Centro Storico, quale futuro?

Rigenerazione urbana del Centro Storico, Marsullo: “Un aggiornamento che deve essere culturale prima ancora che edilizio”

Genova – “Rigenerazione urbana” è uno degli slogan che oggi vanno più di moda a Genova, insieme a “costruire sul costruito”. Se ne è parlato per il quartiere Diamante, dove è iniziata la demolizione delle Dighe, e se ne parla per il Centro Storico.
Con un po’ più di apprensione per chi ascolta.
E infatti un conto è abbattere uno scarto edilizio, un altro è intervenire sulla biografia stessa della città. Su un cuore primordiale che è fragile, più o meno degradato, ma che racchiude il nostro patrimonio urbano, artistico e culturale.
113 ettari che rappresentano la nostra identità.

Un tema moderno ma con una lunga storia alle spalle

“Esiste una storia molto lunga sugli atteggiamenti da tenere rispetto a una realtà come quella del Centro Storico”.
A parlare è Mauro Marsullo, architetto genovese, che nell’attesa di vedere come sarà il progetto di rigenerazione annunciato a settembre dal Sindaco Bucci, ci spiega che la città antica è cambiata tante volte nel tempo “e il Centro Storico, essendo appunto storico, possiede degli elementi che fanno parte di una strutturazione nel tempo dovuta a esigenze che erano abitative, commerciali, e anche di difesa, quindi nascevano con delle caratteristiche morfologiche specifiche proprio per assecondare le esigenze dell’epoca. Questo ha fatto sì che oggi ci troviamo davanti delle strutture urbanistiche con una complessità molto elevata negli interventi dedicati al mantenimento o alla trasformazione”.

Ed è proprio questo il punto che oggi anima le cronache, quello dell’aggiornamento del tessuto urbano antico. Da una parte, infatti, si sente l’esigenza di rimodernare anfratti che sembrano fatti apposta per individui loschi e traffici illegali, dall’altra c’è tutta una personalità storica e sociale che va salvaguardata dall’omologazione. Perché il Centro Storico è anche una mentalità.

Precisa Marsullo: “Il fatto è che oggi tendiamo a considerare questa parte di città come un elemento cristallizzato. La storia ci insegna, invece, che cristallizzare un qualunque evento che nel tempo è stato modificato anche in modo sostanziale – pensiamo alle integrazioni in altezza che sono una delle caratteristiche degli edifici di Genova, o alle modifiche dell’assetto viario che è partito da elementi basici per strutturare un reticolo molto fitto – non è possibile. Non si può congelare un elemento che di per sé è dinamico”.

E allora via al cambiamento ma con un occhio di riguardo “all’aggiornamento culturale prima ancora che edilizio. Occorre capire cosa fare di questi edifici e non trattarli come involucri inerti”, continua Marsullo che poi ricorda la piaga dello svuotamento residenziale: “Le demolizioni di cui parla il Sindaco potrebbero liberare spazio, dare luce e aria che poi sono gli elementi che garantiscono anche la qualità dell’abitare, requisiti indispensabili  per poter attrarre le persone a vivere in luoghi così particolari”.

Il nocciolo del problema? La proprietà diffusa

“Uno degli elementi più critici del Centro Storico genovese, oltre alla sua dimensione importante, è la proprietà diffusa“, chiarisce Marsullo spiegando che sono molti i proprietari che “hanno lasciato gli immobili nel degrado sia perché non erano più funzionali alle attività commerciali, che per semplice speculazione, mantenendo un reddito minimo senza investire un centesimo”.
Anche questo è un fatto che agita le cronache: perché si dovrebbero premiare questi proprietari indolenti e furbetti attingendo agli euro messi a disposizione dal Recovery Fund?

Una pioggia di soldi per i proprietari dei bassi?

Altra grana è quella della concessione dell’abitabilità ai bassi, approvata con una delibera di fine luglio da un Consiglio Comunale ancora in streaming per l’emergenza sanitaria.
Una porta aperta alla speculazione, sulle spalle di chi non può permettersi altro che vivere in pochi metri quadri e bui.
E infatti mette in chiaro Marsullo che “la residenza obbliga a dei requisiti che siano legati alla qualità della vita e per come è strutturato il Centro Storico vedo molto difficile che si possa attuare un intervento di quel tipo. Non credo sia possibile garantire una qualità complessiva in spazi che chi è nato a Genova e vive il tessuto storico conosce bene e sa di cosa stiamo parlando”.

Bocciata l’azione privatistica e di mercato, le alternative per riqualificare i bassi, ci spiega l’architetto, potrebbero essere quelle di “riaprire logge, riaprire spazi che dilatano, anche se solo al piano terra, questa percezione di spazio adesso angusto e anche difficilmente gestibile che è che il vicolo, e senza ovviamente penalizzare nulla perché si tratterebbe di interventi che non incidono su nessun tracciato storico né sulla morfologia perché i caruggi rimarrebbero stretti, con questi tagli di luce che vengono dall’alto”.

Demolizioni ed espropri: lo spettro di via Madre di Dio

A sentir parlare la politica di demolizioni in Centro Storico, la prima cosa che ci viene da pensare è lo sfascio di via Madre di Dio. Ma ci sono oggi nel PUC degli strumenti di salvaguardia sufficienti?
“Stiamo parlando di eventi che hanno caratterizzato un’epoca in cui il valore del tessuto storico era messo in secondo piano rispetto ad altri interessi, soprattutto economici”, risponde Marsullo ricordando che “parlare di speculazione edilizia è giusto ma entro i termini in cui una città tendeva a modernizzarsi secondo un concetto di modernizzazione che portava a renderla simile per strutture, per servizi, per dotazione di spazi direzionali, ad altre città che entravano in competizione nel mercato globale“, e poi spiega che “a Genova, con il tentativo di Piccapietra prima e di via Madre di Dio dopo, sono stati compiuti interventi molto drastici, astorici, o meglio parte di una storia che tende a essere distruttiva e non invece ricostruttiva di una qualità urbana e di uno spazio urbano” assicurando che “oggi nessuno potrebbe proporre soluzioni così pesanti all’interno di un tessuto che ha mantenuto delle qualità e, ripeto, oggi è identità urbana, identità cittadina. Genova si riconosce proprio in questi spazi”.
Speriamo.
Speriamo che questa volta la politica abbia la forza di mettere il valore del patrimonio culturale davanti a quello monetario perchè “non c’è bellezza senza responsabilità”.

Simona Tarzia

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.