Bruxelles – I superstiti e le famiglie delle oltre mille vittime del naufragio della nave ‘Al Salam Boccaccio 98’, avvenuto il 3 febbraio 2006 nel Mar Rosso, potranno chiedere un risarcimento dei danni a Rina SpA e all’Ente Registro Italiano Navale, che hanno classificato e certificato la nave battente bandiera panamense. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue nella sentenza relativa alla richiesta di chiarimenti inoltrata alla Corte dal Tribunale di Genova.
Nel 2013 alcuni superstiti e familiari delle vittime si erano rivolti alla giustizia italiana ritenendo che all’origine del naufragio vi fossero le operazioni di certificazione e di classificazione della nave effettuate dai due organismi con sede a Genova. Rina SpA e l’Ente Registro Italiano Navale, dal canto loro, affermavano di aver agito in qualità di delegati della Repubblica di Panama, chiedendo di far valere l’immunità giurisdizionale. L’intento era quello di essere giudicate a Panama.
Alla fine la Corte ha concluso che le operazioni realizzate da queste società, che sono private e hanno scopo di lucro, non si possono considerare come compiute nell’esercizio di prerogative degli stati nazionali e quindi l’immunità giurisdizionale è esclusa.
Il Rina, che in una nota stampa di questo pomeriggio “ribadisce e conferma la correttezza del proprio operato” , sottolinea che la Corte del Lussemburgo si è espressa sulla questione di carattere processuale dell’individuazione della giurisdizione competente e che “ogni valutazione nel merito della vicenda resta del tutto estranea al giudizio”.
Al contrario, parlano di sentenza “innovativa” e “importantissima”, in grado di “cambiare l’intero sistema dei controlli e delle certificazioni a livello internazionale” gli avvocati torinesi degli studi legali Ambrosio & Commodo e Bona Oliva, che hanno attivato l’azione legale e che hanno recuperato personalmente i reperti necessari per fare luce sul naufragio.
A chiedere un indennizzo sono centinaia fra sopravvissuti e parenti delle vittime: “La Corte – spiegano gli avvocati Marco Bona e Stefano Bertone – ha affermato che le società di certificazione, essendo società private che operano a scopo di lucro in regime di concorrenza, non esercitano le loro attività in forza delle prerogative degli Stati nazionali. La conseguenza è che sono soggette alle regole ordinarie”.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta