56 indagati. Arresti e perquisizioni in Toscana, Liguria, Piemonte e Veneto
Livorno – Fiori d’arancio per 24 livornesi – 15 uomini e 9 donne – che tra il 2014 e il 2019 si sono sposati con cittadini stranieri. Ma il fatidico “sì” non è arrivato per raggiungere il sogno di una vita insieme.
Si è trattato, infatti, di incontri occasionali tra coppie di perfetti sconosciuti, visti insieme solo per sbrigare le incombenze del rito civile e, nella gran parte dei casi, separati appena usciti dalla porta del Municipio.
Sono partite da qui le perquisizioni che stamattina 100 militari della Guardia di Finanza di Livorno hanno eseguito in Toscana (Poggibonsi), e poi in Liguria (La Spezia), Piemonte (Torino) e Veneto (Padova), località dove taluni degli “sposi” avevano trasferito il proprio domicilio.
Le ipotesi di reato sono quelle di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione in falso in atto pubblico, e coinvolgono un cittadino della Repubblica Domenicana, un 55enne arrestato in carcere e 4 livornesi di cui una donna, che sono gli organizzatori “seriali” dei falsi matrimoni.
Tutti sono sottoposti all’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.
Ignari sono risultati, invece, i pubblici ufficiali che hanno celebrato i 24 falsi matrimoni (23 nel Comune di Livorno e uno in quello di Rosignano Marittimo) e nel rilascio dei titoli di soggiorno nei confronti di 24 stranieri (16 provenienti dalla Repubblica Dominicana, 2 dal Perù, 1 da Cuba, 2 dalla Nigeria, 1 dal Marocco, 1 dalla Tunisia e 1 dal Senegal).
Nel corso delle indagini è emerso che dietro pagamento di denaro, gli autori degli illeciti reperivano soggetti compiacenti – italiani di ambo i sessi spesso bisognosi di liquidità necessaria per acquistare stupefacenti –, disponibili a sposarsi con degli sconosciuti.
Le coppie di “sposi” avevano spesso un’evidente differenza d’età tra i coniugi.
In due casi, le “spose”, poco dopo il matrimonio, si sono ritrovate già vedove di uomini anche trent’anni più anziani. A carico di una di queste, poco più che quarantenne, è stato contestato anche l’abbandono di persona incapace di provvedere a se stessa in ragione delle patologie sofferte e dell’età avanzata. Tra l’altro, non appena appresa la notizia del decesso dell’anziano coniuge, la vedova, che si trovava in Spagna, faceva rientro in Italia e, come erede, subentrava quale locataria di una casa popolare a Livorno.
In un altro caso, uno “sposo” italiano che a distanza di alcuni anni dopo il falso matrimonio voleva il il divorzio, si è nuovamente rivolto al dominicano che lo aveva reclutato come “sposo a pagamento” perché non era in grado di ricordare il nome della donna che aveva sposato e non sapeva come richiederne la separazione legale.
Il solito organizzatore è risultato provvidenziale anche per consentire le brevi comunicazioni tra gli sposi in giorno delle nozze.
In un’occasione, infatti, la differenza linguistica tra uno “sposo” livornese e una “sposa” dominicana stava per diventare un ostacolo che non avrebbe consentito di perfezionare il rito nuziale. Per superare tale gap, il “wedding planner” si è offerto come interprete in grado di garantire il necessario dialogo tra i due nubendi.
Ogni matrimonio celebrato prevedeva il pagamento di un corrispettivo tra i 6.000 e gli 8.000 euro, che venivano divisi tra il “coniuge” italiano, l’“agente matrimoniale” dominicano e altri soggetti che si prestavano a collaborare per organizzare le cerimonie nuziali.
Gli inquirenti stimano che il sistema abbia prodotto – considerando solo i 24 matrimoni accertati fino ad oggi – un volume d’affari illecito di circa 150-200 mila euro.
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