La storia è semplice e il filo conduttore sempre lo stesso. La voglia di fare la bella vita, i soldi necessari per farla, e il senso di potere che scaturisce nel decidere della sorte delle persone.
Piacenza – Le vite che si intrecciano in questa vicenda sono legate al mondo della droga, ma anche a quello della barricata opposta che dovrebbe combatterlo. Ma se i trafficanti, quelli veri, i narcos, guadagnano milioni di dollari al giorno, la rete degli spacciatori in strada è fatta di disperati e si nutre delle disperazioni, fatte di piccolo spaccio, di tossici e di immigrati.
Facile manovalanza a basso costo.
La vicenda di Piacenza inserisce in questo contesto malavitoso dieci carabinieri in forza alla Stazione di Piacenza Levante, e un finanziere, diventati criminali a tutto tondo come siamo abituati a vedere nei film americani dove gli agenti sono corrotti.
Le dinamiche erano semplici.
Nell’autunno del 2018, su segnalazione di un confidente marocchino, i carabinieri arrestati ieri fanno irruzione nell’abitazione di uno spacciatore, trasformata in laboratorio per la produzione di marjiuana. L’appuntato Giuseppe Montella trattiene una parte della droga e paga la soffiata con 50 grammi di stupefacente.
L’ordinanza del Tribunale di Piacenza per l’arresto dei Carabinieri coinvolti in questa vicenda è piena di fatti come quello che abbiamo appena raccontato.
O anche opeggiori: con la certezza dell’impunità e avvalendosi del ruolo di appuntato dell’Arma, Montella ha persino scortato, a bordo della sua auto, un trasporto di droga nell’abitazione di uno spacciatore.
Droga violenza e sesso
Le mele marce sono state scoperte grazie alle dichiarazioni di un Ufficiale dell’Arma che ha deciso di far ascoltare agli inquirenti alcune conversazioni tra uno spacciatore marocchino e quello che sembrerebbe il capo della combriccola criminale, Giuseppe Montella.
Lo spacciatore marocchino in alcuniimessaggi vocali aveva dichiarato che l’appuntato Montella con i colleghi Falanga e Cappellano ricompensavano le soffiate ricevute con parte della droga sequestrata. Se le indicazioni non erano esaustive i carabinieri, con la complicità del comandante di Stazione, minacciavano gli informatori.
Il rapporto tra questo spacciatore marocchino e Montella era molto stretto. Era capitato che i due avessero fatto visita a prostitute cinesi. E nell’ordinanza della Questura di Piacenza si legge che i militari della caserma frequentavano abitualemtne prostitute e transessuali.
Montella pagava con la droga i suoi incontri con una ragazza dell’est, forse russa o ucraina.
Guardie e ladri: i rapporti con i trafficanti
Le dicharazioni dello spacciatore Marocchino sono subito sembrate attendibili, tanto da essere meritevoli di approfondimenti. Gli elementi emersi in relazione ai reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e peculato, per quanto incredibili, portarono a mettere sotto controllo i telefoni dei carabinieri della stazione di Piacenza.
Poi si sono aggiunte intercettazioni ambientali all’interno delle auto dei sospettati e infine anche quelle IMEI relative ai cellulari di Montella.
Fin dai primi giorni di intercettazioni è stato chiaro che l’appuntato Montella aveva frequenti conversazioni con i tre fratelli Giardino – Daniele, Simone e Alex -, e con Tiziano Ghìerardi.
Tutti trafficanti di droga già noti alla Polizia.
I rapporti tra Montella e i Giardino sono molto stretti e di grande collaborazione. Montella è un uomo d’azione, ha un temperamento forte e incline a prtecipare ad azioni pericolose. Quando picchia lo fa con violenza, è convincente. Un vero duro. La partecipazione del carabiniere al traffico di droga si evolve anche quando, grazie al suo ruolo istituzionale, Montella fornisce informazioni e supporto logistico ai narcos.
Nelle 300 pagine di ordinanza, firmate dal Giudice Luca Milani, oltre alle intercettazioni e alla descrizione minuziosa degli incontri tra i Carabinieri indagati e i trafficanti, si scorge in modo evidente il senso di disagio misto a disgusto nel mettere insieme i pezzi di questa vicenda.
Sono le stesse sensazioni che abbiamo provato noi nello scorrere pagine di nefandezze fatte da chi avrebbe dovuto servire la comunità.
Epilogo
Le figure di rilievo di questa vicenda sono Giuseppe Montella, appuntato dei Carabinieri, e Daniele Giardino, trafficante di droga. Le intercettazioni sono particolarmente nitide e raccontano i fatti in maniera chiara, grazie alla sicurezza che derivava al gruppo criminale dal ruolo di Montella. Agivano come se si sentissero invulnerabili. Sono chiari gli spostamenti, le consegne, i quantitativi di droga, il pagamento degli informatori con sostanze stupefacenti. Le immagini recuperate dala memoria del telefono di Montella, le regiastrazioni audio dei pestaggi compiuti nella caserma, servono a rendere solido il quadro dell’accusa.
Ma nell’ordinanza molto dettagliata, abbiamo rilevato un aspetto importante. Le parole di Giudice Luca Milani peseranno sul giudizio finale di questa storia.
Le parole del Giudice Luca Milani
“Nell’ambito del procedimento in corso la presente ordinanza rappresenta una prima tappa con la quale si concretizza quella risposta dello Stato […]
Saranno gli eventuali processi che seguiranno a far luce sui fatti e sulle reposnabilità scaturenti dalle vicende illustrat, rispetto alle quali gli indagati hanno tutto il diritto di difendersi nelle più opportune sedi. Nel concludere la stesura di questo provvedimento, basato sulle risultanze investigastive trasmesse tempestivamente dal PM, il pensiero non può che andare al caso, il quale ha voluto che la data di conclusione del presente lavoro sia la stessa in cui, 28 anni fa, servitori dello Stato, di tutt’altro spessore rispetto agli odierni indagati, persero la vita compiendo il proprio dovere. A loro si dedica questo atto di giustizia”.
E il pensiero va alla strage di via D’Amelio. Ora attendiamo la Giustizia.
fp
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.