Acqua bene comune? Non in via delle Tofane

Senz’acqua da quarantotto ore: in via delle Tofane tradito anche il referendum del 2011

Genova – Sono senz’acqua da quarantotto ore i condomini di 33 villette di via delle Tofane, a Rivarolo.
Dai rubinetti non escono neppure i 50 litri al giorno garantiti per legge anche a chi non paga, né si sono viste le autobotti. Così ognuno si arrangia come può a casa dei parenti.
Per i tre invalidi del quartiere che non si possono muovere invece è un calvario. E tutto questo mentre ci ripetono che per salvarci dal Covid dobbiamo lavarci bene le mani.

Una questione che parte da lontano, ci spiegano, da una frana che nel 2014 ha travolto la linea. Da lì Iren, che ha ereditato da A.R.T.E. la gestione dell’impianto in via delle Tofane, ha preteso il pagamento di 84.000 euro per il ripristino, da liquidare in due anni.
Una storia complicata ancora di più da una serie di inquilini morosi e da un impianto vecchio che è più l’acqua che perde che quella che porta nelle case.

Nel 2018 sembrava che le cose potessero aggiustarsi con un piano di rientro. A chiarirci le cifre è l’amministratore di condominio dei civici interessati, dal 12 all’84, che ci conferma: i condomini hanno versato 109.000 euro in due anni e sarebbero indietro di 28.000.
E invece tutto precipita lunedì scorso, quando Iren procede alle operazioni di “slaccio”, mette i sigilli all’impianto e toglie il contatore. Ora, per ottenere il riallaccio, le 33 famiglie dovranno ricominciare un iter burocratico che potrebbe durare anche due mesi.

Si può fare? Cioè, si possono lasciare delle famiglie senz’acqua ancorché alcune morose?
Ci risulta di no.
A dirlo ci sono un accordo tra il gestore e Città Metropolitana, più un parere della stessa ARERA – l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente – che ha stabilito a livello nazionale che il gestore non può decidere di chiudere l’acqua a tutti per una morosità individuale.

Di certo, al netto dei morosi, delle frane, dei contratti, degli accordi, dei gestori e delle privatizzazioni, c’è che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale e nessuno può negarne l’accesso.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.