Solo cose belle

Mi sono dilettato di poesia scrivendone addirittura due sul difficile momento politico decisionale del centrosinistra potenziale alleato dei CinqueStelle a ribadire a Genova, città’ laboratorio e in Liguria, l’alleanza del governo giallorosso. La prima ermetica, in omaggio a Edoardo Sanguineti, nel decennale della morte, per l’appunto: “ERMETICA TRATTATIVA ROMANA

Candida candidite,
candidati conditi
con data incerta,
con dotta incuria.

Conciliaboli inconcludenti
con dialettica intemerata
con dilatoria inaccortezza,
con disapprovazione inaudita,
con distorsioni involontarie,
con destrezza inappropriata.

Concludendo,
‘na chiavica”.

Trilussa
Trilussa

La seconda con una leggera vena Trilussiana, beffardo poeta del popolino, visto che volenti o nolenti, nonostante tutti gli sforzi e le frenate locali, alla fine tutte le strade portano a Roma.
Percio’: “BALDANZE ROMANE

Rush finale
o forse no,
Blitz nella capitale
Nello spazio di un ohibò
Si decide il candidato
C’ho creduto per un po’
Poi, che vuoi, mi so’ estraniato
La fiducia e la pazienza
già m’avevan abbandonato
Come fosse ‘na sentenza
Quest’affar del candidato
Mi crea crisi di coscienza
Trattar col pentastellato
è questione senza fine
se il voler non è adeguato
Se chiarir devi le linee
E poi sceglier l’uomo giusto
è proceder sulle mine
Esplosioni di disgusto
constatando che il rinvio
è motivo di trambusto
Questo cari è il pensiero mio
le baldanze giallorosse
piomban  tosto nell’oblio”.

Ancora prima avevo pubblicato un post sulla possibile polverizzazione del voto del centro sinistra in attesa dell’ufficializzazione del candidato indicato dal cartello dell’alleanza fra progressisti e pentastellati: “Alice, Ariel, Aristide, Elisa e Ferruccio. La chiamavano frammentazione.

Dai che la frittata è fatta.  Alice, Ariel, Aristide, Elisa e Ferruccio in uno storico tutto contro tutti, mentre sull’altra barricata  si godono lo spettacolo.

Tafazzi

Mi preparavo ad assistere allo spettacolo, insomma, con la mia bella cavagna di popcorn. Pochi giorni prima in un articolo firmato con il mio solito pseudonimo, Giona, avevo parlato della curiosa attitudine del campo progressista a frantumarsi, anzi, ad autoflagellarsi all’altezza degli attributi, sempre che se ne sia in possesso, con quel gesto di Tafazziana memoria. Curiosa attitudine che con il passare del tempo, dalla “gioiosa macchina da guerra” del segretario Achille Occhetto con cambio di targa da PCI a PDS e sconfitta contro Berlusconi nelle politiche del 1994, la sinistra e il suo partito principe nonostante le evoluzioni sillabiche, si sono curati di cercare sempre di perseguire.

E mi ero servito della legge di Murphy, quella che dice “Se qualcosa può andar male, lo farà”, per avvertire amici e compagni che stavano per infilarsi in un ginepraio  e in un vicolo cieco. Corredato anche, l’assioma, dai suoi dieci corollari, da postulati, chiose e postille.

Persino la copertina adatta avevo trovato. Quella di un libro satirico edito da Longanesi dal titolo: “La legge di Murphy per la sinistra se qualcosa può andare a destra lo fara’”. A cura di Luigi Spagnol, Arthur Bloch, con 40 disegni di NIccolo’ Barbiero. E nella controcopertina alla legge di Murphy accludeva l’estensione di Luiso, ovvero: “Se qualcosa può andare a destra, lo farà”. Il tutto in connessione con l’estensione di Kamar alla legge di Pudder: “Chi comincia a sinistra va a finire a destra. Chi comincia a destra va a finire ancora più a destra”. Il tutto condito con la legge di Greggio che suggerisce di aspettare sulla riva del fiume: “Non fare niente contro il tuo nemico, siediti pazientemente sulla riva di un fiume. E un giorno vedrai passare il suo yacht”.

Insomma mi sembrava di essere stato prodigo di consigli e purtroppo non sono stato ascoltato. Anche perché la partenza in souplesse, tipo quella in cui si erano già  cimentati alle ultime amministrative, quelle per Tursi, già a suo tempo non aveva prodotto buoni risultati. Come se non bastasse sull’opposta barricata, quella del centrodestra il candidato governatore che ambiva a succedere a se stesso godendo della riconferma era in campo da parecchi mesi. Più o meno da quando aveva dolorosamente capito che il suo mentore Silvio Berlusconi, nonostante gli anni, non avrebbe passato la mano e che quindi avrebbe dovuto rimodulare le sue aspirazioni. Perciò era partito lancia in resta in una campagna elettorale infinita. Potendo usufruire, fra l’altro di una doppia visibilità, quella legata alle quotidiane conferenze stampa sul Covid-19 e quella per le comparsate in compagnia di Bucci con vista ponte di Genova.

E comunque, con la professione del “Tafazzianesimo” con la propensione per la setta di Murphy e dei suoi adepti, mi hanno dimostrato, i progressisti, che non avevo affatto torto. Sin da venerdì scorso, quando slittando di quindici giorni in quindici giorni si sarebbe dovuti arrivare al giorno della fatidica sentenza con indicazione del candidato dell’alleanza Pentastellati – Progressisti. Perché nel frattempo sul programma l’accordo era stato abbastanza veloce. Rimaneva soltanto da mettersi d’accordo sull’interprete principale. Unica raccomandazione: che non si trattasse di un rappresentante di un partito, ma di un esponente della società civile.

Aristide Massardo, Ariel dello Strolgo, Ferruccio Sansa

Perciò: un preside di facoltà, per inciso il primo che si rifiutò di trasferirsi agli Erzelli, un giornalista che ha pubblicato libri sulla cementificazione in Liguria attribuendone la responsabilità ai due Claudii, e un avvocato, purtroppo per lui giudicato troppo vicino all’apparato del Pd, il partito maggioritario della coalizione. Morale i due anelli deboli si alleano. Nell’ultimo incontro genovese, quello in cui avrebbe dovuto essere presa la decisione i rappresentanti pentastellati mettono Il giornalista nell’angolino e puntano decisi sul docente universitario. Il Pd, che ottimisticamente pensava di far approvare il nome del suo avvocato si arrocca.

E tutto viene congelato. Michela Bompani su “La Repubblica” di sabato la racconta così: ”Così, ieri sera, è arrivato uno scarno comunicato, firmato dal segretario Pd Farello, dal capogruppo comunale M5S, Luca Pirondini, e dal consigliere regionale Linea condivisa, Gianni Pastorino: “La commissione ristretta di Campo Progressista e Movimento 5 Stelle incaricata di istruire il lavoro finalizzato a individuare il candidato che possa rappresentare il programma dell’alleanza, ha deciso, in ragione della rilevanza nazionale e dell’unicità del percorso avviato in Liguria, di svolgere una riunione congiunta della commissione con i responsabili politici dei partiti e i movimenti dell’attuale perimetro dell’alleanza che sostengono il governo, per avere tutti gli elementi per giungere a una proposta competitiva e condivisa”.

Sala Rossa – Comune di Genova

Insomma, un’interpretazione in salsa genovese del Ponzio Pilato straordinariamente in voga in questa emergenza Coronavirus. Ci impongono o no di lavarcene le mani? E così sia.

Perciò sono andato a dormire con la mia riserva di pop corn. Attendendo l’enunciazione della fatidica sentenza del martedì notte. Proprio nello stesso giorno in cui tutta l’opposizione giocava sulla presenza/non presenza nella sala rossa di palazzo Tursi dove era prevista la votazione sulla mozione della Lega  che impegnava il sindaco e la Giunta a farsi portavoce a nome della città presso il Governo affinché il ministro alle infrastrutture si attivi a firmare l’avvio per i lavori della gronda”.  Qualcuno, strumentalmente, ha perfino sostenuto la partita a scacchi di due raffinati Richelieu contrapposti che in qualche modo tentassero rispettivamente di creare complicazioni al progetto di alleanza fra Pd e Cinque Stelle e chi al contrario ha inteso salvaguardarla non permettendo alle contraddizioni di esplodere in sala rossa. Insomma una buccia di banana quella mozione a cui era stata data la precedenza sulle altre che avrebbe costretto Pd e Italia Viva a schierarsi al fianco della maggioranza di centro destra insieme al gruppo misto, e alla lista Crivello. E, presumibilmente a votare contro il gruppo di Paolo Putti “Chiamami Genova” e il Movimento Cinque Stelle. Nel momento delicato della ripresa della trattativa una rottura su un tema come quello delle infrastrutture in cui anche all’interno del governo giallorosso si sono creati forti dissapori l’eventuale votazione della mozione di partiti non in maggioranza avrebbe potuto creare ulteriori difficoltà alla trattativa.

Alessio Piana – Presidente Consiglio Comunale Genova

Così tutti i consiglieri dei gruppi di opposizione hanno deciso di presenziare ma di non votare sventolando una ragione terza: “La mancanza di democrazia del Presidente del Consiglio Comunale. “Troppe volte i lavori sono funzionali all’interesse della maggioranza e della giunta piuttosto che a quelli della città, tutto ciò che viene proposto dalla minoranza, eletta anch’essa dai genovesi viene respinto”.  Segue la firma dei gruppi “Chiamami Genova”, “Italia Viva”, “Lista Crivello”, “Gruppo Misto/Ubaldo Santi”, “Movimento 5Stelle”, e Pd.

Tutto giusto, per carità. Il senso istituzionale vorrebbe che il presidente del consiglio comunale pur essendo un rappresentante della maggioranza tutelasse anche le minoranze. Probabilmente più e meglio del sindaco. Solo che il senso istituzionale da tempo in consiglio comunale latita. E tutto si gioca inequivocabilmente sui rapporti di forza. Perciò facciamocene una ragione anche se qualcuno ha osservato che il Pd e la lista Crivello non sappiano fare opposizione. E qualcuno meglio ha osservato che ad una scelta strumentale su un argomento all’ordine del giorno hanno risposto con una presa di posizione, magari strumentale. Il buon Niccolò Machiavelli sosteneva che in politica il fine giustifica i mezzi. Perciò il fine era preservare in qualche modo le possibilità di alleanza, una specie di cartina di tornasole  anche a livello nazionale per il Governo in carica.

Solo che poi ci deve essere stata una sorta di difetto di comunicazione. E quando tutto era apparecchiato per benino per scegliere, finalmente, il candidato proposto dal Pd, il partito maggioritario all’interno della coalizione, a Roma si è verificato il patatrac. Nella battaglia dei veti incrociati con eliminazione di Dello Strologo da una parte e di Aristide Massardo dall’altra, è riemerso Ferruccio Sansa, relegato, appena qualche giorno fa in un angolo dagli strateghi pentastellati. Del resto uno dei primi endorsement per il giornalista de “Il Fatto Quotidiano” era stato del vicepresidente del Pd, lo spezzino Andrea Orlando che in accordo con Vito Crimi dei Cinque Stelle ha restituito e avvallato la sua candidatura come sfidante di Toti, rimettendo tutto al segretario regionale del Pd Simone Farello. Che oggi ha rigettato la candidatura. E così si ricomincia la giostra dei quindici giorni. Intanto la data delle elezioni che è ancora da decidere si avvicina. C’è chi dice che Sansa non piacerebbe nemmeno alla totalità dei Cinque Stelle, c’è chi dice che una sua candidatura costringerebbe una fetta degli elettori del Pd a far convergere il loro voto sul centrondestra di Toti. C’è chi sostiene che se avessero accettato Dello Strologo i Cinque Stelle si sarebbero avviati ad un rapido declino, e chi calcola, a ragione, che a trarne giovamento saranno alla fine gli outsider. Da Alice Salvatore a Elisa Serafini, in rampa di lancio come candidata di Italia Viva. Non a caso le due uniche donne della partita. Almeno fino ad ora.

E mi piace tornare al al week end  in cui la decisione di fronte alle litigiosità dei progressisti liguri e dei Cinque Stelle è stata avocata a Roma. Il 7 giugno del 1984 è il giorno in cui Enrico Berlinguer, ultimo vecchio capo carismatico del PCI, venne colto da un ictus durante un comizio elettorale a Padova. Ricoverato in ospedale è sottoposto ad un intervento clinico d’urgenza morì quattro giorni più tardi, l’11 giugno di 36 anni fa. Come annotava sul suo profilo social Mario Tullo, ex parlamentare del Pd, in un post di lunedì.

Appena un giorno prima si era concesso un altro post su un libro di un altro capo carismatico Massimo D’Alema “Grande è la confusione sotto il cielo. Riflessioni sulla crisi dell’ordine mondiale, con un saggio introduttivo su la bufera del Coronavirus”. Titolo preso a prestito da Mao Zedong durante la rivoluzione culturale degli anni sessanta in Cina. Che, a dire il vero, si concludeva con… “La situazione, quindi è eccellente”. A questo punto non saprei proprio dire se la situazione sia eccellente o meno. Certo è che la confusione sotto il cielo sia grande.

Dalla politica, alta, bassa, media ci aspetteremmo solo cose belle. Dovremmo attendere ancora. Intanto Il nome di Ferruccio Sansa è stato rigettato. La segreteria regionale del Pd ligure ha ricusato il suo vicesegretario, ligure anche lui, di La Spezia. Di quindici giorni in quindici giorni aspetteremo il nuovo nome del candidato. Magari lasciando da parte l’esasperazione dei tatticismi. Speriamo siano…. solo cose belle. Come dice la locandina del film omonimo di Kristian Gianfreda: “Le cose belle prima si fanno e poi si pensano”

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.