Effetto Coronavirus, in Liguria persi 11.000 posti di lavoro

Maestripieri (CISL): “Servono misure straordinarie per evitare che l’intera società scivoli nella povertà prima che finisca l’emergenza sanitaria”

Genova – L’eccezionalità del “lockdown”, iniziato il 12 marzo quando è entrato in vigore il DPCM, ha avuto un forte impatto sulle dinamiche del mercato del lavoro.

Secondo i dati diffusi oggi dall’ISTAT, infatti, nel terzo trimestre 2020 in Liguria si è registrato un calo di 11mila posti di lavoro, rispetto allo stesso periodo del 2019.
Attualmente gli occupati, tra dipendenti e indipendenti, sono 618mila contro i 629mila del III trimestre 2019.

Chi ha pagato il conto più salato sono i lavoratori dipendenti, ovviamente quelli i cui contratti erano in scadenza e non sono stati rinnovati: in un anno sono passati da 465mila a 445mila, mentre gli indipendenti sono cresciuti da 164mila a 173mila.
Segnali positivi dall’industria, che sale dai 77mila occupati nel III trimestre 2019 agli 80mila nel terzo trimestre 2020.
Immutati invece i numeri nel settore delle costruzioni, che resta a quota a 37mila. Leggerissimo aumento (mille unità) nei settori commercio, alberghi e ristoranti che passano da 153mila lavoratori a 154mila. Il calo drastico nelle altre attività dei servizi: da 351mila a 333mila.

“La situazione è drammatica e servono misure straordinarie per evitare che l’intera società scivoli nella povertà prima che finisca l’emergenza sanitaria – avverte Luca Maestripieri, segretario generale della Cisl Liguria -. Non servono parole e discussioni, serve l’immediato, concreto e congruente impegno del Governo e delle Regioni. In Liguria un primo passo è stato fatto con la riprogrammazione del Fondo Sociale Europeo, da noi fortemente sostenuto. In ambito locale bisogna continuare su questa linea e rafforzare il metodo del confronto su tutte le tematiche che riguardano il lavoro, la sanità e il fisco. In campo nazionale c’è da affrontare il tema delle politiche attive del lavoro, della riforma della Naspi e dei contratti di solidarietà per evitare i licenziamenti di massa: i fondi in finanziaria sono allo stato attuale di appena 500 milioni di euro, assolutamente insufficienti per far fronte all’emergenza. Intanto si avvicina il disastro: la fine del blocco dei licenziamenti fissata nel prossimo 31 marzo. Entro quella data è necessario far ripartire le grandi opere, gli investimenti sulla digitalizzazione, su innovazione e ricerca, istruzione, ed è urgente rafforzare i contratti di solidarietà in modo da incentivare le aziende a non licenziare, potenziando contestualmente strumenti di ammortizzazione sociale per chi perderà il lavoro”.

“Oltre a tutti i provvedimenti di sostegno che sono necessari come l’aria ai lavoratori, alle imprese e all’intero paese per evitare il disastro sociale – conclude Maestripieri – è necessario non perdere mai di vista l’equilibrio, difficilissimo, tra economia e pandemia. L’unico modo di ripartire è fermare il virus evitando le paventate terza e quarta ondata di contagi, perché più si prolunga l’emergenza meno le imprese, sempre più in difficoltà, riusciranno a fare barriera a licenziamenti e chiusure”.

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