Roma – Arrivano i primi risultati operativi del progetto I–CAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), promosso dall’Italia insieme all’Interpol.
Sale così a 6 il numero dei latitanti di ‘ndrangheta arrestati in tre Paesi di due continenti nell’ambito dell’Operazione “Magma 2007” condotta dallo SCICO della Guardia di Finanza di Roma e dal GICO della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, in collaborazione con la Direzione Centrale dei Servizi Antidroga e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Operazione conclusa nel novembre 2019 con l’esecuzione di 45 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, detenzione illegale di armi.
Le attività investigative, culminate con le ordinanze eseguite il 29 novembre 2019, hanno permesso di sequestrare circa 400 Kg. di cocaina, 30 Kg. di hashish, 15 Kg. di marijuana, un fucile d’assalto automatico, 3 pistole semiautomatiche, un silenziatore e munizionamento di vario calibro.
La cosca Bellocco di Rosarno
Nel dettaglio, le attività investigative hanno consentito di destrutturare completamente la cosca di ‘ndrangheta riconducibile ai Bellocco di Rosarno (RC) e le sue articolazioni extra regionali, traendo in arresto tutti i membri apicali della prefata famiglia, appartenente al “mandamento tirrenico” e operante nella piana di Gioia Tauro, in Emilia Romagna, in Lazio e in Lombardia.
I Bellocco, grazie alla grande disponibilità finanziaria, avevano trovato un fornitore di cocaina sia in Argentina che Costa Rica e per inviare la droga in Italia via nave, occultata nei container.
Per il controllo della merce, per gli accordi economici e l’organizzazione della logistica, la cosca si serviva di emissari che facilitavano le operazioni in Sudamerica. Ma l’associazione criminale calabrese poteva contare anche sulla collaborazione di alcuni “colletti bianchi” italo-argentini collusi disposti ad agevolare la pianificazione del traffico di droga.
La collaborazione con i Morabito di Africo
L’aiuto tra italiani all’estero è d’obbligo. E quindi gli uomini dei Bellocco in Sudamerica si sono anche impegnati per far arrivare 50 mila euro agli esponenti della cosca Morabito per far uscire Rocco Morabito dal carcere. Il boss dei Morabito, arrestato dopo 25 anni di latitanza e successivamente evaso, è esponente di primo piano della ‘ndrangheta di Africo.
Morabito, detto “Tamunga”, si era trasferito in Sudamerica già da molti anni. Fu arrestato nel 2017, in un hotel nella località di Punta del Este, dove faceva la bella vita con tanto di villa con piscina, molto cash, auto di lusso, 13 cellulari, 12 carte di credito e un passaporto brasiliano. Quando l’estradizione di Rocco Morabito sembrava cosa fatta, il narcos calabrese è scappato attraverso un passaggio creato sul tetto dell’infermeria del carcere.
Chi sono gli arrestati
Sono stati tratti in arresto a Buenos Aires dal locale Interpol, dalla Polizia Federale e dalla Gendarmeria Nacional argentini, coordinati dalla locale Procunar:
Ferdinando Saragò, corriere e uomo di fiducia della ‘Ndrangheta che faceva la spola tra il Sudamerica e la Calabria: a lui si rivolgevano le cosche per le varie necessità operative e per il trasporto di documenti segreti. Ha incontrato in Argentina Carmelo Aglioti in occasione di un viaggio finalizzato alla risoluzione di una mancata importazione di droga per conto delle famiglie Pesce e Bellocco.
Giovanni Di Pietro, alias Massimo Pertini, residente a Buenos Aires, costituiva il front office fra le cosche italiane e i fornitori sudamericani di droga, occupandosi anche direttamente dell’esportazione delle sostanze stupefacenti.
Aveva partecipato, nel 1978, al rapimento ad Acireale di Franz Trovato, figlio di un industriale locale, terminato poi con la tragica uccisione del ragazzo dopo ventuno giorni di prigionia a bastonate e con quattro colpi di pistola mentre tentava di fuggire. Nel settembre del 1979 Di Pietro venne arrestato in Argentina per rapina, furto e falsificazione di documenti. La polizia gli sequestrò una serie di documenti che lo coinvolgevano nella terribile storia di Franz Trovato.
Fabio Pompetti, era un interlocutore privilegiato dello stesso Aglioti e di Francesco Morano, detto Gianfranco, anch’egli arrestato nell’operazione del novembre 2019.
Il suo ruolo era quello di “problem solving man”. Infatti, grazie alla sua rete di relazioni in loco e alle sue indicazioni venivano aggirati i sistemi antiriciclaggio e venivano elusi i controlli doganali. Per anni è stato il portavoce dei fornitori sudamericani nei confronti della ‘ndrangheta.
Con la colllaborazione dell’OCN Interpol di San José in Costa Rica è stato arrestato a Jaco’ D’Agapiti Franco, compropietario dell’Hotel Casino Amapola di San Josè de Costa Rica che si era stabilito nel paese sudamericano e fungeva da punto di riferimento per gli esponenti della cosca. Il suo ruolo era quello di agevolare l’ingresso di cocaina in Italia, mettendo a frutto da oltreoceano la fitta rete di contatti e conoscenze e offrendo ospitalità e appoggio logistico agli ‘ndranghetisti, grazie alla disponibilità della struttura alberghiera di sua proprietà.
Tratto in arresto in Albania Bujar Sejdinaj, detto “lo zio”, avamposto della ‘Ndrangheta in quell’area balcanica, ed in particolare della ‘Ndrina “Bellocco”, arrestato a Tirana dal locale Inteerpol e dalla Polizia di Stato albanese. Ha partecipato insieme ad altri all’organizzazione dell’acquisto in Spagna di circa 20 kg di cocaina.
I cinque latitanti catturati seguono l’arresto di Adrian Cekini, avvenuto ad Elbasan in Albania già il 26 maggio scorso, anch’egli resosi irreperibile a seguito dell’operazione Magma 2007.
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