Titoli di coda

 

Tafazzi

Il tafazzianesimo della sinistra

Ci siamo arrivati ai titoli finali, ai ringraziamenti di eletti e non eletti, che magari ritenteranno alla prossima e allora giusto tenerseli buoni quelli che li hanno indicati nelle preferenze. Agli “abbiamo perso ma è come se avessimo vinto”, agli “abbiamo imparato la lezione e ci servirà per la prossima volta”, al “tutto sommato il risultato è stato migliore di ciò che avevamo previsto”. Alle “onorevoli sconfitte” e persino alle “Sconfitte felici”, tafazzianamente come da tempo accade alle sinistra. Epperò unica novità vera nel ciarpame di tante dichiarazioni post elettorali, rivolte perfino a non esagerare con le tronfie autocelebrazioni, ma anche a non deprimersi troppo. Soprattutto da parte di coloro che meritevoli o no un risultato a casa sono riusciti a portarlo. Che poi è quello che in maggioranza o all’opposizione per i prossimi cinque anni si sono sistemati con retribuzione appagante e magari nemmeno troppe responsabilità. Perché poi l’elettorato è una cosa evanescente, che viene e che va. Per cinque anni. Sino alla prossima.

Che poi il risultato complessivo era quello che tutti si attendevano. Con il Governatore uscente in campagna elettorale perenne da cinque anni, con quella disgrazia del ponte da sfruttare anche in chiave di propaganda a suon di comparsate al fianco del commissario/sindaco/sodale Marco Bucci. E pazienza se nel bel mezzo di tutto questo ha dovuto affrontare l’inconveniente del Covid19 con quella sanita’ privatizzata stile Lombardia, con i contagi che ricominciavano a crescere, la guerra dei numeri, un assessore donna che alla fine dei conti sembrerebbe aver pagato per tutti.

Giovanni Toti
Giovanni Toti – Presidente Regione Liguria

La vittoria di Toti che viene da lontano

Giovanni Toti, è stato bravo, nelle comparsate come nel negare la sua presenza, una tantum, pur reclamata per un confronto pubblico con l’avversario del centrosinistra. I sondaggi in fondo lo davano in vantaggio, perché dunque rischiare di perdere l’abbrivio   sfidando l’avversario su un terreno sdrucciolevole. Pero’ è stato bravo a risalire fino a superare con il suo gruppo arancione il Pd e la Lega. Primo partito della coalizione ma non solo. Anche se un anno fa, quando aveva varato “Cambiamo” in aperta opposizione a Silvio Berlusconi e ai molti notabili regionali di Forza Italia, additati come i responsabili della scarsa democrazia interna a Forza Italia, sulle prime in molti gli avevano dato del matto. E lo stesso padre padrone e presidente di Forza Italia aveva dimostrato di non gradire l’intraprendenza del suo ex delfino. Tanto che, di fronte ai labili risultati  delle consultazioni europee dello scorso anno gli avevano pronosticato una rapida fine e un rientro tra i ranghi con la coda fra le gambe. Con potenziali e potenti alleati critici e imbestialiti. Poi le cose, evento dopo evento, sono cambiate tutte a suo favore. Dal passo falso di Matteo Salvini che ha deciso di forzare ed autoeliminarsi, sino all’ultimo ricovero di Silvio Berlusconi al San Raffaele contagiato dal Covid. Con tanto di pratica da autocoscienza del “Cavaliere” che ha ammesso di averla scampata bella.

Bravo Toti a sfruttare il potere che, come d’abitudine, logora chi non ce l’ha, riuscendo a svuotare il partito dell’uomo a cui in un recente passato aveva ripetutamente strizzato l’occhio. E a raccogliere in prima persona le simpatie verso il centrodestra dell’elettorato di ex leghisti ed ex forzisti. E a giovarsi persino del voto disgiunto di alcune parti del PD che non se la sono sentita di votare per il giornalista Ferruccio Sansa, percepito come corpo estraneo e nemmeno per il professor Aristide Sergio Massardo esponente della società’ civile sostenuto da quel “traditore” di Matteo Renzi e dalla sua “accolita” Raffaella “Lella” Paia, responsabile, cinque anni fa, del ribaltone con Toti presidente della giunta regionale.

Già, la sconfitta del centro sinistra che arriva da lontano, come se la Liguria per  l’alleanza di sinistra, incapace di mettersi d’accordo sul nome di un candidato almeno dignitoso, sottoponendosi al ricatto dei “cinque Stelle”, fosse diventato un buco nero da cui sembra difficile uscire.

Ferruccio Sansa

Sansa e la filosofia della sconfitta felice

In fondo la riconferma di Toti era attesa, unico particolare degno di dibattito e oggi di nota era ed è la percentuale con cui l’attuale Governatore si sarebbe riconfermato. Per la coalizione di  Toti 56,13 per cento contro il 38,90 per cento della coalizione di Ferruccio Sansa con un vantaggio di oltre 17 punti percentuali ed un neopresidente gongolante che può parlare di vittoria storica con 20 punti percentuali in più rispetto al risultato di cinque anni fa e la ciliegina  del primo partito nella nostra Regione.

Vittoria scontata dicevamo, frutto anche e soprattutto dei molti errori degli avversari che si sono martirizzati nella ricerca lunghissima di un candidato per poi lanciarsi in una campagna elettorale debolissima  in cui i personalismi l’hanno fatta da padrone, fino al passaparola sul voto disgiunto.

Poi c’è un particolare degno di nota, l’astensione, altissima. Segno evidente di una forma latente, o forse no, di protesta. La vecchia formula montanelliana del “turarsi il naso” contro un nemico comune non ha proprio funzionato.

Walter Massa

“Uno su due non ha votato”

Walter Massa, coordinatore regionale dell’ ARCI osserva in un lungo post: “Uno su due non ha votato.

Un dato che nessuno riprende e che a me pare macroscopico se si vogliono fare analisi serie. Come 5 anni fa (ed è l’unico richiamo che faccio al passato di cui molti sono ancora innamorati e altri ossessionati).

Vedere la Liguria in queste condizioni, ammetto, fa male; sentire poi Emiliano, presidente confermato in Puglia, ringraziare Nichi Vendola per la vittoria da a me l’idea del male che ci siamo fatti in questa regione e di quello che continuiamo a farci. E delle piccole rendite di posizione dei singoli che continuano ad avvelenare i pozzi e a determinare il futuro collettivo”.

Con tanto di onore al vincitore. Ancora Massa: “Il presidente uscente dunque fa il “pieno di voti” in questo contesto, in cui vota, ripeto, uno su due. Soprattutto in Liguria.  In ogni caso buon lavoro a lui, alla nuova – prossima – giunta e al nuovo consiglio regionale che, così a naso, mi pare rinnovato in modo significativo, anche dal punto di vista generazionale”.

Sino ad arrivare al rituale processo/analisi, tipica dell’autocritica tanto cara alla sinistra che comunque, c’è da giurarlo, ancora una volta non servirà a nulla. Perciò prosegue il post: “Non parlo degli altri e quindi  quello che mi auguro da semplice militante della sinistra è di poter partecipare ora ad un processo costituente nuovo, inclusivo, aperto, stimolante e aggregante, fondato su un progetto politico e una visione di Liguria che, evidentemente, non siamo riusciti a trasmettere o non era adeguatamente credibile. E credo e spero che i neo consiglieri regionali possano essere uno dei motori di questo auspicabile processo, magari anche con la forza, da subito, di consumare più scarpe, tenendo il più possibile il naso fuori. Vorrei non prendere più parte alla continua microframmentazione nucleare ma su questo, sento di aver già preso una strada molto prima di questa ultima campagna elettorale. Lo so sono fondamentalmente un romantico; è una fregatura, ma a me piace vivere così, guardando alle cose che si possono fare e non alle cose che non siamo riusciti a fare. Buon lavoro a tutte e tutti noi, e buona fortuna alla nostra Regione”.

Romanticherie a parte c’è da chiedersi se, tenendo conto del precedente Lella Paita, la sconfitta del 2015, che cosa sarebbe cambiato in assenza di frammentazioni, senza le piccole rendite di posizione dei singoli che continuano ad avvelenare i pozzi.

Già una bella domanda, ma comunque la madre di tutte le questioni, soprattutto in previsione di un lavoro futuro, in cui il capo dell’opposizione Ferruccio Sansa promette che in consiglio Regionale di ergerà a duro contrapposizione, ad incominciare dalla situazione della sanità Ligure, nel bel mezzo di contagi in aumento sui quali finalmente Toti, che almeno al momento ha dichiarato di volersi annettere la sanità come un qualsiasi generale coraggioso dovrà finalmente cedere al confronto.

Marika Cassimatis

“Lo sbarramento danneggia le liste civiche”

È sempre nel solco dei mea culpa e dell’autocoscienza risulta particolarmente interessante il post di Marika Cassimatis, uno dei dieci candidati presidenti in lizza. Spiega la Cassimatis accusando anche velatamente il sistema forse troppo selettivo in forza dello sbarramento: “ Il voto alle regionali in Liguria  ha chiarito senza ombra di dubbi alcune cose:

1) I piccoli partiti e le liste civiche fuori dalle coalizioni non hanno nessuna possibilità di affermarsi. Questo soprattutto alla luce di un dualismo tra poli che, da soli, hanno sommato il 95% dei voti espressi

Si tratta di uno sbarramento di fatto, in quanto servivano almeno 20.000 voti per poter far eleggere un consigliere.

In Liguria neppure la lista Massardo, con 16.000 voti, è riuscita nell’intento.

1bis) le liste civiche dentro le coalizioni non eleggono consiglieri. I partitoni con pacchetti di voti sicuri prendono tutto. Le liste civiche non hanno possibilità di esprimere consiglieri sia dentro che fuori dalla coalizione.

2)ci vogliono molti soldi per riuscire a farsi conoscere dagli elettori. La graduatoria di arrivo delle liste fuori coalizione è certamente proporzionale alla quantità di denaro speso nella campagna elettorale. Tanto per dare un’idea, i manifesti pre elettorali 4×4 costano intorno ai 4.000 euro, poi i passaggi pubblicitari, su carta stampata e TV, radio, altro

Credo che con meno di 20.000 30.000 euro non si sia potuta realizzare una campagna come quella di Massardo e Salvatore. Salvo smentite quando i conti saranno pubblici.

3) il civismo da solo non riesce ad attivare una partecipazione, sia perché poco nota nelle dinamiche, sia perché la tenzone (falsa) fra destra e sinistra, tra buoni e cattivi piace di più.

4)sei di destra o di sinistra? La domanda più frequente.

5) la TV ha monopolizzato l’ informazione e le coscienze, la carta stampata è ormai marginale, il web non basta.

6) bisogna trovare nuove strade di partecipazione. Noi di Base Costituzionale ci abbiamo provato ma non siamo riusciti nell’intento voluto. Grazie a chi ci ha votato, ha creduto in noi, ha fatto il volontario con noi. Certe vicinanze sono importanti e le nostre storie continuano.

Ps: a occhio e croce in 9 candidati abbiamo speso circa 1500 euro totali. E si vede nel risultato. Ma non avremmo fatto cose diverse. La nostra sfida era presentare una esperienza civica, senza sponsor criptati tra le pieghe.

Esperimento non riuscito, peccato perché le alternative non sono interessanti. Vince chi spende di più (quanto avranno speso Toti e Sansa?)  e chi compare ogni giorno in TV. Chi gestisce milioni pubblici da riversare sul territorio, milioni allettanti, come verranno spesi interessa meno. Basta che arrivino.

La politica 2020 è questa e ce ne facciamo una ragione. È il sistema che funziona così. E fuori dal sistema c’è il nulla (e i leoni da tastiera)”.

Un grave atto di accusa sulla tutela delle minoranze, ma non solo. Un post su cui riflettere, tenendo conto non soltanto dei costi della campagna  elettorale, ma, soprattutto , del genere di comunicazione ormai in auge. Con buona pace della società civile e dei suoi rappresentanti, in gran parte non eletti, per i quali in periodo di designazione dei candidati abbiamo assistito a un frenetico cianciare.

 

Ilaria Cavo

Cavo macchina da preferenze

Non meno paradossale la questione delle quote rosa anche tenendo conto della recente riforma del sistema di voto con l’inserimento di una seconda preferenza che ha permesso di esprimere un voto per un candidato e per una candidata. Si pensava ad un consiglio in cui la rappresentanza femminile sarebbe aumentata rispetto alle cinque esponenti del “gentil sesso”, cinque nella scorsa legislatura, divise fra centrondestra e centro sinistra.

Un po’ a sorpresa in quest tornata sono state soltanto tre. Confermata e votatissima Ilaria Cavo. Confermata anche la collega e compagna di lista Laura Lilli Lauro, entrambe nella lista sel Governatore Giovanni Toti e vere e proprie macchine da voti. Un solo ingresso nel centrosinistra, la ricercatrice Selena Candia che ha superato sul filo di lana la scrittrice Cinzia Pennati di un centinaio di voti, entrambe della lista di Ferruccio Sansa. Per ironia della sorte proprio la Pennati ha improntato la sua campagna elettorale proprio sulla parità di genere e e sulla violenza sulle donne. Dai partiti tradizionali componente femminile non pervenuta. Nella passata legislatura la presenza femminile era rappresentata da Raffaella Paita, candidata presiedente del Pd, dalla Cavo e dalla Lauro nel centrodestra insieme alle leghiste Stefania Pucciarelli e Sonia Viale, quest’ ultima nel listino del presidente e poi discusso assessore alla sanità. Ultima ma non ultima con ottimo risultato di voti Alice Salvatore capolista dei cinque stelle. Insomma la questione femminile, insieme a quella della rappresentanza delle cosiddette liste civiche sarà una questione da affrontare ancora in futuro.

 

Tonino Bettanini

L’addio della vecchia politica

Mi piace accomiatarmi nostalgicamente con un riferimento alla vecchia politica, quella che in campagna elettorale costringeva i candidati a sfasciarsi le calzature sui territori incontrando gente, parlando e stringendo mani, cosa impossibile in epoca di assembramenti negati e di Covid-19. Mi ha colpito la campagna elettorale di un vecchio amico, Tonino Bettanini, socialista d’antan candidato di Forza Italia. Non l’ultimo degli arrivati con i suoi 74 anni, la militanza nel psi, il consiglio comunale e la segreteria provinciale socialista. Poi portavoce di Martelli, allora ministro della giustizia e poi della Grlmini e della presidente del senato Casellati. Ha optato per una propaganda precisa anche sui social con bellissime immagini di Carola Zerbone. Puntuali i suoi post sulla carenza di infrastrutture e sull’isolamento della Liguria. Ha ottenuto circa 400 preferenze e ha concluso la sua avventura ringraziando tutti.

La politica di oggi è tutta un’altra cosa.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.