Tra il 1905 e il 2010 il ghiacciaio ha perso più dell’85% del suo volume, mentre lo spessore della sua fronte è passato da 50 a pochi metri
Una riduzione del volume maggiore dell’85% avvenuta tra il 1905 e il 2010 e uno spessore della fronte passato dai cinquanta metri dell’inizio del secolo scorso ai pochi metri di oggi. Sono questi i segnali che il ghiacciaio della Marmolada sta morendo e che fanno pensare a una sua definitiva scomparsa entro i prossimi trent’anni.
Lo dicono i risultati del monitoraggio effettuato nella quarta tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente, tra Veneto e Trentino Alto Adige, presentati questa mattina a Malga Ciapela, nel Comune di Rocca Pietore (BL).
Un tour lungo l’arco alpino per monitorare la salute dei ghiacciai minacciata dal global warming
La Carovana dei ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente realizzata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) che dal 17 agosto al 4 settembre monitora lo stato di salute dei più importanti ghiacciai alpini per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino.
Tramite le analisi dei dati di cartografia storica e gli studi geofisici, attraverso il confronto di carte topografiche antiche e nuovi rilievi georadar, è stato possibile ricostruire le riduzioni volumetriche del ghiacciaio della Marmolada, stabilendo che dal 1905 al 2010 ha perso più dell’85% del suo volume. Nell’ultimo decennio si è assistito a un’accelerazione dei fenomeni della fusione glaciale. La linea di tendenza che fino al 2000 consentiva di prevedere un esaurimento nell’arco di un secolo si è successivamente modificata tanto da far presagire la scomparsa del ghiacciaio addirittura entro i prossimi 20/30 anni.
La scomparsa della “città di ghiaccio”
“La tappa della Marmolada – dichiara Marco Giardino, Segretario del Comitato Glaciologico Italiano – ha dimostrato l’importanza dell’integrazione fra documentazione cartografica storica e nuovi dati scientifici per un’accurata ricostruzione delle variazioni volumetriche dei ghiacciai. Questo ghiacciaio è un prezioso testimone della storia dell’uomo e sensibile indicatore dei cambiamenti climatici”.
Nel corso delle osservazioni si sono riscontrati gli effetti delle valanghe, crolli e colate detritiche rapide, risultato della recente denudazione dei versanti e dei fenomeni atmosferici estremi che hanno colpito la regione dolomitica.
“Il ritiro del ghiaccio ha determinato la scomparsa della “città di ghiaccio” ricorda Aldino Bondesan del Comitato Glaciologico Italiano – costruita dagli austroungarici durante la prima guerra mondiale all’interno del ghiacciaio. All’epoca era costantemente minacciata dalle spinte del ghiacciaio stesso che allora si muoveva a diverse decine di metri l’anno, mentre oggi è fermo. La particolare natura di ghiacciaio di pendio fa poi sì che il corpo glaciale reagisca con estrema rapidità alle piccole mutazioni climatiche, tanto da essere utilizzato come termometro naturale, anche rispetto alle più piccole variazioni di temperatura e precipitazioni”.
La storia di questo ghiacciaio si è più volte intersecata con la storia dell’uomo.
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento la Marmolada fu teatro di alcune tra le prime grandi sfide alpinistiche richiamando scalatori ed esploratori da tutta Europa. La Grande Guerra vide i contendenti combattere sulle cime più alte e dentro le viscere del ghiacciaio che conteneva alloggi, magazzini e camminamenti, unici nel contesto della guerra bianca.
Negli anni Cinquanta nasce il lago artificiale di Fedaia, come esito degli studi condotti per soddisfare i bisogni energetici di un paese in crescente sviluppo e per il fatto che il ghiacciaio costituiva un’importante riserva di acqua dolce per alimentare la rete idrografica e le falde di pianura.
A partire dagli anni 70 la realizzazione degli impianti di risalita ha consentito una grande frequentazione di sciatori, anche nel periodo estivo, sino a che l’aumento delle temperature ha impedito tale pratica.
Le risorse naturali usate a scopo turistico
“I teloni posizionati in abbondanza sul ghiacciaio, per una superficie che ammonta a circa 50mila metri quadrati, allo scopo di conservare le piste da sci e non il ghiacciaio stesso, ripropongono il problema dell’uso delle risorse naturali a scopo turistico” dichiarano Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, e Luigi Lazzaro, Presidente Legambiente Veneto che poi bacchettano la Regione Veneto: “Le rigorose previsioni degli esperti sulla repentina scomparsa del ghiacciaio, ora più che mai dovrebbero indurre a scelte innovative di sviluppo locale che guardino a un turismo più compatibile con gli eventi naturali e meno incentrato su forme di accanimento terapeutico come queste. Se la dichiarazione dell’emergenza climatica da parte del nostro parlamento e dell’Europa è un passo importante, allo stesso modo è indispensabile che la Regione Veneto faccia lo stesso e in tempi brevi avvii un piano di adattamento ai cambiamenti climatici”.
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