L’uomo del vaffa

Beppe Grillo

La gestualità di Beppe

Ci sono gesti che colpiscono l’immaginario collettivo destinati a restare nella storia. Specie in quella qualunque di uomini qualunque. Il “vaffa”, per esempio lo ha sdoganato in politica proprio Beppe Grillo, facendone un’azione di rivolta estrema contro la “casta” della politica, una sorta di mimica contro la “Roma ladrona” memoria d’antan degli uomini di Alberto da Giussano, riportato un po’ più avanti nel tempo con la gestualità cabarettistica del vate di Sant’Ilario detto l’elevato. Sino all’invenzione del vaffa day.
Però esiste da sempre quel vaffa, reinterpretato e riconvertito a seconda delle latitudini. Negli Stati Uniti, per esempio e il vaffa è irrinunciabilmente il fuck off che ne ha il medesimo significato ma cambia del tutto nella gestualità. Molto più scenica la nostra rotazione della mano, avambraccio e braccio oltre la schiena, più diretto e perfetto per la lingua anglosassone che è stringata in tutto il dito medio ritto e proteso verso l’alto. Provate un po’ a sillabare vaf-fan-cu-lo….  accompagnando opportunamente con mano braccio e avambraccio, probabilmente più liberatorio. Ma quanto risulta più diretto e istantaneo il Fuck off, con la simbologia di quell’erizione del medio verso l’alto.

L’ombrello di Albertone e le corna di Leone

Poi c’è, sempre, italianissimo, il gesto dell’ombrello; quello rivolto da un giovanissimo Alberto Sordi, protagonista de “i vitelloni”, in transito a bordo di un’auto, a un gruppo di operai al lavoro regolarmente appiedati. Ma ci sono anche le corna, quelle con indice e mignolo della mano destra sollevati. Celebri quelle di Vittorio Gassman ne “Il sorpasso”, ancor più celebri quelli del presidente napoletano Giuseppe Leone, esibite a scopo di scongiuro durante una visita nel settembre del 1973 all’ospedale di Napoli dove erano ricoverati i contagiati dal colera.

A me, per esempio, tanto per continuare con  il vaffa piace ritornare indietro di quasi cinquanta anni. Al gesto di Giorgione Chinaglia mastodontico centravanti laziale, soprannominato dai tifosi biancazzurri Long John, rivolto a Ferruccio Valcareggi, il suo allenatore, c.t. della nazionale, dopo una sostituzione. Era il 1974 nel corso di Italia-Haiti incontro dei mondiali di Monaco. Ma tutto venne sanato negli spogliatoi subito dopo. Ricorda il figlio di Ferruccio Valcareggi a parecchi anni di distanza: “Nonostante i media per tanto tempo abbiano sottolineato lo screzio tra Giorgio Chinaglia e mio padre Ferruccio, quel gesto venne subito sanato con un abbraccio e le scuse. Avvenne a Monaco, ai Mondiali del 1974, nella gara contro Haiti. Al momento della sostituzione, con un plateale gesto del braccio mandò a quel paese papà, poi entrò negli spogliatoi e spaccò tutte le bottiglie. Ma quando a fine gara mio padre rientrò negli spogliatoi Chinaglia si avvicinò a lui e lo abbraccio chiedendogli scusa per quel vaffa…. Fu un bel gesto che mio padre apprezzò”.

Sandro Mazzola

I ricordi del Baffo

Stesso episodio altra angolazione Guglielmo Buccheri il 2 aprile 2012 per “La Stampa” intervista Sandro Mazzola e scrive: “Sandro Mazzola, c’è un’immagine che racchiude l’avventura azzurra di Giorgio Chinaglia e che fece il giro del mondo in un niente. Giugno ‘74, Mondiali in Germania: in campo Italia ed Haiti, poi nel cuore della ripresa…

«Il ct Valcareggi decise il cambio. Fuori il laziale, dentro Anastasi. E Chinaglia che manda a quel paese un po’ tutti, allenatore in testa».

Cosa accadde dopo?

«Ricordo che eravamo in albergo, un grande albergo immerso in un grande parco. Era sera, io leggevo in camera quando bussò Valcareggi per chiedermi se avessi visto Chinaglia. Girammo tutte le stanze, niente. In un attimo ci trovammo con i compagni in giardino per cercarlo: Giorgio si era addormentato sotto un albero».

Fece pace con il ct?

«La mattina dopo a colazione era come se nulla fosse accaduto».

Che clima c’era nella vostra Nazionale?

«C’erano due gruppi che non comunicavano fra loro. Io facevo parte dei vecchietti, di quelli che non volevano mollare di un metro, Chinaglia era dall’altra parte, fra i giovani emergenti e lui ne era la migliore espressione. Non c’era dialogo fra noi e non poteva esserci se non in campo, perché avevamo mire ed obiettivi diversi da difendere».

Le doti di Giorgione?

«Abile con entrambi i piedi. Un giocatore di razza, tecnico e potente allo stesso tempo».

E in fatto di temperamento?

«Vulcanico, imprevedibile. Direi potente in ogni sua espressione».

Perché in azzurro fallì come tutti ai Mondiali in Germania e, poi, non seppe più rialzarsi?

«Ci fu il cambio tecnico, evidentemente le cose non andarono come avrebbe voluto».

Dalla Nazionale al campionato. Quando vi incrociavate che duelli uscivano?

«Uno me lo ricordo, fu divertente. Eravamo a Milano, la mia Inter contro la sua Lazio. Sotto la tribuna tolsi il pallone dai piedi di D’Amico, mi trovai davanti Chinaglia e lo beffai con un tunnel. Lui cosa fece? Tirò un calcio nel sedere al compagno di squadra D’Amico, quasi a voler trovare un colpevole per quella brutta figura che gli avevo fatto fare proprio sotto gli occhi dei tifosi della tribuna»”.

Giorgio Chinaglia

Long John e mister Bucci, gli americani

Già, Giorgione Chinaglia, casualmente anche lui un po’ americano come il nostro sindaco Marco Bucci. Probabilmente poco diplomatico, esattamente come lui.
Ma nel calcio i vaffa si sprecano. Prendete per esempio quello di Maurizio Sarri, allora ancora allenatore del Napoli, finito alla gogna per aver mandato a quel paese una giornalista dopo una domanda che lo aveva indisposto. E la polemica prende subitola duplice veste perché Sarri viene criticato per il nervosismo e la risposta poco educata, sessista visto che sinera rivolto in quel modo ad una giornalista.

Il primo cittadino è mio amico

Che poi, sempre in tema, c’è quella splendida interpretazione musicale sempre dell’Albertone nazionale, poi rinverdita da Gigi Proietti che fa in tono interrogativo “Ve c’hanno mai mannato a quel paese”. E prosegue “ Il primo cittadino è amico mio, tu digli pure che te c’ho mannato io”. Simpatica la canzone in romanesco. Anche se, diciamocelo, in questo periodo in cui si è esasperato il significato di politicamente corretto, una sorta di pericolo lo corre anche il motivetto cantato a Sordi e Proietti per quel riferimento alla consorte come gentile viaggiatrice.

Maurizio Sarri

Sessista anche Sarri

Che mandare a quel paese qualcuno è sempre sintomo di scarsa educazione, ma se l’ inviata è una donna, e per giunta giornalista, come nel caso di Sarri si rischia di sollevare un vero e proprio vespaio e l’accusa di sessismo assicurata. E se poi hai la sfortuna che si tratti di un pubblico ufficiale dietro l’angolo potrebbe esserci persino una denuncia.

Tutto questo pistolotto per stemperare, almeno un po’ l’ultima polemica, quella del “vaffa” in consiglio comunale del nostro esimio sindaco nel corso dell’ultima seduta, durante un intervento sul TPL della consigliera e capogruppo del Pd Cristina Lodi. Un gesto giunto a giusto coronamento della giornata nata con la contestazione delle famiglie arcobaleno davanti a palazzo Tursi dopo l’appello vinto dal comune sulla bigenitorialita’ di due mamme di una bimba di due anni.

Cristina Lodi e Elisa Serafini

Sessista anche Bucci

E insomma come se non bastasse l’accusa di discriminazione di genere, il nostro primo cittadino ha pensato di ricacciarcisi, mani e piedi. Con un gesto inequivocabile, compiuto mentre Cristina Lodi stava intervenendo, che ha fatto andare su tutte le furie la Lodi. Il consiglio che possiamo dare, da parte nostra al nostro uomo del fare e del vaffa, è di adempiere alle giuste richieste provenienti dal gruppo Pd che chiede che si scusi nei confronti di Cristina Lodi: “ Il primo cittadino che si rivolge a una consigliera comunale mimando un brutto gesto di stizza e insofferenza.

Accade anche questo nella genovameravigliosa di Marco Bucci. È successo ieri, nel corso del Consiglio comunale, quando il sindaco ha commentato le parole della capogruppo del PD Cristina Lodi, che stava intervenendo in dichiarazione di voto su una mozione dedicata al TPL, con un’espressione maleducata, irrispettosa della persona, dei cittadini e delle istituzioni rappresentate in quella Sala.

Quanto avvenuto è molto grave, bene ha fatto Cristina Lodi a rivolgersi al presidente del Consiglio comunale per sollecitare un richiamo verso il sindaco, purtroppo però si è preferito sorvolare e far proseguire la seduta.

Non crediamo si possa far finta di nulla e oggi chiediamo che dal primo cittadino Bucci arrivino le scuse alla nostra capogruppo per un episodio che non fa onore alla politica e alla città”.

Gianni Crivello

Crivello: “Eravamo pronti ad Andarcene”

Tutto giusto, c’è poi un comprensibile  sbigottimento da parte del pubblico, i genovesi, che stavano assistendo alla diretta streaming. Silvia Brocato: “È da ieri pomeriggio che ci penso, cerco di metabolizzare ma in tutta franchezza, non è possibile.Ieri nell’aula del consiglio comunale è avvenuto un fatto davvero grave che ho seguito in diretta.

Grave per due aspetti, la mancanza totale di rispetto delle istituzioni del Sindaco Bucci, e non secondo, la solitudine che in politica le donne devono sopportare. E lo scriverei anche se la donna, politica, oggetto dell’episodio non fosse una rappresentante del Partito Democratico. Un gesto volgare, ma consueto da parte del Sindaco, la rabbia e il dispiacere della collega, nell’ indifferenza di chi la circondava”. Ecco oltre al comportamento un po’ pilatesco di Alessio Piana, nonostante i richiami della Lodi, quello poco solidale delle donne del consiglio comunale. Ma Bucci è irascibile e forse al momento troppo sotto pressione. Lo sanno tutti. E magari sul gentil sesso che intende tenergli  testa persino qualche problema. Chiedere, nel caso, ad Elisa Serafini, rimpianta ex assessore della sua giunta.

Anche se la Lodi, ieri, di fronte all’evanescenza del presidente del consiglio, ha preferito, imprigionata nella mascherina, provare a recalcitrare almeno un po’ e poi terminare il suo intervento. Gianni Crivello spiega che i consiglieri dell’opposizione erano pronti ad alzarsi e a lasciare l’aula, ma di fronte alla Lodi che ha ripreso il suo intervento hanno finito per rispettare il volere del capogruppo del Pd. Chissà, poi magari qualcuno dai banche della maggioranza avrebbe parlato di un uso strumentale dell’evento.

Non è la prima volta

Occorre soltanto raccontare che non è la prima volta. Che purtroppo ci sono già state fra i banchi della maggioranza manifestazioni dello stesso genere. Per esempio quando il capogruppo di Fratelli d’Italia si è rivolto ad una consigliera dei Cinque Stelle, Maria Tini, dicendole di smetterla di starnazzare. Anche in quel caso nulla.  Ecco consiglierei al nostro Long John di chiedere scusa al più presto e di ripassare qualche capitolo di comportamento civile, alle voci educazione e senso istituzionale.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.