Il Governo sta pianificando l’avvio della la fase 2 che dovrebbe partire entro il 4 maggio, ma le Regioni sono davvero pronte? Dov’è che il livello di rischio confermato dai numeri permetterà di uscire dal lockdown senza la minaccia di una nuova impennata di casi?
A rispondere a queste domande ci pensa uno studio della Fondazione GIMBE che dall’inizio dell’epidemia sta monitorando l’evoluzione del contagio nelle Regioni italiane.
“La fase 2 – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – deve essere guidata da criteri scientifici oggettivi condivisi tra Governo, Regioni ed enti locali, tenendo in considerazione i rischi legati a cinque variabili: attività produttive, libertà individuali, mezzi di trasporto, rischio di specifici sottogruppi di popolazione in relazione all’età e patologie concomitanti ed evoluzione del contagio nelle diverse aree geografiche”.
Su quest’ultimo aspetto, dalle prime indiscrezioni pare che le riaperture sarebbero differenziate in relazione alla diffusione dei casi in tre macro-aree: Nord, Centro e Sud.
Per questo la Fondazione GIMBE ha messo a punto un modello di analisi dinamico per orientare le decisioni di Governo e Regioni, troppo spesso concentrate sulle variazioni giornaliere che alimentano facili ottimismi sui tempi di riapertura e sottostimano i rischi in aree con pochi casi ma ad elevata prevalenza.
Il modello ha diviso le regioni italiane in quattro categorie contrassegnate da un colore diverso a seconda della gravità della situazione.
MAPPA DEL RISCHIO PER REGIONI E PROVINCE
Utilizzando come “spartiacque” i valori medi nazionali di prevalenza e incremento percentuale le Regioni si posizionano in un grafico suddiviso in quattro quadranti che rappresentano: la zona verde è l’area “fredda”, con bassa prevalenza e basso incremento %; la zona arancione è l’area in corso di “riscaldamento”, con una prevalenza ancora bassa ma un incremento percentuale elevato; la zona rossa è l’area “calda” caratterizzata da alta prevalenza che viene alimentata dall’elevato incremento % dei casi; e infine la zona gialla che è l’area in corso di “raffreddamento”, caratterizzata da un’alta prevalenza alimentata nelle settimane precedenti e da un incremento percentuale in corso di riduzione.
Ma quali sono i livelli di rischio che il modello porta a galla?
Dall’elaborazione dei dati della settimana dal 12 al 19 aprile, emerge che gli incrementi percentuali dei contagi sono ancora alti in quasi tutte le altre regioni.
“Questo modello – continua Cartabellotta – non ha l’obiettivo di stilare una classifica tra Regioni, ma solo di posizionarle e monitorarle nel tempo rispetto alla media nazionale di due variabili che condizionano l’evoluzione dell’epidemia“, ovvero la prevalenza e l’incremento percentuale.
La prevalenza misura la “densità” dei casi confermati nella popolazione e rappresenta anche una stima indiretta dei contagi non noti, mentre l’incremento misura la “velocità” con cui si diffonde il virus.
Ecco, la distribuzione delle Regioni secondo il modello GIMBE, dimostra che ad oggi la suddivisione del Paese in tre macro-aree (Nord, Centro, Sud), così come pianificata dai decisori politici, non riflette il rischio di evoluzione del contagio.
In particolare le conclusioni del modello dinamico evidenziano che le Regioni del Nord, compresa la Liguria, si posizionano quasi tutte nei due quadranti di destra (rosso, giallo) per l’elevata prevalenza, ma presentano diversi valori di incremento percentuale: dal 12,2% di Lombardia ed Emilia-Romagna al 26,4% del Piemonte. Il Friuli-Venezia Giulia si colloca invece nell’area verde.
Quelle del Centro si collocano quasi tutte nei due quadranti di sinistra (arancione, verde) con incrementi percentuali che vanno dal 2,2% dell’Umbria al 18,8% del Lazio, però le Marche si collocano nell’area gialla.
Infine, le Regioni del Sud, comprese le isole, si trovano tutte nel quadrante verde, ad eccezione della Puglia che si posiziona nel quadrante arancione con un incremento percentuale del 18,1%.
Quindi? “In generale la fotografia scattata a 2 settimane dalla possibile riapertura non è affatto rassicurante perché gli incrementi percentuali negli ultimi 7 giorni sono ancora molto elevati anche nelle Regioni che si trovano nel quadrante verde, fatta eccezione per l’Umbria”, risponde Cartabellotta che poi lancia al Governo la proposta di adottare il modello dinamico elaborato dalla Fondazione: “Al di là delle indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni, i criteri con cui il Governo ridisegnerà la mappa dell’Italia per l’avvio e il monitoraggio della fase 2 non sono ancora noti. Il modello proposto dalla Fondazione GIMBE permette di applicare la stessa unità di misura a livello nazionale, regionale e provinciale, sia al fine di consentire una personalizzazione degli interventi di allentamento o restrizione, sia di evitare valutazioni locali finalizzate a improprie fughe in avanti che rischiano di danneggiare la salute pubblica”.
st
Leggi anche:
https://fivedabliu.it/2020/04/23/fase2-coronavirus-contagi-decessi-fondazione-gimbe-covid-19/
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.