Tra Coronavirus e celebrazioni per il nuovo Ponte sul Polcevera, Atlantia ha lanciato al Governo una soluzione per non perdere la concessione del suo bancomat, la rete autostradale Italiana. Ma se la cronaca la fa da padrona e rappresenta la memoria a breve termine nelle vicende complicate come questa, per capire come è iniziata questa storia bisogna fare un salto indietro.
Abbiamo ripercorso i passi della privatizzazione nel nostro articolo Svenduta. Il lungo “Black Friday” delle privatizzazioni in Italia: “L’acquisizione di Autostrade fu un affare d’oro per la famiglia Benetton, iniziato con il Governo D’Alema e concluso con Berlusconi. Nel 1999 la Edizione S.r.l., holding della famiglia di Ponzano Veneto, si aggiudica il 30% della controllata dell’IRI attraverso una“scatola finanziaria” costituita ad hoc, la Schemaventotto S.p.A., che investe nel business 2,5 miliardi di vecchie lire masi indebita per 1,2 miliardi.
Ricordiamoci di questa cifra.
Quella dei Benetton è l’unica offerta vincolante d’acquisto per il pacchetto azionario che perviene all’IRI perché la seconda cordata, guidata dalla banca d’affari australiana Macquarie Group Limited, si ritira all’ultimo. Una seconda tranche di acquisizioni va in porto nel 2003 quando Schemaventotto lancia un’Offerta Pubblica d’Acquisto da 6,45 miliardi di euro attraverso una “società veicolo”, la Newco28, e si aggiudica il 54% di Autostrade.
Per ottenere la liquidità necessaria, la Newco28 si rivolge al sistema creditizio quindi, a seguito di una fusione per incorporazione, trasferisce ad Autostrade tutto il debito contratto per acquistarla. Alla fine del gioco, con gli incassi da pedaggi cresciuti del 21%, tra il 2000 e il 2009 Schemaventotto preleva da Autostrade 1,4 miliardi di euro di dividendi e ne colloca in Borsa il 12%, con un incasso di altri 1,2 miliardi.
Fanno 2,6 miliardi di euro. La famiglia Benetton rientra del debito.
Oggi Autostrade è controllata al 100% da Atlantia S.p.A. di cui i Benetton detengono la maggioranza azionaria – il 30,25% – attraverso Sintonia S.p.A., subholding di Edizione S.r.l.“.
E tutta l’operazione fu fatta a debito, in un paese, l’Italia, che vanta un sistema bancario che è più vicino a quello ottocentesco che a quello che servirebbe a un mondo proiettato verso il precariato istituzionalizzato. Probabilmente le garanzie di cui godeva la famiglia Benetton non erano di natura economica ma politica.
Ma torniamo alla stretta attualità. In questo momento in cui i riflettori sono accesi sull’emergenza Covid-19, arriva l’offerta da 2,9 miliardi di euro da ASPI, controllata di Atlantia, che per allontanare definitivamente l’ipotesi di perdere le concessioni autostradali aggiunge al piatto anche riduzioni tariffarie e contributi per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per un valore di 1,5 miliardi di euro, e un incremento di 700 milioni di euro per la manutenzione fino al 2023. Poi altri 600 milioni per la ricostruzione del nuovo viadotto sul Polcevera di cui Salini-Impregilo e Fincantieri hanno ultimato la struttura. Siamo certi che se sarà necessario di soldi ne arriveranno ancora.
Un segnale che l’accordo con il Governo per mantenere le concessioni è più che un’ipotesi, è il grande recupero in borsa di Atlantia nel mese di aprile 2020.
Atlantia paga, e la politica potrà dire di aver fatto ridurre le tariffe, argomento che da sempre affascina l’opinione pubblica. Così tra fanfare, inni, bandiere, celebrazioni, discorsi e assembramenti, la vita scorre via… Per sempre quella delle 43 vittime finite giù dal Morandi.
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