Nuovo Galliera: quello che non torna nella grande opera della sanità ligure

Il nuovo Galliera è o no un progetto utile? Quanti pazienti accoglierà? E soprattutto, quanto ci costa?

Genova – 152milioni di euro. Più 12milioni e 850mila di interessi bancari su un mutuo ipotecario concesso al Galliera dalla Banca del Consiglio d’Europa. Più 17milioni e 200mila da fondi propri dell’Ente per la ristrutturazione dei padiglioni storici.
Tutto questo per 330 posti letto. Quattro volte meno che negli anni ’80.
Sono questi i numeri della ricostruzione dell’Ospedale della Duchessa, che con i suoi 550.000 euro a letto è il nosocomio più caro d’Italia.

Uno spreco di denaro pubblico

Il piano per il nuovo Galliera prevede di demolire cinque padiglioni monumentali per far spazio al nuovo monoblocco, mentre altri cinque saranno venduti ai privati per trasformarli in appartamenti, parcheggi e negozi.
Parliamo di un patrimonio che è di proprietà dello Stato. E in effetti, nonostante il ruolo ricoperto dalla curia genovese che la Duchessa ha voluto alla presidenza dell’Ente, l’ospedale fa parte del servizio sanitario nazionale e “quindi tutto quello che viene demolito è patrimonio pubblico, tutto quello che viene venduto per fare appartamenti e negozi è patrimonio pubblico, e tutto quello che verrà speso per finanziarlo è denaro pubblico”.
A sottolinearlo è Paola Panzera del Movimento Indipendente Cittadini per Carignano che dal 2009, da quando cioè la Giunta Vincenzi ha approvato la variante urbanistica, si batte contro questo progetto “molto miope, studiato per far cassa perché devono ripagarsi il mutuo”.

Ecco appunto, parliamo del mutuo.
Con il crollo del mercato immobiliare, il patrimonio dell’Ente che sedici anni fa era stato valutato 45milioni di euro oggi ne vale a stento 11. Per questo è stato acceso un mutuo da 74 milioni alla Banca del Consiglio d’Europa, un prestito per cui la Regione Liguria si è impegnata a pagare gli interessi. Un regalo da 12milioni e 850mila euro approvato dalla Giunta Toti il 5 agosto scorso e che si va ad aggiungere ai 42,9 milioni che arrivano da fondi statali, denaro dei contribuenti stanziato in un primo momento per l’ospedale di vallata.

L’ospedale di vallata non s’ha da fare

L’embargo è arrivato nel 2009, quando i fondi stanziati per la costruzione del tanto atteso ospedale della Valpolcevera sono stati trasferiti al Galliera.
Una scelta della Giunta Burlando, con Claudio Montaldo assessore alla Sanità, che ha aperto contenziosi enormi con le ditte che avevano già vinto l’’appalto.
“E il paradosso é che l’ospedale di vallata, previsto nell’area ex Mira Lanza di Rivarolo, è stato bloccato perché aveva solo 300 posti letto e non era considerato efficiente“, spiega ancora Panzera rimarcando che il nuovo Galliera ne avrà 330 e che “dunque i soldi sono stati dirottati per costruire un ospedaletto di quartiere in un’area che l’ospedale ce l’ha già ed è servita anche dal Policlinico San Martino”.

Insomma, uno sbilanciamento dell’offerta verso il centro cittadino che lascia scoperte zone fragili come il Ponente e la Valpolcevera. Zone dove le statistiche dell’epidemiologia ci dicono che si vive peggio, e si vive peggio da tanto tempo.

La salute dipende dal CAP ma la politica fa finta di niente

“La situazione a Genova è a macchia di leopardo”,  conferma Valerio Gennaro, epidemiologo e presidente di Medici per l’Ambiente Genova, che nel descrivere il dato della mortalità per circoscrizione dimostra che “c’è un eccesso di casi in certi quartieri, sempre gli stessi” e aggiunge che ci sono zone del Ponente e della Valpolcevera “in grande sofferenza, dove i numeri superano quelli che registriamo a Taranto“.

Eppure le amministrazioni sembrano non accorgersene perché “a Genova manca il coraggio di ammettere che abbiamo perso dei quartieri in termini di salute e vivibilità”, continua Gennaro puntando il dito contro la politica che davanti ai dati statistici chiude gli occhi invece “di analizzarli e porre rimedio”.
Perché prima di tutto, spiega Gennaro, “bisognerebbe pensare alla prevenzione primaria, cioè a studiare le cause che hanno prodotto una malattia in una determinata popolazione, per rimuoverle al più presto”. La realizzazione delle strutture viene dopo, “e va fatta analizzando la componente delle patologie sul territorio per calibrare le risorse economiche destinate alla salute sui bisogni effettivi della popolazione”.
In parole povere: bisogna costruire gli ospedali dove servono davvero.
Ma a chi servirà questo ospedale che dalla Valpolcevera è difficile da raggiungere in fretta?

Mobilità e discriminazione

Un requisito indispensabile per valutare la qualità della vita in un ambito cittadino è quello di garantire a tutti uguale libertà negli spostamenti, e questo perché le ricadute di un sistema poco attento alla mobilità urbana vanno a toccare direttamente le fasce deboli come ad esempio gli anziani, i malati, o le persone con ridotte capacità motorie.
“Genova e la Liguria sono in grave sofferenza anche per la mobilità”, commenta Gennaro chiarendo che di solito non pensiamo alla relazione che c’è tra mobilità e assistenza ospedaliera eppure, “se uno non riesce a raggiungere in tempo un punto attrezzato di qualità, è chiaro che un piccolo problema diventa un grande problema”.
E qui spuntano altre perplessità sull’alternativa scartata, quella dell’area ex Mira Lanza, e le domande si moltiplicano.

60 camion di detriti in giro per la città

È questo lo scenario che si aprirà “per i tre anni successivi all’apertura del cantiere”, denuncia Panzera incredula: “La cosa incredibile è che, non avendo fatto nessuna valutazione di impatto ambientale, si sia deciso semplicemente che questa dovesse essere l’area per costruire il nuovo ospedale e quindi, ignorando anche il valore storico degli edifici e l’assetto idrogeologico della collina, si preveda di demolirli per poi scavare decine di metri per realizzare tre piani interrati”, con la conseguenza che l’area sarà continuamente attraversata dal traffico dei mezzi pesanti carichi di detriti, camion che interferiranno con i bus stipati di pazienti, visitatori e dipendenti dell’ospedale, obbligati a usare i mezzi pubblici. Sì, perché per tutta la durata del cantiere non ci sarà un posto dove parcheggiare l’auto.
Per non parlare di polvere, rumori e vibrazioni che per i sette anni di durata dei lavori rallegreranno i residenti e i malati, alcuni dei quali ospitati nei container.

La lente della Corte dei Conti sul progetto del nuovo ospedale

Tra i nomi finiti sotto la lente dei giudici amministrativi, che a settembre di quest’anno hanno inviato al CdA dell’ospedale il secondo “invito a dedurre” dopo una citazione del maggio 2019, c’è anche quello del cardinale Angelo Bagnasco, ex presidente del consiglio di amministrazione del Galliera.
L’indagine della Corte dei Conti riguarda una delibera approvata dallo stesso CdA il 28 luglio del 2017 per l’acquisto del Bar Bruna, un chiosco che si trova davanti a quello che dovrebbe diventare il nuovo ingresso del Pronto Soccorso, in corso Aurelio Saffi, e che secondo il progetto verrà demolito.
A giudizio della giustizia contabile, il prezzo pagato, oltre 350mila euro, sarebbe fuori mercato e potrebbe costituire un danno erariale. I vertici dell’ospedale sostengono invece che l’operazione sia stata compiuta con fondi privati dell’ente ecclesiastico.
Oltre al cardinale Bagnasco, sono 14 i componenti del CdA “invitati a dedurre”, tra gli altri anche il direttore generale del Galliera, Adriano Lagostena, e il direttore sanitario, Giuliano Lo Pinto.

Una petizione per il padiglione C: “Riapritelo per l’emergenza covid”

La battaglia che tiene banco da anni tra il Movimento dei Cittadini di Carignano e i vertici del Galliera e della curia, oggi si gioca anche sull’emergenza sanitaria.
“Mentre i posti letto scarseggiano e i malati passano ore sulle ambulanze che rimangono bloccate”, si legge in una petizione inviata all’arcivescovo Marco Tasca e al Presidente della Regione Liguria, “c’è un edificio di oltre 10 piani già totalmente ristrutturato e dotato di camere con servizi igienici”.
È il padiglione C dell’ospedale della Duchessa, lo stesso che il Movimento voleva far riaprire a marzo, nel pieno della pandemia, mentre l’amministrazione allestiva sul traghetto Splendid della compagnia Gradi Navi Veloci una nave ospedale al prezzo di 1,2milioni di euro per un mese e mezzo di utilizzo.
“Non ricorriamo nuovamente a soluzioni costose e per pochi come il traghetto nel porto di Genova”, continua la petizione sottoscritta anche dal Comitato S.O.S. Valpolcevera chiama, da Medici per l’Ambiente Genova e dal gruppo #parlodelcovid Liguria, che poi conclude: “Se i fondi spesi per attrezzare il traghetto fossero stati investiti nel padiglione C già la scorsa primavera e se fosse stato assunto il personale necessario, oggi avremmo una struttura pubblica a disposizione per fronteggiare la nuova emergenza sanitaria”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.