Spiagge sempre meno libere: le concessioni balneari interessano oltre il 50% dei litorali italiani

La Liguria è tra le regioni con la percentuale più alta di costa occupata da stabilimenti. Alassio tra i primi 10 Comuni con meno spiagge libere

In Italia, trovare un posto libero dove prendere il sole gratuitamente è sempre più difficile. Aumentano, infatti, le concessioni balneari che a oggi interessano oltre il 50% delle nostre spiagge. Di più: l’8% di costa non è balneabile perché il mare è inquinato.
A dirlo è il nuovo rapporto Spiagge di Legambiente, che come ogni anno fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere del Belpaese.

Legambiente ha messo assieme i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Regioni e Comuni, e analizzato foto aeree per stilare una classifica dei primi dieci Comuni costieri con la maggiore occupazione di spiagge in concessione. Sono tra le top ten Alassio (SV), Jesolo (VE), Forte dei Marmi (LU), Rimini, Lido di Ostia (Roma), San Benedetto del Tronto (AP), Alba Adriatica (TE), Pozzuoli (NA), Giardini Naxos (ME) e Mondello (Palermo), una situazione composita, ma nel complesso decisamente allarmante per chilometri sottratti alla libera fruizione.

Oltre la spiaggia, il mare. Dove però non sempre è facile fare un bagno in tratti di costa puliti, come emerge dai dati 2020 del portale Acque del Ministero della Salute, elaborati da Legambiente. Il 7,8% dei tratti sabbiosi in Italia – tra chilometri di costa interdetti alla balneazione e abbandonati, ossia aree in cui ricade la foce di un fiume, di un torrente o di uno scarico e che non vengono campionate –  è sottratto alla balneazione per ragioni di inquinamento, in special modo in Sicilia, Calabria e Campania che in totale contano circa 73,5 km sui 90 interdetti a livello nazionale; mentre sono complessivamente 169,04 i chilometri di costa “abbandonati” in tutta Italia.
Il risultato è che la spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, ma con grandi differenze tra le Regioni.

Un tema politico evidente riguarda la quantità di spiagge date in concessione, ricorda ancora l’associazione, siamo l’unica nazione europea infatti a non porre alcun limite lasciando questa scelta alle Regioni, e sono finora poche ad averlo applicato. Tra le più virtuose Puglia, Sardegna e Lazio, dove la quota minima di spiagge da garantire alla libera fruizione (o libera fruizione attrezzata) è regolamentata e fissata tra il 60-50%.
Continuano a essere cinque, invece, le regioni prive di norme che specifichino una percentuale minima da destinare alle spiagge libere: Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto.

E in Liguria?

La Liguria vanta il record della percentuale maggiore di costa sabbiosa occupata: è il 69,8 per cento che risulta concessa a stabilimenti balneari (1175), campeggi (273), circoli sportivi e complessi turistici. Per quanto riguarda la costa non fruibile perché inquinata siamo terzi con il 7,3 per cento, prima di noi Sicilia (18,9 per cento) e Campania (15,5 per cento).

Altro record negativo è quello di Alassio che insieme a Jesolo e Rimini è tra i comuni costieri con la maggiore occupazione di spiagge in concessione: su 7 km di costa sono presenti 95 stabilimenti balneari con un’occupazione della costa pari all’88,2 per cento. Per quanto riguarda le spiagge date in concessione il paradosso è che con la Legge regionale 13/2008 si è stabilita la porzione di litorale di libero accesso, ma ad anni di distanza dalla sua emanazione, non viene rispettata perché non prevede sanzioni per chi non la applica. I comuni sarebbero infatti obbligati a garantire almeno il 40% di aree balneabili libere e libere-attrezzate rispetto al totale delle superfici costiere, oltre che a dotarsi del Progetto di utilizzo del demanio marittimo (Pud), strumento senza il quale non possono rilasciare nuove concessioni agli stabilimenti balneari, né autorizzare interventi che eccedano l’ordinaria manutenzione.

“La nostra regione sta continuando a perdere la qualità del proprio paesaggio costiero – dichiara Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria – La forte urbanizzazione, la presenza di porti commerciali e turistici, i servizi e lo sviluppo industriale hanno ridotto lo spazio libero e fruibile per i cittadini e l’erosione costiera, con l’intensificarsi di fenomeni sempre più intensi come le mareggiate, stanno mettendo a dura prova questo ristretto spazio. È necessario rinaturalizzare e rigenerare dove possibile tratti di costa, evitare la costruzione di impattanti opere di difesa che non risolvono il problema, se non localmente spostandolo su tratti di costa limitrofi e portare le spiagge libere della Liguria al 40% come previsto dalla legge.”

Serve una Legge di riordino delle spiagge

Dal dossier di Legambiente spiccano quattro priorità che più stanno a cuore all’associazione ambientalista.
Garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, fissando limiti alla percentuale data in concessione e una quota prevalente di spiagge libera per ogni Comune, ma anche spingendo verso forme di concessione più leggere. Premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, coloro cioè che puntano su una logica ambientale sempre più integrata con il territorio e su imprese locali e familiari capaci di garantire l’occupazione. Canoni adeguati con risorse da utilizzare per riqualificare il patrimonio naturale, con una parte degli stessi che rimanga ai Comuni, così come chiesto anche dai balneari. E infine una strategia nazionale per erosione, inquinamento e adattamento al clima, che riguardi tutti gli 8 mila chilometri di coste italiane, la metà dei quali soggetti a erosione, e la garanzia del diritto a un mare pulito, restituendo alla balneazione acque soggette a cattiva depurazione o non più campionate.

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