Business da capogiro per i 371 clan dello Stivale che l’anno scorso si sono spartiti 20 miliardi di euro
Il “virus” dell’ecomafia non si arresta né conosce crisi.
E infatti nel 2019 i reati contro l’ambiente sono in aumento: parliamo di 34.648 illeciti accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018.
È questa la fotografia scattata dal Rapporto Ecomafia 2020, presentato stamattina in diretta streaming sulle pagine fb di Legambiente e La Nuova Ecologia.
Tornano i roghi nella Terra dei Fuochi
In particolare, preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018).
Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018). Pensate che nel 2019 sono andati in fumo 52.916 ettari di bosco. Il 50,3% dei reati si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è andato in fumo il 76% del territorio percorso dal fuoco a livello nazionale, con la Calabria (548 reati) in cima alla classifica.
Tornano a crescere anche i roghi nella Terra dei Fuochi che nel 2019 ha visto, rispetto al 2018, un aumento del 30% dei roghi censiti sulla base degli interventi dei Vigili del fuoco, arrivati quasi a quota 2mila.
La Lombardia in testa per numero di arresti
La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria, prima regione del Sud come numero di arresti.
E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%, ma la Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86.
Un giro d’affari da 20 miliardi per i clan
Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 mld di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 mld. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.
Le inchieste
Ma non crescono solo i reati. Il numero di inchieste sulla corruzione ambientale, dal primo giugno 2019 al 16 ottobre 2020 sono state 134, con 1.081 persone denunciate e 780 arresti. Nel precedente Rapporto, invece, le inchieste sin erano fermate a 100, con 597 persone denunciate e 395 arresti.
Il 44% delle inchieste ha riguardato le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, con la Sicilia in testa alla classifica con le sue 27 indagini. Da segnalare, anche in questo caso, il secondo posto della Lombardia, con 22 procedimenti penali, e il terzo del Lazio con 21.
Legge sugli ecoreati e caporalato
Oltre alle denunce dei cittadini, alle attività svolte da forze dell’ordine, Capitanerie di porto e magistratura, si conferma la validità di provvedimenti legislativi, spesso faticosamente approvati, come la legge sugli ecoreati, la 68/2015, e quella contro il caporalato, la 199/2016.
Con il primo provvedimento, entrato in vigore alla fine di maggio del 2015, l’attività svolta dalle Procure, secondo i dati elaborati dal ministero della Giustizia, ha portato all’avvio di 3.753 procedimenti penali (quelli archiviati sono stati 623), con 10.419 persone denunciate e 3.165 ordinanze di custodia cautelare emesse. Grazie alla legge sul caporalato, nel 2019 le denunce penali, amministrative e le diffide sono state complessivamente 618, contro le 197 del 2018 (+313,7%) e sono più che raddoppiati gli arresti, passati da 41 a 99. Le aziende agricole sono quelle più coinvolte ma i controlli sui cantieri edili effettuati dal Comando carabinieri tutela del lavoro stanno rivelando un’illegalità sempre più diffusa, con 2.766 reati, 3.140 persone denunciate e 32 sequestri.
Arresti e sequestri
Anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%.
A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria.
Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.
L’appello di Legambiente alla politica
“Non bisogna abbassare la guardia”, avverte il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, che sottolinea come “le mafie in questo periodo di pandemia si stanno muovendo e sfruttano proprio la crisi economica e sociale per estendere ancora di più la loro presenza. Per questo è fondamentale completare il quadro normativo ambientale”.
Non solo. Una particolare attenzione dovrà essere dedicata agli investimenti in appalti e opere pubbliche, soprattutto nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Questo anche alla luce delle ingenti risorse in arrivo dall’Europa attraverso il Next generation Eu.
Non a caso, infatti, “i dati che pubblichiamo in questo Rapporto dimostrano come in tutti i casi di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose (29 quelli ancora oggi commissariati, dei quali ben 19 sciolti soltanto nel 2019) il principale interesse dei clan è proprio quello di condizionare gli appalti di ogni tipo, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei rifiuti”, conclude Enrico Fontana, il responsabile per Legambiente dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità.
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