Ponte di Pasqua

 

Qualcuno ha voluto vederci un castigo. Trascendente, divino, di Dio? Fate un po’ voi, a seconda del vostro credo religioso e della vostra filosofia di vita. Qualcun altro ha perfino parlato di un avvertimento, anzi un segnale, lanciatoci dalla natura, affogata nella plastica – che poi è l’emblema giusto per questa nostra società dalla coscienza duttile e trasformista – e violentata dalla nostra sete di profitto. Gli ideologi hanno dissertato sulla contraddizione, finale o quasi, del capitalismo e del consumismo, esasaperati e insiti l’uno nell’altro. Maghi e lettori o lettrici dell’inconscio hanno parlato di anno bisestile e di maledizione dei Maia. Infine c’è stato anche chi ha voluto vederci un’opportunità. Un’opportunità di ravvedimento di cambiamento con la consapevolezza che eravamo lanciati verso il tracollo. Digitando, virtualmente vicini e mai così lontani, smartworkando per un progetto di gruppo e mai così individualisti. Con il pensiero rivolto a se stessi, dialogando con il mondo, ma senza aprisi mai alle esigenze del pianeta che abitiamo.

Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla – (il giorno dell’ira sara’ quel giorno,  dissolverà il mondo terreno in cenere) – reciterà qualche penitendo pensando all’oscurantismo del Medioevo, allo sterminio della peste nera, del colera, del vaiolo o del semplice morbillo. Alla pandemia del Covid19. In fondo

Ci apprestiamo al calvario e alla via Crucis, alla morte sulla croce, alla Pasqua, alla resurrezione, e alla Pasquetta. Fra segnali, avvertimenti, moniti pensando a resistere, fino a quando non è dato sapersi. Reclusi, eppure tentati da una temperatura quasi estiva e dalla luna con l’alone rosa che avrebbe meritato qualche cosa di diverso da balconi e finestre per osservarla. Negando qualche cosa ai sensi e lasciandoci guidare dal razionale. Pensando a quello che avrebbe potuto essere e invece non sarà.

Epperò poi l’avvertimento e il segnale, magari finiscono per confinare, stretto stretto, con la provvidenza.

Perché poi se non ci fossero state le limitazioni del Coronavirus che altra strage avrebbe potuto essere quella del ponte che collega Santo Stefano Magra, all’estremo confine tra la Liguria e la Toscana, con Albiano Magra?

Vedere quel ponte sul Magra accartocciato, sconquassato, come si fosse sgonfiato a raggomitolato su se stesso una certa impressione non poteva che destarla. Riportando automaticamente la testa alle immagini di quel 14 agosto 2018 in cui le vittime furono quarantatre’. E pensate che cosa sarebbe potuto succedere se per strada vi fossero stati quei turisti delle seconde case in transito fra Liguria e Toscana. Ma, fortunatamente sembrerebbe essere andata bene. Almeno per questa volta. Casualità, miracolo, il bene e il male che si scambiano le parti? Ognuno creda quel che gli fa più piacere credere.

Fin qui il trascendentale. Poi, purtroppo c’è tutto il resto. E braccati dal Coronavirus e dall’esperienza di tutte le insipienze commesse, dagli ospedali boccheggianti e destrutturati alle  mascherine scomparse e poi ricomparse, dai protocolli traballanti ala scarsa osservanza delle norme restrittive, non possiamo far finta di niente e voltarci dall’altra parte. Non ci sono state vittime, ma se ce ne foro state sarebbero andate ad aggiungersi alla teoria di quanti sono morti e delle loro famiglie che ancora attendono giustizia. E comunque sono dell’opinione che la giustizia non sia solo quella dei tribunali e che potrebbe essere un segnale di giustizia occuparsi in maniera maniacale delle nostre infrastrutture viarie che sono effettivamente al tracollo. Per renderci conto che la superficialità, i controlli spesso per niente accurati, se non dopati e comprati, sono diventati in questo nostro paese ormai un sistema. Come è sistematica certa politica in cui i rapporti degli amministratori con il malaffare che controlla i cantieri cade nellla passività di addetti ai lavori e purtroppo degli spettatori, degli utenti. Persino di quelli che in segno di protesta o di stanchezza si rifiutano di volta in volta di andare a votare.

Dando vita ai soliti balletti, al gioco delle parti. In cui ognuno, se può,  tira acqua al suo mulino.

 Dai sindacati che chiedono di riaprire i cantieri, alle Sardine relegate all’ovvietà elementare anche se telegrafica: “Pretendiamo intervento Stato. Mit verifichi perbene infrastrutture. Magistratura indaghi”.

Andrea Orlando spezzino vicesegretario del Pd non poteva perdere l’occasione per manifestarsi ai suoi  elettori e lo fa attraverso Twitter: “La vicenda del ponte di Albiano è inaccettabile, individuare subito le responsabilità a partire da Anas. Il ministero convochi immediatamente un tavolo per affrontare il tema della viabilità dell’area interessata”.

Poi ci sono i familiari delle vittime del Morandi, che inchiodano la politica con le sue immagini sfocate, costringendola all’angolo.

Dice Egle Possetti portavoce del comitato in ricordo delle vittime del Morandi: “”Secondo me ci sono valutazioni da rivedere, i livelli di sicurezza devono essere più rigidi. Il cemento ha una durata e servono interventi veramente seri e standard più elevati di sicurezza. Ci siamo sentiti con gli altri familiari. Ogni volta che vediamo scene del genere si risveglia sempre tutto. E’ una situazione un po’ allo sfascio. Ora siamo in emergenza sanitaria ma il problema, dal mio punto di vista, è che abbiamo queste infrastrutture in cemento armato che sono vetuste sulle quali bisogna veramente impostare un piano a tappeto di risanamento, non solo per le autostrade. Il cemento armato ha bisogno dopo un po’  di anni di manutenzioni sostanziali, è un problema di strutture, su queste infrastrutture sono anni e anni che dovrebbero esser fatti monitoraggi seri. Devono mettersi in testa che serve fare una valutazione prudenziale, non possiamo portare le strutture ai loro limiti”.

E la distanza sembra essere davvero abissale, tra la politica, il sistema e le sue sistematicità e la gente comune. In vista del venerdi’ di passione la macchina dei social ha deviato almeno un po’ dall’applicazione delle misura di prevenzione e da quelli che fanno i furbi, dai numeri degli accertamenti e dalle sanzioni, dalla moria nelle strutture per anziani, dai decessi in ospedale, dalla testimonianza di quelli che ce l’hanno fatta e dei parenti distrutti di quelli che non c’è l’hanno fatta.
Dagli slogan…“Ce la faremo”….“l’Italia che resiste”…..“riapriamo”, “riapriamo tutto”…“Ci rialzeremo”….”Risorgeremo”. Gia’, si avvicina la Pasqua e risorgeremo…. forse. Il nostro potra’ anche diventare, un giorno, il paese delle seconde occasioni, anche se come diceva Ennio Flaiano: “in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Perché per unire i due punti con l’arabesco ogni deviazione, infiocchettamento, evoluzione, storno, ricarico, diversificazione risulta per essere concessa. E anche tra le sponde unite da un ponte la linea dovrebbe essere la più diretta. Solo che capire ciò che accade tra arcata e arcata può finire per risultare difficile.

Intanto il nostro Governatore Giovanni Toti che guarda avanti, diretto da approdo ad approdo, con l’occhio puntato alla data delle elezioni regionali, sembrerebbe aver fatto tesoro dell’esperienza del Morandi e scorta di determinazione. Così ha pensato di cambiare le regole degli appalti per i cantieri. In pratica le gare di appalto non si assegneranno più al massimo ribasso. Lui dice che vuole sfidare la burocrazia “ Via codice degli appalti, via gare europee, via controlli paesaggistici, via certificati antimafia, via tutto. Almeno per due anni. Ci sono gruppi affidabili e lavori da fare. Partano subito”.

Di fronte a tanto decisionismo e al dritto per dritto che mozzava sul nascere ogni tentativo di arabesco, o forse no, l’ex ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli, con i suoi radicalismi e il ritorno delle tratte autostradali sotto lo Stato sembrava un bambino piccolo, intento a giocare con le macchinine. Sino a qualche giorno fa, di fronte alla debacle degli ospedali, si diceva che la sanità pubblica, come si era detto del sistema viario, del resto, dovessero tornare sotto lo stato. Il problema è che fra infiniti ghirigori ed arabeschi neanche lo stato sembra esistere più. E quel ponte crollato senza vittime potrebebsembrare quasi un segnale. Fra via crucis, calvario, crocifissione. In attesa di qualche cosa che assomigli almeno un po’ ad una resurrezione. Ma se ne riparla dopo le feste di studenti e professori, politici ed esperti, famiglie sovversive in in viaggio verso le seconde case, bimbi e genitori reclusi, infermieri e medici allo stremo. Se ne riparla, comunque, dopo il ponte di Pasqua. Emergenza ed arabeschi permettendo.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.