Milano – Mentre il mondo esterno discute dell’ultimo decreto, che dovrebbe avviare la cosiddetta Fase 2, in carcere prosegue la fase 1. Sono 21 al momento i detenuti risultati positivi al virus nelle carceri milanesi (più altri 3 in Lombardia), mentre 122 ristretti sono stati posti in isolamento precauzionale. Numero che raddoppia se ci si riferisce all’intero suolo regionale. Sono gli ultimi dati che ha comunicato oggi il provveditore dell’amministrazione penitenziaria lombarda, Pietro Buffa, sentito in videoconferenza dalla sottocommissione carceri del Comune di Milano.
Per far fronte alla situazione si è deciso di organizzare un reparto covid all’interno del carcere di San Vittore, il carcere più problematico perché – come ha spiegato Buffa – “non ha celle singole ma multiple”. Di contro, il penitenziario che sorge nel centro della città, ha “un centro clinico strutturalmente migliore” e, dal giorno della rivolta, ha visto la sua situazione interna migliorare nettamente, grazie al minor affollamento delle celle.
Quando, il 9 marzo scorso scoppiò la rivolta che portò i detenuti sui tetti, San Vittore custodiva 950 persone, al punto che “non c’era più neppure una branda disponibile” – ha spiegato il suo direttore Giacinto Siciliano. Da allora “Abbiamo avuto la necessità di ridurre la presenza con provvedimenti deflativi e alcuni trasferimenti e, nel momento in cui la presenza si è ridotta di circa 200 unità rispetto all’inizio, questo ci ha consentito di gestire al meglio le situazioni di positività” – ha proseguito. Attualmente i detenuti sono 693 uomini e 63 donne, 4 delle quali con figli. Qui le scarcerazioni sono avvenute in base alla legge 199/2010, che consente di scontare a casa l’ultimo anno di condanna, e revocando le custodie cautelari.
Più tranquilla la situazione nel carcere di Opera a detta del suo direttore, Silvio di Gregorio, dove la consapevolezza del rischio avrebbe generato comportamenti responsabili da parte di tutti. Opera non ha avuto detenuti positivi, ma ha perso per il virus un agente di polizia penitenziaria.
Infine nella casa di reclusione di Bollate, da anni considerato istituto modello, dal 10 marzo al 10 aprile sono state effettuate 220 scarcerazioni, portando il numero dei reclusi a quota 1171. Qui – ha relazionato la direttrice Cosima Buccoliero – sono proseguite le attività lavorative interne al carcere, mentre coloro che, in articolo 21, potevano uscire per lavorare, hanno perso il posto a causa della crisi.
Nei penitenziari sono ancora in vigore le limitazioni alle visite dei parenti e per il momento non si parla ancora di modificarle, ma in previsione di una ripresa dei colloqui – ha concluso Buffa – occorrerà organizzarsi per prevenire l’ingresso del virus in carcere: “Siamo al lavoro con le indicazioni che ci dà la sanità regionale … ma sono tutte iniziative che tendono alla limitazione del rischio, non all’annullamento.”
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