Coronavirus, GIMBE: “I tamponi sono il punto debole delle strategie per prevenire la seconda ondata”

Coronavirus: nonostante l’apparente potenziamento, il numero di tamponi rimane ancora largamente insufficiente

Davanti all’impennata dei casi di Coronavirus ecco le nuove restrizioni dal Governo che chiede ancora una volta sacrifici ai cittadini.
Tuttavia la Fondazione Gimbe documenta che nella fase di lenta risalita dei contagi i servizi sanitari territoriali, nonostante le risorse assegnate dal decreto rilancio, non sono stati potenziati nelle capacità di testing & tracing. E ora, con l’aumento dei casi, in alcune regioni il sovraccarico si riflette sull’incremento dei ricoveri.
Nonostante l’apparente potenziamento dovuto alle nuove misure, dunque, il numero di tamponi rimane ancora largamente insufficiente.

L’impennata dei casi dell’ultima settimana, quasi raddoppiati rispetto alla precedente (29.621 vs 15.459), ha spinto il Governo a prendere provvedimenti per tentare di arginare la nuova ondata di contagi. Da un lato le misure restrittive previste dal nuovo DPCM, dall’altro quelle sanitarie incluse nell’ultima circolare del Ministero della SalutePrevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”. Si tratta di un piano molto articolato che delinea quattro scenari di evoluzione dell’epidemia in relazione a diversi livelli di rischio e le conseguenti misure, che nello scenario peggiore prevedono un nuovo lockdown nazionale.

I numeri sui tamponi

In Italia, dall’inizio della pandemia all’11 ottobre sono stati effettuati 12.564.713 tamponi. Tuttavia solo dal 19 aprile è possibile scorporare dal totale il numero dei casi testati, ovvero i soggetti sottoposti al test per confermare/escludere l’infezione da SARS-CoV-2, escludendo i tamponi ripetuti sulla stessa persona per confermare la guarigione virologica (almeno 2 finora) o per altre motivazioni.

Sino alle riaperture del 3 giugno il numero medio dei casi testati si è mantenuto stabile intorno ai 35.000/die, per poi scendere successivamente intorno ai 25.000/die. Solo a partire dalla metà di agosto, a seguito della risalita dei casi, è stato incrementato sino a raggiungere i 67.000/die nella settimana 5-11 ottobre (figura 1).

GIMBE FIGURA 1

Tale incremento presenta differenze regionali molto evidenti, se parametrato alla popolazione residente: nel periodo 12 agosto–11 ottobre, rispetto ad una media nazionale di 5.360 casi testati per 100.000 abitanti, il range varia dai 3.232 della Sicilia ai agli 8.002 del Lazio (figura 2).

GIMBE FIGURA 2

Le attività di testing non sono state potenziate in misura proporzionale all’aumentata circolazione del virus, determinando un netto incremento del rapporto positivi/casi testati a livello nazionale che da metà luglio a metà agosto è salito dallo 0,8% all’1,9%, per raggiugere nella settimana 5-11 ottobre il 6,2% con notevoli variazioni regionali: dall’1,7% della Calabria al 14% della Valle d’Aosta (figura 3).


Le Regioni, rispetto ai laboratori accreditati elencati nella circolare del Ministero della Salute del 3 aprile 2020, ne hanno quasi raddoppiato il numero (da 152 a 270), anche con l’accreditamento di laboratori privati (tabella). Tuttavia, non sono note né la quantità di tamponi che i singoli laboratori possono processare quotidianamente, né informazioni quantitative sul personale impegnato sul territorio nel prelievo dei campioni. Peraltro, le criticità organizzative osservate in questi giorni (es. inaccettabili code e assembramenti per eseguire il tampone o numeri telefonici dedicati a cui non risponde nessuno) oltre ai disagi possono generare ritardi diagnostici nei pazienti positivi con peggioramento degli esiti clinici.

Purtroppo, i tamponi, per quanto modestamente potenziati, con l’impennata dei casi si sono rivelati un “collo di bottiglia” troppo stretto che ha favorito la crescita dei nuovi contagi che negli ultimi 10 giorni da lineare è diventata esponenziale.

Le soluzioni del Governo per potenziare la capacità di testing

Singolo tampone per confermare la guarigione virologica: permetterà di “recuperare” un certo numero di tamponi, non quantificabili con precisione ma stimabili intorno ai 20.000/die, visto che quelli di controllo rappresentano circa il 40% del totale.

Tamponi rapidi: oltre agli approvvigionamenti di alcune Regioni che si erano già mosse in autonomia, la richiesta pubblica di offerta del Commissario Arcuri, scaduta lo scorso 8 ottobre, prevede l’acquisto di 5 milioni di tamponi rapidi. Tuttavia ad oggi: non si conoscono né i tempi di approvvigionamento, né le tempistiche e i criteri di redistribuzione alle Regioni.

Alcune difficoltà ostacolano l’utilizzo immediato dei tamponi rapidi, sia negli ambulatori di medici e pediatri di famiglia spesso strutturalmente inadeguati a garantire percorsi dedicati per sospetti casi COVID, sia nelle scuole dove la figura del “medico/infermiere di plesso” non risulta ancora sistematicamente implementata, sia più in generale per la necessità di un adeguato training dei professionisti destinati ad utilizzarli (medici di famiglia, pediatri, infermieri scolastici, etc.) perché la probabilità di risultati falsamente negativi al tampone rapido aumenta in mani non esperte.

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