L’Osservatorio GIMBE: “La griglia dei LEA è uno strumento arrugginito, un sistema basato sull’autocertificazione che nel 2018 ha promosso tutti”
La pagella delle Regioni in materia di sanità si gioca sulla griglia LEA, lo strumento ufficiale per monitorare l’erogazione delle prestazioni e dei servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini.
Questa griglia di valutazione dei Livelli Essenziali di Assistenza permette al Ministero della Salute di identificare le Regioni promosse e quelle bocciate per sottoporre queste ultime a un piano di rientro o addirittura al commissariamento.
Un sistema arrugginito, secondo l’Osservatorio GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale. E in effetti la griglia LEA è una trovata poco appropriata per fotografare gli inadempimenti delle Regioni.
Primo perché ha un numero limitato di indicatori, e secondo per le modalità di rilevazione: l’autocertificazione da parte delle Regioni stesse. In più, lo strumento si è progressivamente “appiattito” perché “gli indicatori e le soglie di adempimento non hanno subìto negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015”, e “la soglia di adempimento per la promozione è rimasta negli anni la stessa: 160 su 225 punti”.
Di più: il monitoraggio viene reso pubblico con due anni circa di ritardo, impedendo di fatto la tempestività delle azioni di miglioramento.
È dal 2008 che lo Stato certifica l’erogazione delle prestazioni da parte delle Regioni con questo strumento giudicato dagli esterni sempre meno adeguato a valutare la qualità dell’assistenza sanitaria. In particolare, ricorda Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, “l’ultimo monitoraggio del 2018 promuove tutte le Regioni sottoposte alla verifica adempimenti, in netto contrasto con numerosi report indipendenti nazionali e internazionali che attestano invece un peggioramento della qualità dell’assistenza”.
L’analisi degli adempimenti LEA 2010-2018
Nel periodo tra il 2010 e il 2018, la percentuale cumulativa media di adempimento delle Regioni è del 75%. Questo significa che, se la griglia LEA è lo strumento ufficiale per monitorare l’erogazione delle prestazioni essenziali, il 25% delle risorse spese dalle Regioni per la sanità nel periodo 2010-2018 non ha prodotto servizi per i cittadini.
La percentuale cumulativa di adempimento annuale è aumentata dal 64,1% del 2010 all’85,1% del 2018, un miglioramento ampiamente sovrastimato dato che indicatori e soglie di adempimento non vengono modificati dal 2015.
Nonostante si tratti di un’autocertificazione, solo 11 Regioni superano la soglia di adempimento cumulativo del 76% e, ad eccezione della Basilicata, sono tutte situate al Centro-Nord. Una conferma sia della “questione meridionale” in sanità, sia della sostanziale inefficacia di Piani di rientro e commissariamenti nel migliorare l’erogazione dei LEA.
Regioni e Province autonome non sottoposte a verifica degli adempimenti hanno performance molto variegate. Da un lato il Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento raggiungono percentuali di adempimento cumulative rispettivamente dell’80,4% e 78,3%. Dall’altro la Valle D’Aosta, la Sardegna e la Provincia autonoma di Bolzano si collocano tra le performance peggiori.
“Se dopo anni tagli e definanziamenti – conclude Cartabellotta – la pandemia finalmente ha rimesso il Servizio Sanitario Nazionale al centro dell’agenda politica, dall’altro ha enfatizzato il conflitto istituzionale tra Governo e Regioni, ben lontano da quella leale collaborazione di cui parla la nostra Costituzione. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al CAP di residenza delle persone. E con la pandemia le persone si devono affidare, nel bene e nel male, alla sanità della propria Regione”.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.