La noia durante il lockdown è diventato uno degli stati emotivi più diffusi: così è stato per circa 3 ragazzi su 5. Lo si capisce dalle risposte date dai 5.308 giovani – di età compresa tra i 14 e i 20 anni – che hanno partecipato durante il periodo di lockdown a una ricerca svolta da Università di Firenze insieme a Skuola.net per conto di Generazioni Connesse, sotto il coordinamento del Ministero dell’Istruzione.
Per il 33% di loro, infatti, ricreare una sorta di quotidianità durante la pandemia è stato un compito estremamente difficile. A cui si aggiunge un 26% che ha fatto abbastanza fatica a riempire il tempo, per così dire, libero. Da qui questo senso di ‘vuoto’. Solo nella tecnologia hanno trovato un valido alleato, senza il quale sarebbe stato tutto ancora più duro. La connessione Internet è stata lo strumento indispensabile per restare in contatto col mondo.
Negli ultimi due mesi, pur partendo da basi già elevate, il numero di ore che i ragazzi hanno passato online è letteralmente lievitato: il 25% dice di essere stato sempre connesso (per capire meglio l’importanza del dato basti pensare che in una precedente rilevazione sul tema, datata gennaio 2020, gli “iperconnessi” erano appena il 7%). La fetta più consistente (54%), però, continua a essere quella che ha trascorso online tra le 5 e le 10 ore al giorno (anche qui l’aumento in poche settimane è stato notevole, più che raddoppiato: a gennaio erano il 23%).
La maggior parte del tempo è stata, ovviamente, assorbita dalle attività di didattica a distanza: il 24% è rimasto connesso con la scuola in media 3 ore al giorno, il 26% si è assestato sulle 4 ore, il 20% sulle 5 ore, il 18% è andato anche oltre. Il resto, come prevedibile, è stato in gran parte impiegato per cercare di mantenere vivi i legami lasciati, loro malgrado, fuori dalla porta di casa.
Gli amici e i compagni di classe si sono piazzati nettamente al primo posto: il 65% afferma di essere rimasto in stretto contatto con loro (il 31% dichiara di averli sentiti spessissimo). Decisamente più indietro i contatti con i parenti che non abitano sotto lo stesso tetto: solo il 35% del campione ha avuto frequentazioni assidue anche con i familiari, la maggior parte si è limitato al minimo indispensabile. Il fatto di riportare sentimenti di noia non significa che i ragazzi non approvino le norme sul distanziamento, anzi: per quasi 9 su 10 le decisioni prese sono state utili per contenere la diffusione del virus (per il 29% molto, per il 57% moltissimo). Anche per questo, contro qualche pronostico della vigilia, la quasi totalità di loro ha affrontato il lockdown con grande disciplina. Ad aiutarli a sopportare questa condizione di ‘reclusione’ potrebbe aver contribuito il contesto abitativo: il 61% ha in casa una stanza tutta per sé dove potersi isolare all’occorrenza, il 43% può sfruttare un balcone o un terrazzo (il 32% può contare anche su uno spazio verde); solo il 7% vive in situazioni poco agevoli.
Altro elemento che, infine, li potrebbe aver spinti ad accettare senza riserve la quarantena è stata la questione sanitaria, assieme a un senso di preoccupazione per i propri cari. Dalle risposte raccolte emerge, infatti, che la maggioranza dei partecipanti mostra di aver paura della malattia. Non tanto per sé stesso (solo il 17% dice di essere preoccupato “molto” o “moltissimo” di ammalarsi ) quanto per genitori e parenti stretti (il 67% ammette di essere “molto/moltissimo” preoccupato che loro, sì, possano contrarre il virus). Normale che, con uno stato d’animo del genere, l’angoscia e il turbamento siano i due sentimenti più presenti dopo la noia: sentiti da ben 4 adolescenti su 10.
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