Tra le associazioni che si sono attivate da subito coordinandosi con la Protezione Civile c’è l’ANPAS che in Liguria conta 104 pubbliche assistenze e 4.700 volontari
Genova – Il Covid-19 non ha fermato le pubbliche assistenze, questa grande famiglia di volontari in ambulanza che è entrata nella trincea dell’emergenza sanitaria con pochi soldi e pochi DPI ma tantissimo impegno.
Tra le associazioni che hanno rappresentato lo zoccolo duro della battaglia contro il Coronavirus c’è l’ANPAS, 104 sedi in Liguria e 4.700 volontari attivi già dall’inizio dell’epidemia.
Anche per loro la prima difficoltà è stata recuperare i DPI, tanto che qualcuno oggi sta ancora aspettando gli ordini di marzo.
Ce lo spiega Lorenzo Risso, Presidente ANPAS Liguria, che parla di “una vera e propria corsa ad accaparrarsi i DPI” dopo che “nel giro di pochi giorni” le piccole scorte che ognuno aveva in magazzino sono finite.
“Abbiamo sperimentato di tutto – dice Risso -, i presidenti hanno cercato in ogni dove le mascherine, le tute, gli schermi, insomma tutto quello che era necessario per tutelare la salute dei propri volontari”.
Dalle amministrazioni pubbliche, invece, si è visto poco. Continua Risso: “Le prime consegne della Regione sono state di 2 mascherine FFP2 ad associazione! Noi come ANPAS abbiamo oltre cento associazioni sparse da Ventimiglia a Luni. In totale fra noi, la Croce Rossa, e il consorzio CIPAS sono 180 punti di pubblica assistenza. Cioè, dare due mascherine per ogni pubblica assistenza capite che è irrisorio”.
Con due mascherine, una per il soccorritore e una per l’autista, ogni ambulanza fa un solo servizio. Basta. Fine.
È come se la Regione avesse detto: “Da quel momento lì noi vi abbiamo consegnato due mascherine, adesso fatevele durare”, precisa Risso.
Peccato che ci siano state ambulanze che hanno girato ininterrottamente 24 ore su 24, “facendo dai 12 ai 16 trasporti Covid, sospetti o conclamati. In totale parliamo di circa 40.000 servizi in Liguria, eseguiti dalle pubbliche assistenze durante l’emergenza sanitaria”.
Così le associazioni hanno dovuto acquistare i DPI pagando tutto di tasca propria, e ora rischiano il default.
L’allarme arriva da Walter Carrubba, che fa parte della direzione di ANPAS ed è Presidente della Croce Bianca Genovese. Carrubba mette in chiaro: “Oggi stiamo vivendo di rendita con i rimborsi di gennaio e febbraio. Ma poi c’è stato il fermo e quindi vuol dire che le associazioni non hanno più fatto trasporti ordinari né servizi di emergenza e dunque tutte queste mensilità che di solito arrivano dalla ASL e dal 118 come rimborsi non arriveranno”.
La questione dei rimborsi è spinosa.
“Le ambulanze predisposte ai trasporti Covid – precisa Risso – avevano un indennizzo giornaliero di 95 euro”, ben poca cosa se si considerano le spese: “Soltanto per la vestizione del personale sull’ambulanza abbiamo speso dai 28 ai 30 euro. Dai 25 se qualcheduno aveva trovato da comprare al meglio”.
Poi Alisa ha deciso di sospendere la quota di rimborso specifica per il trasposto Covid, assimilando tutto ai cosiddetti trasporti urgenti, e l’indennizzo è sceso a 31 euro.
Una battaglia quotidiana contro il virus e contro la burocrazia: “Abbiamo delle ambulanze che hanno subito guasti per colpa dei lavaggi aggressivi con i prodotti disinfettanti a base di cloro e che dovranno essere riparate”, spiega ancora Risso che dando uno sguardo alla situazione delle associate ANPAS in Liguria aggiunge: “Parliamo di 2.000, 8.000 euro ad ambulanza a seconda dell’entità dei danni e del numero dei servizi e di conseguenza delle sanificazioni fatte”.
Eppure di soldi a chi è stato “il primo anello della catena che ha permesso di salvare tantissima gente” ne sono arrivati pochini, tiene a rimarcare Risso aggiungendo che oggi pomeriggio ci sarà un tavolo di confronto a De Ferrari e “ci aspettiamo che Regione e Alisa siano altrettanto pronte come lo siamo stati noi nell’emergenza”.
E questo vale anche se il Covid dovesse ripresentarsi in futuro. Conclude Carrubba: “Oggi noi partiamo da un’esperienza, sappiamo con chi ci dobbiamo confrontare e sappiamo che cosa ci aspetta. Ma la parte pubblica sarà altrettanto pronta?”.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.