Comincia così la dichiarazione del Presidente Mattarella che nel quarantesimo anniversario della strage di Ustica ricorda le 81 vittime del disastro del DC-9 Itavia sparito dai radar mentre volava da Bologna a Palermo.
LA NOTTE DELLA TRAGEDIA
Sono le 21:04 quando, chiamato per l’autorizzazione di inizio discesa su Palermo dove era previsto arrivasse alle 21:13, il volo non risponde. L’operatore di Roma continua a provare, lo fa chiamare anche da due voli dell’Air Malta, il KM153 che segue sulla stessa rotta, e il KM758S. Nessuno ottiene risposta.
L’aereo, sparito dai radar alle 20:59, in realtà si era squarciato in cielo per poi inabissarsi nel Tirreno tra Ustica e Ponza.
Alle 21:25 il Comando del soccorso aereo di Martina Franca assume la direzione delle operazioni di ricerca e allerta il 15º Stormo a Ciampino, sede degli elicotteri Sikorsky HH-3F del soccorso aereo.
Alle 21:55 il primo HH-3F decolla per incominciare a perlustrare l’area presunta del disastro.
L’aereo è dato per disperso.
Solo alle prime luci dell’alba cominceranno ad affiorare dall’acqua i primi detriti, i bagagli, e i cadaveri dei passeggeri. Ma non tutto sarà restituito dal mare: in una zona dove la profondità supera i tremila metri, si riusciranno a trovare solo 38 salme. Quanto al relitto sarà recuperato anni dopo con due operazioni distinte, una nel 1987 e l’altra nel 1991.
UNA STORIA DI DEPISTAGGI E VERITÀ MANCATE
È una storia senza colpevoli quella del DC-9 Itavia.
Una storia con una verità processuale stabilita dalla Cassazione, che in sede civile ha confermato che alla base del disastro aereo «è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile», ma che non ci dice chi lo abbia abbattuto in volo in quella notte dove nei nostri cieli si giocava alla guerra.
“Il quadro delle responsabilità e le circostanze che provocarono l’immane tragedia tuttora non risulta ancora ricomposto in modo pieno e unitario. Tuttavia molta strada è stata percorsa dopo che reticenze e opacità erano state frapposte al bisogno di verità, incomprimibile per una democrazia e uno Stato di diritto”, continua Mattarella che a noi fa venire subito in mente i buchi nei tracciati radar di Marsala e Grosseto che quella notte registrarono il volo del DC-9.
O le dichiarazioni introduttive al Procedimento Penale, che porta il numero 527/84 A G. I., dove gli stessi inquirenti denunciarono esplicitamente estesi depistaggi e inquinamenti delle prove: «Il disastro di Ustica ha scatenato, non solo in Italia, processi di deviazione e comunque di inquinamento delle indagini. Gli interessi dietro l’evento e di contrasto di ogni ricerca sono stati tali e tanti e non solo all’interno del Paese, ma specie presso istituzioni di altri Stati, da ostacolare specialmente attraverso l’occultamento delle prove e il lancio di sempre nuove ipotesi – questo con il chiaro intento di soffocare l’inchiesta – il raggiungimento della comprensione dei fatti […] Non può perciò che affermarsi che l’opera di inquinamento è risultata così imponente da non lasciar dubbi sull’ovvia sua finalità: impedire l’accertamento della verità. E che, va pure osservato, non può esserci alcun dubbio sull’esistenza di un legame tra coloro che sono a conoscenza delle cause che provocarono la sciagura ed i soggetti che a vario titolo hanno tentato di inquinare il processo, e sono riusciti nell’intento per anni».
E subito dopo: “Guarda, cos’è?”.
LA BACCHETTATA DI MATTARELLA AGLI ALLEATI
“La Repubblica e la tenacia e professionalità di uomini dello Stato hanno consentito di diradare nebbie; e ciò è stato possibile grazie anche alla determinazione e alla passione civile delle famiglie delle vittime e di quanti le hanno sostenute nelle istituzioni e nella società”, conclude Mattarella che poi bacchetta gli alleati: “Non può e non deve cessare l’impegno a cercare quel che ancora non appare definito nelle vicende di quella sera drammatica. Trovare risposte risolutive, giungere a una loro ricostruzione piena e univoca richiede l’impegno delle istituzioni e l’aperta collaborazione di Paesi alleati con i quali condividiamo comuni valori. Il dovere della ricerca della verità è fondamentale per la Repubblica”.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.