LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE IMPOSTE DAI DECRETI “#IORESTOACASA” E “CHIUDI ITALIA” HANNO RIDOTTO IL SOVRACCARICO DELLE TERAPIE INTENSIVE MA SUL CONTENIMENTO DEL CONTAGIO I RISULTATI NON SONO RASSICURANTI E INVITANO ALLA MASSIMA CAUTELA
“L’efficacia delle misure di distanziamento sociale sul contenimento dell’epidemia dipende da tre fattori: tempestività, intensità e aderenza della popolazione – lo spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE –. Di conseguenza, per valutare gli effetti dei decreti “#IoRestoACasa” e “Chiudi Italia”, bisogna anzitutto essere consapevoli che siamo partiti in ritardo, che il lockdown non è stato affatto totale e che l’aderenza della popolazione è stata buona, ma non eccellente, a giudicare dal numero delle sanzioni elevate nel corso dei controlli“.
Secondo la roadmap lanciata ieri dalla Commissione Europea, per la ripartenza è fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato.
“Di conseguenza – rileva Cartabellotta – una programmazione scientifica della fase 2 non può inseguire i numeri del giorno, ma deve osservare almeno le variazioni settimanali”.
E in questo senso i dati degli ultimi 7 giorni sui contagi non sono affatto incoraggianti: se, infatti, si è ridotto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi (-3,0%) e soprattutto di quelli in terapia intensiva (-16,6%), si rileva un aumento dei casi totali del 18,0% (+25.733), di cui 3.976 decessi (+22,5%).
“Considerato che la riduzione dei nuovi casi sembra inferiore a quanto atteso – continua Cartabellotta – la Fondazione GIMBE ha effettuato una revisione di evidenze scientifiche e narrative per identificarne le possibili motivazioni, con il duplice obiettivo di informare le Istituzioni sui parametri per avviare la fase 2 e di sensibilizzare i decisori della sanità, i datori di lavoro e la popolazione sulle proprie responsabilità“.
In particolare, la Fondazione GIMBE ha identificato due macro-categorie di motivazioni che potrebbero spiegare la mancata riduzione dei nuovi casi di contagio. La prima riguarda l’identificazione di casi in sottogruppi di popolazione non adeguatamente esplorati, che è funzione diretta del maggior numero di tamponi eseguiti tra gli operatori sanitari, gli ospiti di residenze per anziani e case di riposo, i detenuti negli istituti penitenziari, oltre che di una tracciatura dei contatti più efficace e del crescente numero di casi oligo/asintomatici identificati sul territorio.
E poi la ridotta efficacia delle misure di distanziamento sociale: consegue a differenti motivazioni in parte non prevenibili (ruolo dei soggetti asintomatici), in parte a carenze sanitarie (insufficiente tracciatura dei contatti, isolamento domiciliare inadeguato), oltre che a misure inadeguate sui luoghi di lavoro e negli spazi chiusi, inclusi i mezzi di trasporto, e a comportamenti individuali impropri (persone infette che hanno violato la quarantena).
Parliamo di contagi da soggetti asintomatici non noti, casi non identificati per insufficiente tracciatura dei contatti, persone conviventi in isolamento domiciliare (isolamento inadeguato o troppo breve).
In tutti i contesti regionali e locali dove il controllo dei nuovi casi risulta inadeguato, tutte queste casistiche dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di mettere in atto le opportune contromisure.
“Nonostante l’entusiasmo – conclude Cartabellotta –, per l’avvio della fase 2 serve la massima prudenza: se oggi, infatti, ospedali e terapie intensive iniziano a respirare, i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo ed il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato”.
Puoi leggere i dati del monitoraggio dell’epidemia di COVID-19 al link: https://coronavirus.gimbe.org
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