Camorra a Roma: bastonata agli affari di famiglia del clan Senese

IN AZIONE IN 200 TRA FINANZIERI E POLIZIOTTI. PERQUISIZIONI TRA ROMA, NAPOLI, MILANO, VERONA, FROSINONE E L’AQUILA

Roma – Estorsione, usura, riciclaggio, autoriciclaggio. Tutti eseguiti con “l’aggravante di aver agito con metodo mafioso agevolando la galassia criminale della camorra campana“.

Sono questi i reati contestati a 28 esponenti della famiglia Senese “che a partire dagli anni ottanta si è delocalizzata anche nel Lazio e in altre regioni italiane”, più volte coinvolta in indagini di criminalità organizzata, e guidata dal noto pluripregiudicato Michele SENESE, detto “Michele o’ pazz”, attualmente detenuto presso la casa di reclusione di Catanzaro, dove sta scontando una condanna come mandante dell’omicidio del “boss della Maranella” Giuseppe Carlino.

IL GRUPPO “SENESE”
Il “gruppo SENESE”, di origini napoletane e storicamente collegato al clan “MOCCIA” di Afragola, si è insediato stabilmente a Roma negli anni ’80, dove è riuscito ad affermarsi tra le più influenti realtà criminali capitoline, dedicandosi principalmente al traffico di stupefacenti, alla gestione delle piazze di spaccio e al riciclaggio.

La Capitale dunque è diventata il centro nevralgico per tessere relazioni e contatti con tutto il territorio nazionale e controllare le attività illecite. Da qui la famiglia ha costruito un sistema criminale organico, strutturato e collaudato, che ha potuto contare innanzitutto sul ruolo di Michele Senese che ha continuato a coordinare anche dal carcere le attività illecite della famiglia stabilendo la strategia criminale. Tutto questo attraverso messaggi criptici trasmessi ai familiari durante i colloqui, in particolare con il figlio (Vincenzo Senese, classe ’77) e la moglie (Raffaela Gaglione, classe’59).
In almeno due occasioni, il detenuto si è scambiato le scarpe con il figlio, senza farsi notare dal personale di vigilanza della prigione.

L’organizzazione familiare si è basata poi sul supporto di Angelo Senese, fratello di Michele, subentrato nel controllo degli affari di famiglia in occasione del periodo di detenzione del fratello e soprattutto dopo l’uccisione dell’altro fratello, Gennaro.

La loro notorietà negli ambienti criminali ha consentito di muoversi liberamente senza bisogno di ricorrere con frequenza alla violenza. È stato accertato come fosse sufficiente spendere il nome della famiglia per caricare di forza intimidatrice la condotta illecita perpetrata.

LE INDAGINI
Le indagini partono nel 2017, dall’arresto del latitante Carlo Zizzo, e si concentrano sulla ricostruzione minuziosa sia dei fatti delittuosi sia dei canali di investimento usati dalla famiglia per “ripulire” e far “fruttare” le ingenti somme di denaro accumulate nel tempo. Parte del denaro è stato ritrovato nascosto in luoghi non convenzionali, spesso ricavati all’interno degli immobili di famiglia.

Per dissimulare la provenienza illecita dei soldi, i Senese facevano investimenti nelle attività di imprenditori collusi, o utilizzavano l’intestazione fittizia per immettere il denaro sporco nel sistema finanziario mediante falsi contratti di prestito o finanziamento.
Una strategia ben pianificata per fare business dove ci sono maggiori opportunità di profitto.
Le indagini hanno anche appurato che la famiglia ha investito oltre 230.000 euro in note attività di ristorazione della Capitale, come ad esempio “Da baffo” e “Da baffo 2”, in un importante stabilimento caseario di Latina e in diverse aziende di abbigliamento di Frosinone e Verona (V.E.M Srl, La Manila Srl, e B.M.D. Moda Srl).

I SEQUESTRI
Con l’operazione di stamattina, alla famiglia Senese sono stati sequestrati beni per oltre 15 milioni di euro, parliamo del complesso aziendale di 10 società, tra cui 4 società attive nella ristorazione (tutte con sede a Roma), 5 nel commercio all’ingrosso e dettaglio di abbigliamento (ubicate a Frosinone Verona, Milano, Brescia e Bergamo) e 1 caseificio (con stabilimento a Pontinia, in provincia di Latina). Poi 5 unità immobiliari (quattro in provincia di Milano e una a Napoli ), e infine anche un’ imbarcazione da diporto.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.