Al San Martino una sperimentazione promettente sulla dieta chetogenica. L’obiettivo del trial è verificare se questo regime a basso contenuto di carboidrati migliori la mortalità e riduca l’accesso alla terapia intensiva nei pazienti positivi
Genova – È in corso al Policlinico San Martino un trial per capire se una dieta chetogenica, cioè un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati e alto contenuto di lipidi, possa contribuire alla riduzione della mortalità e della necessità di ricovero in terapia intensiva dei pazienti affetti da Coronavirus
Quello che fino ad oggi è apparso chiaro dei soggetti colpiti dal Covid-19 che presentano un quadro più grave, è la possibilità che si manifesti la cosiddetta ‘tempesta citochinica’, una risposta immunitaria esagerata messa in atto dall’organismo per difendersi dall’invasione del patogeno. Tra i principali responsabili del rilascio di citochine, molecole implicate nel processo di infiammazione, vi sono i macrofagi M1, cellule che, quando si attivano, consumano esclusivamente glucosio. Per questo l’applicazione di una dieta chetogenica, che prevede una notevole restrizione dell’assunzione dei carboidrati (o zuccheri), potrebbe risultare promettente, poiché consentirebbe di controllare e limitare la produzione delle citochine, in grado di scatenare, se prodotte in quantità eccessive, la cosiddetta ‘tempesta citochinica’.
Un trial su 34 pazienti
Partendo da questi dati, il Policlinico ha stabilito un protocollo dieto-terapico, approvato dal Comitato etico dell’ospedale, che prevede la somministrazione ad alcuni pazienti di una dieta chetogenica normo calorica, normo proteica e iperlipidica, ad altri di un vitto comunemente somministrato ai pazienti in ospedale.
Da una prima analisi preliminare condotta su 34 persone che avevano seguito una dieta chetogenica confrontati con un numero doppio di soggetti che avevano seguito nello stesso periodo una dieta comune, sono emersi risultati particolarmente rilevanti sulla sopravvivenza a 30 giorni e sulla necessità di trasferimento in terapia intensiva. Entrambi i parametri sono infatti risultati minori nei pazienti sottoposti a dieta chetogenica.
Sebbene si tratti di uno studio tuttora in corso, il possibile beneficio, la facilità con cui si può attuare questa dieta e il costo estremamente basso con risultati così interessanti ne suggerisce un’ampia divulgazione tenendo conto che pochi pazienti hanno una controindicazione al trattamento.
Samir Sukkar: “Niente diete fai da te”
“La dieta chetogenica che abbiamo utilizzato al posto del vitto comune è quella che comunemente viene utilizzata nel trattamento di alcune forme di epilessia e ha un’azione antinfiammatoria. Ma il meccanismo principale è dato dal fatto che le cellule infiammatorie (macrofagi alveolari) che producono elevati quantitativi di sostanze infiammatorie (citochine) durante le fasi iniziali della malattia cambiano il loro metabolismo diventando dipendenti solo dal glucosio come fonte energetica. Questo fa sì che eliminando i carboidrati dalla dieta si può ridurre l’apporto di glucosio a loro disposizione riducendo l’elevata infiammazione”, spiega Samir Sukkar, direttore di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’Ospedale Policlinico San Martino, che poi precisa: “Questi sono i principali meccanismi su cui ci siamo basati per decidere di utilizzare questa dieta di cui è noto l’effetto antinfiammatorio in altre patologie”.
Un appello va poi a chi potrebbe pensare di usare il metodo del fai da te. Commenta Sukkar: “bisogna fare attenzione a utilizzare questo tipo di dieta sotto controllo medico in quanto esistono controindicazioni per i paxzzienti affetti da diabete. Tale trattamento non ha un effetto preventivo provato nella prevenzione della malattia, ma dai nostri dati è suggeribile effettuarlo dall’inizio dei sintomi. Stiamo contattando altri centri in altre nazioni per allargare il numero dei casi trattati laddove l’infezione sta facendo più vittime in questo momento”.
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