Il nuovo rapporto del Censis parla dei benestanti: “Anche i ricchi sono inquieti”

Genova – Si, non è uno scherzo. Il Censis ha prodotto un rapporto sul sentire dei “benestanti”, in piena emergenza Covid e con una miriade di piccole imprese in via di estinzione. E con le imprese, si estingueranno milioni di posti di lavoro. Il rapporto parla dei “benestanti”, che non sono la classe media, oramai proletarizzata da almeno vent’anni, ma di chi ha un patrimonio medio di 760 mila euro. E il ritratto che ne esce è una sorta di benestante con il cilindro, pronto ad allargare i cordoni della borsa, per donare, paternalisticamente, un po’ di risorse a quest’Italia malridotta. Probabilmente lo stesso “benestante” che ha esternalizzato, i suoi investimenti in posti del mondo, ma anche in Europa, dove i lavoratori non hanno tutele. Naturalmente, per molti il timore è la patrimoniale, ma forse, bontà loro, per evitare questo spauracchio “Persuadendo la classe agiata a tenere in forma liquida solo una quota fisiologica del proprio portafoglio pari al 7% (oggi invece è superiore al 15%), sarebbero immediatamente disponibili 100 miliardi di euro da investire nell’economia reale”. Investimenti nel campo della sanità per costruire ospedali, non si sa bene se a gestione pubblica o privata, residenze per anziani e per la digitalizzazione della scuola.

Il Censis fotografa la classe agiata definendola risorsa inaspettata per la rinascita post-epidemia.

Sono 1,5 milioni di persone e detengono un patrimonio finanziario complessivo di 1.150 miliardi di euro, aumentato del 5,2% negli ultimi due anni. Una cifra pari a tre quarti del Pil del Paese atteso nel 2020. Il 75% di loro si dice pronto a finanziare con i propri capitali privati investimenti di lungo periodo per la rinascita economica dell’Italia dopo il Covid-19. “Il 71% consiglierebbe a parenti e amici di investire in aziende italiane. E solo il 18% teme l’introduzione di una tassa patrimoniale. Tutto da fare con il risparmio privato della classe agiata. Naturalmente per l’87% è prioritario investire in coperture assicurative”.

Le inquietudini dei ricchi: il welfare pubblico non basterà, corsa all’autotutela

“Ma oggi anche i ricchi sono inquieti. Il 62,6% dei benestanti soffre l’incertezza di questo periodo. A preoccupare di più sono le malattie (46%) e le minacce al reddito (39,7%). In merito alla gestione del loro patrimonio, per il 66,7% dei benestanti è opportuno investire nelle imprese dell’economia reale. Per l’87,5% la priorità è investire in coperture assicurative per la salute, la vecchiaia, l’educazione dei figli. Convinti che lo Stato non potrà dare tutto a tutti per sempre, il 53% si aspetta che in futuro il sistema di welfare pubblico garantisca i servizi essenziali (ad esempio, le terapie intensive nella sanità e gli interventi salvavita) e che per il resto chi può dovrà pagare da sé le prestazioni. Il 41,8% dei benestanti ha già sottoscritto assicurazioni e il 24,9% è intenzionato a spendere di più per la sanità integrativa”. 

Una bella prospettiva per la quantità sempre crescente di disoccupati, inoccupati, caduti in disgrazia, precari e sottoproletari. Quindi, in attesa di poter tornare a produrre per mantenere le nostre famiglie, aspettiamo che cadano le briciole dal tavolo dove sono seduti questi “benestanti inquieti”, sperando che paghino le tasse e tornino, magari, a produrre in Italia. Intanto si potrebbe cominciare a fargli pagare completamente l’assistenza sanitaria, gettito da investire per curare chi non ha più nulla.

Ci vuole un professionista… bravo

Però, per molti di questi intervistati illuminati è importante che ci siano “professionisti in grado di parlare alla mente, al cuore e al portafoglio dei benestanti, cioè consulenti capaci di convincerli a investire italiano”.  E la parte sul portafoglio sarà quella più ostica.
E naturalmente il rapporto sottolinea che “la figura del ricco egoista, o del diavolo della finanza o dello spregiudicato magnate speculatore sia uno  stereotipo in cui gli italiani sono rimasti intrappolati”. La realtà è che anche i ricchi piangono ma noi sottovalutiamo il problema.

 

 

 

 

 

 

 

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