Le regole del caos e la libera interpretazione del distanziamento fisico

“Conte non rilascerà dichiarazioni alla stampa”

Lo sapevamo già ieri sera, e sapevamo che non ci sarebbe stato il punto stampa. Era anche noto che i contributi foto e video sarebbero stati inviati a tutti entro le 12.00.
Ma esserci era importante, anche solo per rivedere i colleghi e rammaricarsi di chi non c’è più o gioire per chi è tornato a casa sano e salvo.
È quello che è successo stamattina con l’ennesima “tonnara”, l’ordinaria amministrazione di quando arriva un “romano” o parla un amministratore delegato nei giorni successivi al crollo del Morandi, il 14 agosto 2018 e non il 15 come erroneamente riportato da un politico in odore di rielezione. Chi si aspettava che le cose cambiassero con l’obbligo del distanziamento fisico (parlare di distanziamento sociale comincia a impaurirmi un po’) e che non si verificassero ammucchiate indecenti non conosce bene i meccanismi del giornalismo per strada.
Ma andiamo con ordine.

La comunicazione politica

Oggi la politica non ha così bisogno dei giornali. La comunicazione viene fatta attraverso i social direttamente dall’amministratore di turno che si fa le dirette, si fa le domande e si risponde, riceve i quesiti direttamente dai suoi fan e soddisfa le esigenze “della curva” con il lessico adatto al livello degli elettori. Incursioni esterne dei detrattori non sono gradite e la pena per lo sgarro va da “zecca rossa”, a “siete sempre a rosicare”, per terminare, in base all’appartenenza politica, a “tornate nella fogna” o “appesi a testa in giù”. Che per carità, il lessico duro da piazza ci sta, ma in piazza o in corteo. Non su un social che, nato per rimorchiare, è stato trasformato nel sito istituzionale per la politica 4.0.

Fare le domande, ma solo quelle giuste

Le domande si possono fare, solo quelle giuste, quelle gradite. Le altre, quelle fatte per capire, per approfondire, magari un po’ provocatorie, sono foriere di reazioni a volte scomposte. Ricordo una frase detta da Claudio Burlando a un giornalista di una televisione privata a margine di una conferenza stampa. La frase che creò scompiglio fu: “Farete una brutta fine”. Cosa intendesse Burlando non l’ho mai capito, certo che l’uscita infelice fu la fortuna del giornalista che la cavalcò, giustamente, per un po’ di tempo.
Le cose sono cambiate? Un po’ forse sì, perché a fronte di domande scomode, insomma quelle difficili, la reazione è la “non risposta”. Non l’ormai famosa “next question, please” di Marco Bucci, che almeno era una risposta che poteva valere il “no comment”, ma il silenzio, tombale.
Sono settimane che aspettiamo delle risposte a domande precise da ASL 3, che ricordiamo essere un ente pubblico, e dalla giornalista dell’ufficio stampa, pagata con denaro pubblico, che ignora le richieste di informazioni inviate via mail.

Io sono io e tu non sei …

Chiedere un’intervista ed essere completamente ignorati o apostrofati con un “il Presidente” è molto impegnato, dopo di che il nulla, non mi era ancora capitato. In tempi di Covd-19 è successa la stessa cosa con un ormai noto professore del San Martino a cui abbiamo chiesto un ‘intervista telefonica.  L’addetto stampa ci rispose che era molto impegnato e non si poteva fare. Poi è diventato famoso, molto social e prodigo di interviste. Di recente abbiamo scoperto da un assessore comunale che esistono “liste nere” e quindi immaginiamo di esserci finiti dentro.

Le ammucchiate, o come le chiamiamo in gergo: “Le tonnare”

Succedono ovunque, sono vergognose e lesive della dignità professionale di chi partecipa a questi scempi. Stamattina è stato persino pericoloso per via dell’emergenza sanitaria. Normalmente pericoloso lo è perchè si rischia di prendere in faccia qualche telecamera e spesso qualche gomitata dai colleghi meno esperti o meno educati. Ovviamente gli operatori più in difficoltà sono quelli che hanno la camera broadcast che per le dimensioni è complicata da maneggiare durante le ammucchiate selvagge. Il giorno che decideremo di sottrarci a questa barbarie forse risolveremo il problema. Quindi, per chiudere, mi meraviglio di chi ha commentato con stupore quello che è successo stamattina. Chi deve portare il lavoro a casa ha poca scelta, e parlo soprattutto di chi lavora per piccole testate e non è tutelato.

Statevene a casa e copiate dei comunicati

Vi piacerebbe eh?
La visione ideale è questa: l’ufficio stampa manda il comunicato (quasi sempre irricevibile per la quantità di propaganda di cui è intriso), il giornalista  lo prende, lo mette in pagina con foto e pubblica.
Il tutto senza controllare perchè la mail è istituzionale e quindi attendibile, d’altronde è una fonte primaria.
Ma Ahimè, il giornalismo è fatto di gente che si fa un milione di domande, che fa visure camerali (strumento mirabile), fa domande scomode e rileva i fatti come li vede e cerca i riscontri.
Poi mi ricordo che l’Italia è al 77° posto per la libertà di stampa e mi faccio qualche domanda.

fp

Ti potrebbe interessare anche

Dall’Olimpo ai social: e il politico si fece uomo

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.