che la situazione richiede dei distinguo, continua De Rosa: “Ci sono Case circondariali dove i detenuti hanno firmato documenti in cui si impegnano a evitare in ogni modo proteste o rivolte, altre in cui i detenuti produrranno mascherine”.
Il carcere ha bisogno di spazi, a maggior ragione in corso di epidemia, e la tutela dei detenuti e di chi lavora in ambito penitenziario deve essere una priorità di questa emergenza: “In carcere vanno assicurati gli stessi diritti di salute ed è prioritario fare di tutto per mantenere il distanziamento sociale e le altre raccomandazioni indicate”, chiarisce De Rosa sottolineando che “in questa fase, credo che valga il principio di alleggerire le strutture il più possibile e favorire le situazioni in cui si può garantire una sicurezza esterna senza mantenere la detenzione”. E in effetti la popolazione carceraria è diminuita dall’inizio dall’emergenza. A comunicarci i dati è ancora il Garante che precisa come in questo momento ci siano 58.810 detenuti nelle camere di pernottamento, cioè i detenuti realmente in carcere, mentre al 29 febbraio erano 61.230. Per chi ne aveva diritto, infatti, si è spinto sull’acceleratore dei permessi premio e degli arresti domiciliari.
Ma non è solo il sovraffollamento il problema dei nostri penitenziari. “Anche in carcere, vale la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non c’è salute senza salute mentale, e a maggior ragione nell’emergenza va garantita l’assistenza dei Dipartimenti di Salute Mentale che si occupano già attivamente delle strutture penitenziarie”, conclude De Rosa sottolineando che “anche in questo caso, visto il momento, vanno bilanciati sicurezza e rispetto delle indicazioni ministeriali. La vita dei detenuti è scandita dai colloqui familiari e questa mancanza ha grosse ripercussioni che si sommano alle altre. É necessario promuovere metodi alternativi per i colloqui a distanza e favorire in ogni modo il diritto di comunicare, rispettando naturalmente tutte le priorità di salute pubblica”. E poi “lavorare sulla percezione del rischio di contagio, ridurre la tensione per quel che è possibile, spiegarsi, farsi capire”.
Simona Tarzia
Leggi anche la nostra inchiesta:
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.