Corinavirus, a Brescello 2 positivi al funerale del suocero del boss Grande Aracri. Denunciati per epidemia colposa

Brescello – Nel mondo delle mafie, matrimoni, battesimi e ancora di più funerali, sono momenti estremamente importanti. Attestazioni di appartenenza, omaggio alla famiglia che celebra il rito, momento in cui si celebrano alleanze. Impossibile mancare, a meno di avere un motivo più che valido, come una latitanza o gli inquirenti alle calcagna.

Il lockdown per l’emergenza Covid non poteva dunque essere ritenuta una scusa valida per non partecipare alle esequie di Paolo Pucci, che si sono svolte ai primi di aprile a Brescello. Paolo Pucci è il suocero di Francesco Grande Aracri, attualmente in carcere e a processo nel procedimento Aemilia, a sua volta fratello di Nicolino Grande Aracri, boss di Cutro e capo Crimine della provincia.

Secondo le disposizioni del Comune di Brescello, in deroga al decreto governativo dell’8 marzo, ai riti funebri viene ammessa la presenza di non più di 10 persone, operatori mortuari compresi, e per una breve benedizione. Per questo i 15 parenti, più il personale addetto alla sepoltura hanno attirato l’attenzione del paese e l’intervento di carabinieri e polizia locale.

Il risultato di quell’accertamento é stato reso noto ieri e ha portato alla denuncia per epidemia colposa e violazione della quarantena per due parenti del defunto – un uomo e una donna di cui non state fornite le generalità – e all’identificazione di altre 13 persone.

Il comune di Brescello è stato commissariato nel 2017, quasi due anni dopo le rivelazione dell’inchiesta Aemilia sugli affari del clan Grande Aracri, che nel paese in riva al Po aveva la sua “capitale” nordica.  Dal giugno del 2018 il comune è amministrato da Elena Benassi, eletta in continuità con i sindaci precedenti, Ermes e Marcello Coffrini, che  per anni non hanno visto la presenza della ’ndrangheta sul loro territorio e hanno sempre preferito parlare di criminalità organizzata al condizionale. Ermes fu anche l’avvocato di Francesco Grande Aracri all’epoca dell’inchiesta Edilpiovra, dal 2002 al 2006, mentre il figlio Marcello aveva definito lo stesso un uomo  composto, educato, che ha sempre vissuto a un basso livello” e , in altra occasione, “la storia della ’ndrangheta un leitmotiv”.

Oggi sulla pagina del Comune si legge una lettera indirizzata ai cittadini in cui li si invita a non ricorrere a “usura, mafie, ‘ndrangheta”, in seguito alle difficoltà economiche di questo periodo. “Le indagini e i processi che si sono svolti in questi anni ci hanno aiutato ad aprire gli occhi su forme di malavita che traggono profitto nei momenti di particolare difficoltà economica e sociale – vi si legge – Famiglie che si sono rivolte a costoro per piccoli prestiti sono entrate nell’incubo degli usurai; imprese che hanno accettato forme di compartecipazione economica si sono trovate all’interno di un meccanismo che tendeva ad appropriarsi di attività sane per ricondurle nell’ambito di un sistema malavitoso. Il processo Aemilia e l’operazione Grimilde hanno reso evidente anche a chi era digiuno di questi fatti che con la ‘ndrangheta non si fanno affari, perché da essa si viene colonizzati in modo dapprima subdolo e mellifluo, poi in termini di ricatto e di violenza ….sappiate che in questo momento non esistono scorciatoie che non siano di tipo illegale, non esistono soggetti che lavorino con ribassi consistenti sui costi d’impresa che non appartengano al mondo del riciclaggio e del crimine”.

Una lettera coraggiosa che lascia sperare. Anche se – come ha riportato Paolo Bonacini su ilfattoquotidiano.it, in paese la tensione resta forte e, a chi ha protestato per il funerale di Paolo Pucci su Facebook, alla pagina “Sei di Brescello se…” sono giunte delle minacce. Poi cancellate dall’amministratore della pagina.

Chiara Pracchi

Giornalista per passione, mi occupo soprattutto di mafie e di temi sociali. Ho collaborato con PeaceReporter, RadioPopolare, Narcomafie, Nuova Società e ilfattoquotidiano.it.
Per Fivedabliu curo le inchieste da Milano.