La gogna del politically correct: Balbontin – Paita, il derby dei campanili

È sempre l’Italia dei comuni

Che il nostro grande paese sia al contrario soltanto un agglomerato di piccoli comuni, capoluoghi, province e regioni è cosa nota dalla notte dei tempi, dal canto sesto del Purgatorio del Dante Alighieri: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”. Oppure dal congresso di Vienna del 1815 in cui Klemens Von Metternich definì l’Italia un’ espressione geografica. E ancora cinquanta anni più tardi dopo il 1861, a unità avvenuta, quando Massimo D’Azeglio disse che “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”. Fino al “Campanile e sera” popolare  trasmissione televisiva della prima Rai.

Un insieme di campanili e cittadini attenti al gusto del particolare e molto meno a quello generale. Sempre e comunque. Altrettanto noto in Liguria, è il fatto che gli abitanti di piccoli comuni, adiacenti, o forse anche no, possano finire per detestarsi e che fra spezzini e savonesi non sia mai corso buon sangue. Troppo vicini ai toscani fumantini e dal parlar schietto i primi, troppo inclini a somigliare ai piemontesi della canzone di Paolo Conte “Genova per noi”, gli altri.
Gente sfumata, spesso destinata ai titoli di coda”, dice dissertando del carattere chiuso dei piemontesi Alessandro Baricco, parlando della poesia di Beppe Fenoglio.

Una sorta di derby regionale, a maggior ragione per una città che ha appena gioito per la sua squadra di calcio salita all’apogeo della serie A, e l’altra che è sconvolta dal recentissimo fallimento societario con relativa chiusura dello storico stadio Bacigalupo, mentre il Picco di La Spezia aprira’ i propri cancelli alle compagini della massima serie. Per non parlare della competizione fra scali portuali sempre presenti nella terra del maniman.

Metteteci tutto questo, la bolla di calore in arrivo, la candidite imperante da qui al 20 settembre, le incomprensioni volute o casuali, fra diversi partiti e fra uomini e donne, lo svaccamento del politically correct diventata legge ferrea per cui ogni termine o pensiero con quel termine diventa opinabile e scorretto, e l’accusa di sessismo è sempre lì, latente e strisciante. Dietro l’angolo. Bei tempi quando i giochini di parole dei pubblicitari suggerivano solo il sorriso.

Del resto il mio primo giornale era L’Eco di Genova, quotidiano del lunedi’ in edicola a sole 100 lirette rispetto ai concorrenti che imponevano un prezzo di 150 lire. E quindi l’accattivante messaggio promozionale sui cartelloni cittadini era “… te la dò per cento lire”, con riferimento ovviamente alla copia di giornale e alla notizia. Anche se nessuno può giurare di non aver, istintivamente, e piuttosto banalmente, pensato a qualche cosa d’altro.

Bei tempi quando si poteva dire, per esempio che “tutto stava andando a bagasce” senza che qualche associazione per la difesa del libero professionismo della peripatetica insorgesse contro il malcapitato che aveva osato insultare la competenza di quella categoria. Bei tempi quando per scherzo e strizzando l’occhio qualcuno diceva che in fondo Loano “era la classica cittadina che faceva … cagare” senza che i loanesi,  chiamati direttamente in causa, replicassero stizziti.

 

Enrique Balbontin

La Lella questa sconosciuta

Ci sono stati comici che sull’istinto per il risparmio dei genovesi ci hanno costruito intere gag. E nemmeno era passibile del cartellino rosso del politicamente scorretto l’altro detto tutto genovese che raccontava l’impossibilità del “A l’è cheita ‘na bagascia in maa…” a sottolineare un evento irrealizzabile.

Insomma il dialetto e i suoi proverbi è pieno di bagasce. Con permesso parlando.

Tutto questo per circostanziare l’ultima polemica di costume, politica…. o forse no, in cui da giorni si sono accanite torme di tifosi e, l’un contro l’altra armata, si stanno sfinendo sui social. Tutto frutto di un equivoco sulla Lella di turno. Con querele e controquerele. Persino denunce a facebook e, come ogni commedia – più o meno divina – che si rispetti, blocco di un profilo.

Nasce tutto da un commento, più o meno in buona fede, ad un post dello stesso comico Enrique Balbontin che pubblicizza un suo spettacolo per il 20 agosto a Cogoleto: “Tutti a cioccare dei gamberoni da 10”.  L’amico Roberto Frixione scherza e, commentando, domanda: “Enrique, la avviso la Lella????”. E la battuta di Balbontin in risposta è istantanea: “Roberto Frixione a bagasce siamo coperti grazie??”. Solo che poco dopo scoppia la tempesta perfetta in un bicchier d’acqua. La Lella, – “non quella in questione” giurano e spergiurano  “spalla” e “protagonista” del siparietto – al secolo Raffaella Paita, nota ai più per aver perso la Regione dopo due legislature saldamente in mano a Claudio Burlando, come moglie dell’ex presidente dell’autorità portuale, come spezzina doc, come seguace renziana e per questo approdata ad Italia Viva – Ah, anche per aver proposto per prima la candidatura di Ferruccio Sansa come presidente dell’alleanza di sinistra e aver fatto poi conversione su Aristide Fausto Massardo, in seguito al distacco di Italia Viva – vabbè, quella Lella li’, si sente chiamata in causa e si adombra. Di più: scrive un post in cui annuncia che querelerà il povero Enrique Balbontin, da anni fustigatore dei tic dei savoonesi, chiedendo persino al candidato presidente Ferruccio Sansa, che lo ha ingaggiato  fra i suoi sostenitori creativi, di prenderne le distanze. Tutto nel giro di qualche ora.

Raffaella Paita

“Quel comico non fa ridere”

Scrive stizzita la Lella (Paita) sul suo profilo: “A quanto pare dal Enrique Balbontin il caldo fa male. Non gli è bastato fare un becero video cabarettistico con una maglietta con contenuti omofobici. Non gli è bastato attaccarmi quando glielo abbiamo fatto coralmente notare. Non gli è bastato non scusarsi e arrampicarsi sugli specchi pur di non ammettere il suo errore. Oggi si è addirittura permesso di offendermi personalmente in un suo post, “ a bagasce siamo coperti” riferendosi a me.

Cosa ne pensa il candidato PD-M5S in Liguria Ferruccio Sansa di questo suo sostenitore?

Ne va orgoglioso o intende prenderne le distanze? Le gaffe di un comico che non fa ridere sono gravi ma gli insulti personali sono davvero intollerabili. Per questo annuncio che sporgerò subito querela nei suoi confronti. Solo così, forse, questi leoni da tastiera impareranno l’educazione è il rispetto per gli altri”.

Teresa Bellanova

La solidarietà delle ministre

E scatta subito la contraerea della solidarietà di genere e non a caso per mano di due ministre renziane. Teresa Bellanova: “Gli attacchi sessisti a Raffaella Paita sono inaccettabili, tanto più se vengono da ambienti vicini al candidato presidente ligure giallorosso Ferruccio Sansa e le forze politiche che lo sostengono prendano subito le distanze da queste volgarità inaudite”. E la collega Elena Bonetti twitta: “e’ vergognoso l’attacco sessista che Raffaella Paita ha subito da un sostenitore del candidato alla presidenza della Liguria Sansa. Le forze politiche prendano le distanze e isolino chi vuole escludere le donne dalla politica offendendone la dignità. Forza Lella, noi andiamo avanti”.

Forse prima di esporsi in qualche modo a questa canea sarebbe bastato rispondere al povero Balbontin: “Voglio sperare che la Lella in questione non sia io”. Magari per capire prima di agitare il “tintinnar” di querele. Anche perché poi, come è da sempre, le vie del tifo, da veri e propri ultras sono infinite. E le presunte offese di Balbontin diventano di stampo “Fascioleghista”. E con tante segnalazioni a facebook il suo profilo viene temporaneamente congelato. E così   Balbontin  contrattacca e promette di controquerelare. Inizia a provare che la “Lella” di cui si parla nel suo post da anni è uno dei personaggi delle sue gag. Intanto di nome fa Gisela e non Raffaella. E il povero Balbontin produce persino testi sacri di qualche lustro fa, agli inizi di carriera in cui la fantomatica Lella/Gisela viene tratteggiata perfettamente “ Purtroppo Gisela non è la moglie ideale”…. risposta: “Guarda che la Lella è talmente bagascia che in salotto c’ha un marciapiede”. Ecco. Niente da fare. Intanto Facebook blocca il profilo del comico che è costretto ad emigrare come ospite su quello dei “Pirati dei carugi” dove si dice pronto a controquerelare visto che prima di fare il comico faceva l’avvocato. E probabilmente non solo la Paita ma tutti quelli che lo hanno definito omofobo, sessista e persino fascioleghista. E spiega: “Non sono disposto ad essere bollato come  omofobo e sessista. Se Paita mi querelerà io mi difenderò e la citerò per calunnia. Con la maglietta tanto criticata ho partecipato a un gay pride, a Genova, mentre, quando esercitavo ancora la professione di avvocato, con lo studio abbiamo sistematicamente difeso donne che erano costrette a prostituirsi. Abbiamo anche dato rifugio in studio a una donna albanese, per proteggerla. Mi si accusa senza motivo di cose che non hanno a che fare con me”. E ce n’è anche per le due ministre solidali con la Paita: “Non si sono neppure informate prima di attaccarmi”.

A volte basterebbe informarsi

Vero, qualcuno, postando messaggi di solidarietà al comico, osserva che sarebbe bastata una breve ricerca su internet per evitare di incorrere in un simile scivolone. Ma evidentemente da una parte la mancanza di preparazione o della necessaria umiltà e dall’altra il mito del “politically correct” da perseguire anche equivocando e a costo di brutte figure hanno creato questo gigantesco equivoco.

Insomma il problema non sono i comici che si mettono in testa di fare i politici ma i politici che inconsapevolmente finiscono per risultare comici. Poi c’è

Raffaele Tarantini, che in un messaggio di solidarietà all’ex avvocato  scrive: “Gli storici falsificano il passato, i politici il presente ed il futuro”.

Il tempo per annotare che il profilo social di Balbontin viene sbloccato, e li’ iniziano a piovere i tanti messaggi di solidarietà, anche da parte di Ferruccio Sansae di tanti colleghi comici genovesi, lpe la polemica, finalmente scende un po’ di tono. Probabilmente si arriverà alle carte bollate, o forse no. Rimane da annotare qualche disappunto su una campagna elettorale vissuta generalmente con una certa mancanza di temi forti. Con supporter e candidati che prendono vita l’un contro l’altro armato su polemiche strumentali con narrazioni ai limiti del tentativo di plagio. Non c’è stata al riguardo solo la querela minacciata sul suo profilo dalla Paita. Prima ancora era stato il candidato della coalizione in cui figura anche  Italia Viva, il docente universitario Fausto Aristide Massardo a bacchettare l’avversario Ferruccio Sansa per una gag elettorale dello stesso Sansa in compagnia di Balbontin in cui compariva con una maglietta con la scritta “Tutti bulicci con il culo degli altri”. Massardo aveva attaccato Sansa per un supposto contenuto omofobo e Sansa aveva provveduto a scusarsi. Sansa, non Balbontin che, rivendicando la battuta aveva sottolineato che indossando quella maglietta aveva partecipato al gay Pride senza che i manifestanti si sentissero offesi.

Giovanni Toti

Il governatore uscente ringrazia

Come si diceva, a volte basterebbe informarsi, prima di sollevare un caso. Ma la politica, ormai, in piena campagna elettorale è questa cosa qui. Con i due candidati presidenti del centro sinistra, i due maggiori, ma anche quelli che sono coscienti di disputarsi manciate di voti, costretti ad una corsa spalla a spalla che in definitiva favorirà soltanto il governatore uscente. Che tace e ringrazia.

Anche se, nemmeno lui è completamente esente dal cavalcare a suo uso e consumo il capitolo della narrazione strumentale e del politically correct allo scopo di danneggiare l’avversario di turno. Magari non lo fa direttamente ma lo permette al suo gruppo di pressione “Cambiamo con Toti”, dove le “cose sporche”, tipo ironizzare sulla fisicità di Sansa e dei suoi sostenitori diventa un bel giochino collettivo. Li’ anche se il messaggio è in qualche modo greve, o peggio scorretto, fa lo stesso. Un esempio per tutti: foto del grosso manifesto elettorale di Linea Condivisa in cui si fanno le pulci a Toti in materia di sanita’.

Lo slogan dice testualmente : “Alla canna del gas. Questa è la realtà della sanità in Liguria. Toti e Viale vi hanno mentito”.

“Sanità alla canna del gas”

Post introduttivo… naturalmente tutto maiuscolo… “SOLO UN DEMENTE PUÒ AVER CONCEPITO UN MESSAGGIO ELETTORALE DEL GENERE. IO PENSO CHE SANSA E L’AMERICANO CHE GLI CURA LA CAMPAGNA ELETTORALE FREQUENTINO TROPPO IL FIASCO…..I RISULTATI SONO EVIDENTI! ANCHE QUESTO CHE PENSAVAMO FACESSE PARTE DI “VI STUPIREMO CON GLI EFFETTI SPECIALI” INVECE RAPPRESENTA “ CONTINUIAMO LAVSERIE DELLE FIGURE DI MERDA”! COMPLIMENTI!!!”…

Con testo condiviso di Francesco Maresca assessore della giunta Bucci, da sempre sostenitore di Toti, che sul suo gruppo social “Liguria si muove” osserva: “Le disposizioni mentali di una certa classe mediatica penta comunista farebbero rabbrividire anche il più matto degli anarchici. Questo cartellone è letteralmente osceno, irrispettoso della vita umana. Ipocondria, omofobia e incitamento al suicidio. Questo è Sansa”. Boh… e comunque c’è stato chi su quella “canna del gas” ha scomodato persino paralleli con internati e bambini “gasati” nei campi di concentramento, tra percezioni e gusto della narrazione.

Giovanni Toti: “Ma come si fa a scrivere “alla canna del gas” su un manifesto elettorale? Sanno il significato di questa frase? Significa essere a un passo dal suicidio, in particolare di un suicidio con l’intossicazione da gas. Ma lo sanno quante migliaia di persone sono morte per il covid, intubate? E, per parlare di temi su cui la sinistra è sempre molto attenta, sanno quante persone negli anni più bui hanno perso la vita uccise dal gas? E ancora: si rendono conto guardandosi intorno di quanta gente è in crisi economica e sta pensando di farla finita? La politica non può e non deve usare questo linguaggio. Non potevano trovare un altro slogan invece di offendere il dolore di chi ha perso un proprio caro e la dedizione e professionalità dei nostri sanitari? E invece di scrivere queste oscenità e diffamazioni gratuite perché non presentano almeno un punto del loro programma? Dove sono gli intellettuali di sinistra che di solito non aspettano altro che indignarsi del linguaggio violento del centrodestra? Non si può cadere così in basso per un pugno di voti. Vergogna!”

Perché la campagna elettorale è questa roba qua. Con il presidente uscente che magari rifiuta il confronto pubblico con gli altri candidati. Poi risolutamente continua a mostrarsi sul proprio profilo tra un taglio di nastro, alternato a colazioni a base di focaccia e cene e pranzi con la moglie Siria Magri e un’esultanza per lo Spezia in A, che non si sa mai.  Tanto poi al lavoro “sporco” ci pensano gli altri. I supporter del presidente che organizzano la pagina del gruppo di pressione.

Ma così è se vi pare. Scarsa conoscenza degli argomenti, ormai un triste rituale per gli esponenti politici nel nostro paese. E nemmeno con la voglia e l’umilta di informarsi. Dal cabaret alla politica e tanta, tanta narrazione. Magari strumentale per fidelizzare i tifosi. Specie quelli da sempre a caccia di slogan e semplificazioni.

Insomma così finiremo a bagasce, che è un modo di dire, e non è il salotto della Gisela/Lella che per l’appunto…. lo è talmente(bagascia) che in salotto c’ha un marciapiede (cit. Enrique Balbontin). Quello che ha studiato, ha una laurea e faceva l’avvocato. Ma per vivere fa il comico, e non il politico.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.