Taurianova (RC) – C’è anche un infermiere del reparto di cardiologia dell’ospedale Santa Maria degli Ungheresi di Polistena tra gli arrestati di questa mattina, accusati di favoreggiamento per aver aiutato il boss Giovanni Spostato (classe 1968) durante la sua latitanza.
Dalle indagini della mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Cittanova, infatti, risulta che l’uomo “ha garantito al latitante consulti sanitari e, in occasione del suo ricovero in ospedale il 7 giugno 2018, si è attivato affinché ricevesse tutte le cure del caso e ad assicurare la riservatezza della sua catena comunicativa al fine di sottrarlo alle ricerche delle Forze dell’Ordine”.
Questo si legge nelle carte della questura di Reggio Calabria.
Ma torniamo indietro al 7 giugno 2018, giorno dell’arresto del boss. Quel pomeriggio Sposato si presentò al Pronto Soccorso accompagnato dai suoi parenti, in preda a problemi respiratori. Le patologie del ricercato erano note alle forze dell’ordine e non fu difficile individuarlo in una saletta del nosocomio.
All’arrivo degli uomini del commissariato di Cittanova, però, ecco il colpo di scena: il responsabile della Squadra Investigativa dello stesso commissariato ricevette la telefonata dal legale di fiducia del ricercato che gli comunicava che il suo assistito si trovava all’ospedale di Polistena e voleva costituirsi.
Una bufala secondo gli inquirenti che sono riusciti a ricostruire come quello spostamento dovesse invece avvenire il più possibile “in anonimato”.
Lo dimostrano la presenza, quel giorno, dei fiancheggiatori e di alcuni familiari all’esterno della struttura ospedaliera, intenti a controllare la zona circostante.
Il ricercato aveva chiamato il suo legale solo perché si era reso conto della presenza della polizia.
E in effetti dopo una lunga attività investigativa è stato possibile delineare tutti i ruoli dei parenti e degli altri fiancheggiatori che oggi sono finiti ai domiciliari.
Si tratta di Antonino Fucile, colui che aveva messo a disposizione del latitante un’abitazione di sua proprietà in contrada Latinis, a Taurianova. Poi i parenti: Giovanni Sposato (classe 1990) e Giovanni Sposato (classe 1991), che assicuravano lo scambio di informazioni con la famiglia di appartenenza, il gruppo mafioso Sposato-Tallarida. Infine l’infermiere, Giuseppe Rao.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.