1770 – 2020: duecentocinquanta anni fa nasceva Ludwig van Beethoven

Quella dello straordinario musicista è una famiglia originaria delle Fiandre, dove, come per Van Gogh, il van indica la provenienza. Non a caso fra Limburgo e Liegi esiste una località di nome Bettenhoven. Il primo musicista della famiglia fu il nonno Cornelio, che cantava in chiesa, fino a diventare maestro di cappella.

Il padre era un insegnante di musica di Bonn, una persona irrequieta e dedita all’alcool. Intuito il talento del ragazzo ma preso anche atto della sua inadeguatezza per seguirlo nell’insegnamento, a sette anni lo fece esordire in pubblico e lo affidò agli insegnamenti del maestro Christian Gottlob Neefe.  Nel 1787, a diciassette anni, venne spedito a Vienna con lo scopo di studiare con Mozart, che però all’epoca era troppo indaffarato nella composizione per dargli lezioni, ma che, pare si sia lasciato sfuggire la famosa frase “Fate attenzione a costui, un giorno farà parlare di sé nel mondo!”

Poi la decadenza familiare: la morte della madre per tubercolosi e i problemi causati dal padre che una sera dovette prendere in consegna dalla polizia per ubriachezza molesta. Crescendo imparò a prendersi le responsabilità della famiglia e dei due fratelli più giovani. Ma a Bonn la sua notorietà aumentava: la signora von Breuning, ai cui figli dava lezioni di musica, lo prese sotto la sua protezione, anche a livello economico. Poi l’Università, l’ingresso nel mondo culturale dell’epoca e le letture appassionate di Holderin, Hegel, Schelling. Tutto questo rinforzò il substrato letterario della sua musica, fino alla concessione da parte del principe elettore, all’età di 22 anni, di uno stipendio e del trasferimento definitivo a Vienna, dove ebbe come maestro Haydn.

“Costui non è un uomo, è il demonio!”

Prestissimo a Vienna il suo nome divenne famoso. All’epoca nella capitale e in tutto il mondo musicale era in gran voga l’improvvisazione. Una volta venne sfidato pubblicamente dall’abate Gelinek, che era considerato  il massimo esponente dell’improvvisazione per pianoforte. Di Beethoven ebbe a dire: “Costui non è un uomo, è il demonio!” Presto a Vienna Ludwig fece giungere anche i fratelli, per meglio controllarli, non facendogli mai mancare nulla.

Vorticosamente crebbe come musicista, suonando  anche dinanzi al re Federico Guglielmo II e la crescita fu anche nella scrittura delle opere che annotava febbrilmente su taccuini che portava sempre con se. Grande amante della natura, traeva ispirazione da lunghe passeggiate all’aperto per scrivere le sue opere.

La sordità a soli 30 anni

Già nell’anno 1800, a soli 30 anni iniziò ad accusare i sintomi della malattia che lo avrebbe accompagnato tutta la vita: la sordità. Molti biografi hanno ritenuto l’insorgere di questa malattia causato da infezioni ai canali uditivi, ma altri hanno ritenuto che la causa fosse attribuibile alla pressione sanguigna sollecitata in modo sovrumano durante la concentrazione nella scrittura delle sue opere.

Ben presto il problema dell’udito fece spazio a forti dolori addominali che lo perseguitarono tutta la vita, dai trent’anni in poi. Per lenire e “disinfettare” l’addome iniziò il quotidiano consumo di alcoolici. La morte fu dovuta proprio alla cirrosi epatica, causata da questa cura faidate. Poi la solitudine che avanzava, portata dalla disdetta della sordità: “… La mia sventura mi è doppiamente penosa, poiché le debbo di essere anche mal giudicato. Per me non esiste il ristoro della compagnia con i miei simili, delle delicate conversazioni, delle mutue confidenze. Completamente solo, io posso frequentare la società solo quando lo esige una necessità assoluta… “

Il suo grande amore, la contessa Josephine Stalkelberg

Da cui continue difficoltà di comunicazione con il sesso femminile. A Giulietta Guicciardi, una sua allieva, dedicò la “sonata in chiaro di luna”. Dalla giovane era senza dubbio stato conquistato, e poi da tante altre che gravitavano nel suo ambito musicale, ma il più grande amore fu per una contessa, Josephine Stalkelberg la quale, pur ricambiandolo, mai accettò di sposarlo, anche perché già madre di figli di un altro uomo. Una donna di costumi e ricchezza sfarzosi, che rigettò col suo rifiuto il musicista in una cupa ma grandiosa solitudine.

Una frase bene riassume il credo letterario di questo artista eterno: “… la musica deve accendere una fiamma nell’animo dell’uomo… “. Tutto il repertorio di Beethoven, dalle nove sinfonie ai cinque concerti per piano e orchestra alla musica da camera e altro, scrive dell’avventura dell’individuo sulla terra e della sua ricerca della libertà, in rispondenza ai valori del tempo dell’Illuminismo.

Ammiratore di Napoleone Bonaparte (Eroica), riuscì a travalicare la musica celebrativa ed a descrivere l’epopea filosofica dell’essere umano nel mondo, dal particolare all’universale. Per questo motivo la sua musica, ad un quarto di millennio dalla sua nascita rimane un inno che si presta a continue, svariate riletture filologiche da parte di direttori d’orchestra e un pubblico sterminato di ascoltatori che ne traggono sempre nuove fantasie e emozioni.

Mauro Salucci

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Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova.

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